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Sanità, tagli alle guardie mediche. Rossi: "Per anni il centrodestra ha mentito. Ci attaccavano e criticavano ma oggi arrivano alle stesse conclusioni"

Dal depotenziamento delle guardie mediche ai servizi, la sanità (con i grandi carnivori) era stata centrale nelle elezioni del 2018 ma da allora poco sembra cambiato. L'ex presidente Ugo Rossi: "Per anni il centrodestra non ha raccontato la verità ma la prova dei fatti evidenzia le difficoltà si incontrano quando si governa"

Di Luca Andreazza - 16 dicembre 2024 - 05:01

TRENTO. "La scelta sulle guardie mediche è l'esempio di una politica basata sugli annunci e con poca attinenza alla realtà". Queste le parole a il Dolomiti dell'ex presidente Ugo Rossi. "Per anni il centrodestra non ha raccontato la verità ma la prova dei fatti evidenzia le difficoltà si incontrano quando si governa e le tante retromarce ingranate davanti a dati e numeri che indicano una sola via di uscita".

 

Nel febbraio del 2019, pochi mesi dopo l'insediamento alla guida della Provincia, il presidente Maurizio Fugatti con l'allora vice presidente Mario Tonina (oggi assessore alla salute) e l'ex assessora competente Stefania Segnana non si erano sottratti a voler rilanciare il ruolo delle guardie mediche. 

"Vogliamo procedere con il potenziamento delle guardie mediche", le parole riportate anche nella nota della Provincia. "Abbiamo assunto un impegno con i cittadini, che riguarda il potenziamento dei servizi territoriali". A circa 5 anni però tutto è cambiato e si è passati alla consulenza telefonica durante le ore notturne (Qui articolo). 

 

"In sostanza il servizio viene invece eliminato - dice Rossi - questa riorganizzazione significa che dal lunedì al venerdì non esiste la guardia medica. Nei giorni di sabato e domenica invece ci sono solo di giorno. Già nel 2016 avevamo evidenziato la carenza di medici e provammo, sulla base degli stessi dati di oggi, a razionalizzare le strutture attraverso l'accorpamento e la riduzione delle sedi".

 

Apriti cielo, levate di scudi dalle opposizioni e territori più che nervosi: la proposta presentata dall'ex assessore Luca Zeni poi finì nel cassetto. "Siamo stati accusati di ogni nefandezza, di penalizzare le valli e di essere irresponsabili", ricorda l'ex governatore della Provincia. "Dovevamo dimetterci". Tra i più accesi detrattori di questo piano c'era Walter Kaswalder, che poi uscì dal Patt, lasciò la maggioranza per unirsi alla minoranza e fondare gli Autonomisti popolari. Attualmente è ritornato alle Stelle Alpine e l'assessore è un collega di partito. Oggi è apparso più cauto ("Dovrei leggere la delibera ma c'è una carenza di medici molto forte").

"All'epoca poi il titolare dell'assessorato era del Partito Democratico - spiega Rossi - ora sembra un po' più difficile attaccare una decisione politica a prescindere. Ma resta il dato di fatto: dopo aver detto ai cittadini che avrebbero potenziato il servizio, pur sapendo che i medici erano già pochi, e dopo aver raccolto i voti usano le nostre stesse considerazioni sul numero di interventi notturni per chiudere il servizio, se non lavorano nelle ore notturne è come abolire il servizio". 

 

Ma questo non è stato l'unico terreno di scontro politico. Con la gestione dei grandi carnivori, quello della sanità è stato un tema centrale e sul quale si è giocato moltissimo della campagna elettorale del 2018. Il centrosinistra si è sfaldato, una rottura tra Patt e Pd, anche per le tensioni mai risolte, mentre il centrodestra non si è risparmiato negli attacchi alla Giunta Rossi e nelle manifestazione fuori dagli ospedali, i punti nascita in primis. 

 

La Giunta Rossi aveva lasciato, per esempio, un progetto di riqualificazione dell'ospedale di Cavalese pronto e finanziato: "Bisognava solo aprire i cantieri". Oggi invece siamo ancora alle parole e alle idee progettuali. La Provincia ha provato a forzare sulla delocalizzazione in località Masi con il project financing ma si è arresa a fronte di un'opposizione più che decisa dei territori. Si discute ancora della localizzazione. Certamente complessa l'eredità del Not, ma il centrodestra è riuscito a farsi bacchettare sulle procedure dal Consiglio di Stato: la gara è stata infine annullata per presentare l'ipotesi del nuovo polo ospedaliero universitario del Trentino. C'è già un ricorso a far tremare la costruzione.

"Certo, la questione Not non era semplice ma la Corte dei conti ci aveva poi dato ragione sulle procedure", prosegue l'ex presidente. "E anche la Giunta Fugatti ha avuto i suoi problemi sull'iter. Ora auguro che possano risolvere i problemi sul nuovo polo ospedaliero perché il Trentino necessita di una struttura moderna e funzionale".

 

E poi ecco i punti nascita. Per la Lega la soluzione era sembrata semplice e in pochi giorni tutto si sarebbe risolto a beneficio, naturalmente, dei territori. Un tema caldissimo di qualche anno fa e il centrosinistra aveva pagato a carissimo prezzo le scelte prese fino a quel momento. Ma se i discorsi per Arco non sono mai decollati, Cavalese e Cles sono rimasti operativi (salvo emergenze, i primi servizi fermati per fronteggiare l'epidemia Covid). 

 

La scelta della deroga sulla deroga fu tecnica ma per Fugatti e compagnia l'aver affiancato il territorio con decisione pesò in termini elettorali. "Anche se il risultato è stato portato a casa da Zeni e dal sottoscritto. I documenti portano in calce le nostre firme. A ogni modo si trattava di valutazioni politiche prese non a cuor leggero ma sulla base di numeri e progetti". 

 

La situazione non migliorata. Tecnicamente non ci sarebbero le condizioni per tenere attivo il servizio. Già oggi, aveva evidenziato anche dalla Corte dei conti, "i medici suggeriscono per i casi più complessi di seguire il percorso agli ospedali di Trento e di Rovereto". Quasi la metà delle partorienti si rivolge già altrove (Qui articolo). E il 2024 difficilmente riserverà sorprese in positivo e, anzi, i costi appaiono più pesanti, anche per la necessità di doversi rivolgere ai gettonisti e quindi di esternalizzare i servizi (Qui articolo).

 

La chiusura dei punti nascita non è all'ordine del giorno, ma ci sarebbe più di qualche riflessione sul mantenimento dei servizi. "Ogni scusa era buona per chiedere le nostre dimissioni. Governare e assumersi la responsabilità delle scelte è sicuramente difficile ma nonostante gli annunci e le rassicurazioni, la strada che è stata intrapresa sembra diversa e sempre più simile alla nostra". Insomma, 5 anni persi tra programmazione e pianificazione. "Dispiace per i cittadini, così come pensare oggi a quelle persone che hanno creduto ai proclami. Non c'è un servizio in più nelle valli, anzi tutto viene depotenziato", conclude Rossi. 

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