Punti nascita periferici, sempre peggio: ogni nato a Cavalese costa 20mila euro contro i 5mila di Trento. La Corte dei Conti: ''Serve riorganizzazione''
Nell'approvare il bilancio di esercizio dell'Apss la corte analizza vari aspetti. Tra questi il tema dei punti nascite di Cavalese e Cles: ''Si evidenzia che i parti registrati presso gli ospedali di Cavalese e di Cles risultano, nel 2022, rispettivamente 132 e 242; dato significativamente inferiore ai parametri minimi di 500 parti annui, fissati dall’Accordo Stato regioni del 16 dicembre 2010 (peraltro, già in deroga ai 1.000 parti/anno)''
TRENTO. I punti nascita periferici si confermano, al di là dei demagoghi e delle prese di posizione più populiste, dei luoghi dove nascono sempre meno bambini. Lo certifica anche la Corte dei Conti che nell'analizzare il rendiconto dell'Azienda sanitaria chiarisce senza se e senza ma che ''quasi la metà delle partorienti residenti nei comuni della Val di Fiemme e Fassa e della Val di Non e Sole, nel 2022, si è rivolta a strutture diverse da quella di zona, per scelta o per indicazione clinica''.
Tutto ciò ha dei costi molto salati sul sistema sanitario. Tenere aperti i punti nascita periferici distoglie risorse da altri servizi che potrebbero, invece, essere potenziati. ''Sotto il profilo dei costi - chiarisce infatti la Corte dei Conti - le prestazioni rese dai reparti di ostetricia e ginecologia di Cavalese e di Cles, calcolate secondo il criterio dei punti DRG (diagnosis related group) registrano un costo unitario medio, rispettivamente, pari a euro 20.298 ed euro 17.621, contro i 5.200 euro dei reparti di Trento e i 4.823 euro di Rovereto. Alla luce dei suddetti dati, una riorganizzazione del settore comporterebbe anche una più equa distribuzione delle risorse fra le diverse strutture, poiché l’evidente sottoutilizzo del personale locale potrebbe essere convertito a sostegno di reparti con elevate scoperture''.
Insomma la manovra fugattiana di qualche anno fa che aveva messo la riapertura del punto nascita di Cavalese tra gli elementi fondanti del proprio programma elettorale si conferma un'operazione con più risvolti negativi, sul sistema sanitario, che positivi. L'analisi della Corte dei Conti si concentra sul bilancio di esercizio del 2022 ma il 2023 non è andato meglio: Cavalese ha fatto registrare 137 nascite e Cles 282 (insomma sommandoli i parti delle due strutture non raggiungono nemmeno il numero minimo previsto da deroga per un punto nascita, 500 parti a fronte dei 1.000 all'anno considerati il numero minimo da raggiungere per garantire un'assistenza di qualità).
''Si evidenzia - spiega la Corte dei Conti - che i parti registrati presso gli ospedali di Cavalese e di Cles risultano, nel 2022, rispettivamente 132 e 242; dato significativamente inferiore ai parametri minimi di 500 parti annui, fissati dall’Accordo Stato regioni del 16 dicembre 2010 (peraltro, già in deroga ai 1.000 parti/anno)''.
''Permane - prosegue l'analisi della Corte - anche dopo il periodo pandemico, il problema delle liste di attesa alla cui soluzione potrebbe contribuire il 5% di ritenuta sui compensi per l’intramoenia, come previsto dalla normativa nazionale e provinciale ma non applicato. Il sistema di monitoraggio dei tempi di attesa fotografa in maniera non del tutto completa il reale andamento delle liste (non sono compresi i pazienti che nell’attesa trovano soluzioni alternative). Per quanto riguarda il tema della mobilità sanitaria, nell’anno 2022, il saldo di competenza offre un dato positivo per 2 milioni di euro, pari al differenziale tra mobilità attiva (pazienti extra regione che ricevono in Trentino le cure) e quella passiva. Oltre il 70% del fatturato di mobilità attiva è riconducibile a ricoveri ospedalieri, facendo ricorso alle strutture private convenzionate per il 61%, dato in progressivo aumento negli ultimi anni''.
Per la suddetta attività di ricovero erogata dalle strutture private nei confronti degli assistiti extra-provinciali, il servizio sanitario provinciale sostiene un costo, nel 2022 pari a 1,3 milioni di euro (nel 2021 di 1,1 milioni), pari al differenziale esistente tra le tariffe provinciali riconosciute alle strutture private e le più risalenti tariffe nazionali di rimborso.