A ottobre l'allarme di Gabanelli: "A Trento macchinari obsoleti" ma l'Apss aveva rassicurato. Due mesi dopo entrambe le Tac fuori uso. I medici: "C'è un problema"
In pochi giorni entrambe le Tac del Santa Chiara fuori uso: la capacità diagnostica e terapeutica è stata limitata, ci sono stati disagi tanto per i pazienti quanto per i professionisti e costi aggiuntivi. Che qualcosa si sia inceppato sul fronte del rinnovo attrezzature e della manutenzione dei macchinari? Che il guasto sia il segnale di un problema più profondo nella gestione?
TRENTO. Un guasto alla strumentazione può capitare, ma che entrambe le Tac nel giro di pochi giorni finiscano fuori uso è improbabile. Anzi, dovrebbe essere improbabile. Il condizionale diventa d'obbligo perché proprio questo è successo al Santa Chiara di Trento, il principale ospedale del Trentino.
Il direttore generale dell'Azienda provinciale per i servizi sanitario, Antonio Ferro, ha parlato di "eventi rari ma che possono succedere". L'assessore Mario Tonina invece intende approfondire perché il ko di due strumentazioni così importanti per la diagnostica di base sono "episodi gravi" (Qui articolo).
Nella giornata di ieri (lunedì 30 dicembre) l'Apss ha comunicato che un'apparecchiatura è tornata funzionante, mentre per la seconda Tac è necessario attendere qualche giorno ancora in attesa dei pezzi di ricambio. In questo lasso di periodo di fermo di entrambe le macchine c'è stato il trasferimento temporaneo di 9 pazienti negli altri ospedali del Servizio ospedaliero provinciale, in particolare a Rovereto. Due invece i pazienti indirizzati alle strutture fuori provincia direttamente dal servizio Trentino emergenza (Qui articolo).
Sempre l'Azienda sanitaria ha riferito di "tempi rapidi" di intervento: circa quattro giorni per riparare la prima Tac, mentre ancora da rendere funzionale quella che si è guastata sabato sera. E' capitato durante le festività ma si parla del sistema sanitario e del principale ospedale del Trentino. Approfondimenti che sono doverosi perché non dovrebbe accadere una situazione simile e i tempi a conti fatti non sembra siano stati particolarmente rapidi: la capacità diagnostica e terapeutica è stata limitata, ci sono stati disagi tanto per i pazienti quanto per i professionisti e costi aggiuntivi.
A inizio ottobre l'analisi di "Dataroom" a firma Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul Corriere della Sera aveva riportato di una situazione allarmante delle cosiddette "grandi apparecchiature" sanitarie in Italia. In pratica mammografi, risonanze magnetiche, Tac e così via: macchinari cruciali per la diagnostica che, stando ai numeri, sembrano sempre più vecchi e inadeguati.
L'Apss aveva rassicurato: "Attualmente abbiamo 12 Tac in uso, di cui 5 hanno più di 10 anni", le parole a il Dolomiti. "Tuttavia, tutte sono coperte da un contratto di manutenzione che ne garantisce l'efficienza e la continuità operativa. Queste 5 Tac verranno sostituite grazie ai fondi del Pnrr entro il 2025: i lavori di installazione delle nuove apparecchiature, già acquistate, permetteranno di mantenere un elevato standard tecnologico. Si tratta di un investimento importante sotto tutti i punti di vista" (Qui articolo).
Due mesi dopo siamo a parlare del ko di entrambe le Tac al Santa Chiara. E non c'è stata la continuità operativa, almeno non a Trento. Che qualcosa si sia inceppato sul fronte del rinnovo attrezzature e della manutenzione dei macchinari? Che il guasto sia il segnale, che non si può più ignorare, di un problema più profondo nella gestione?
"La strumentazione in dotazione alle strutture ospedaliere trentine è naturalmente sottoposta a un'attività senza sosta e risulta in moltissimi casi obsoleta", commenta Marco Ioppi, presidente uscente dell'Ordine dei medici. "Il parco macchine in generale appare datato e non di ultima generazione: purtroppo possono esserci rotture. Quello che, però, non dovrebbe capitare è un blocco di un intero servizio".
Insomma, qualcosa sembra non tornare. La componente "sfortuna" può giocare un ruolo ma rischia di minimizzare un problema più ampio, legato agli investimenti di un settore in cui confluisce circa 1 miliardo e mezzo di euro, un quarto più o meno del bilancio provinciale. "E' vero ci sono le festività - aggiunge Ioppi - tuttavia un ospedale, soprattutto se è quello di Trento, lavora 7 giorni su 7, 24 ore su 24 ore e quindi non si può restare sorpresi dal periodo di Natale o di Capodanno. Ravviso come ci sia qualcosa da migliorare sul profilo dell'organizzazione".
"Si deve investire meglio per dotare gli ospedali di strumentazioni all'avanguardia. I pazienti non possono essere esposti a questi problemi, ma anche i professionisti devono poter lavorare nel miglior modo possibile. E' una questione di rispetto verso l'impegno del personale, donne e uomini a servizio di un'organizzazione per prendersi cura delle persone, anche nei giorni di festa, anche di notte. Purtroppo questi guasti evidenziano che la sanità trentina si sia livellata verso il basso, un danno di immagine per una realtà che era considerata efficiente, efficace e puntuale", conclude Ioppi.