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PODCAST. "I ghiacciai devastati dalla crisi climatica: gli effetti in quota sono acutizzati". Simone Moro, alpinista dei record: "La vetta? Un mezzo per conoscere"

Simone Moro, alpinista dei record, unico al mondo a poter vantare quattro prime invernali su cime da ottomila metri, è l'ospite di questa puntata di “Da Quassù”, il podcast de Il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni

Pubblicato il - 17 marzo 2024 - 20:40

TRENTO. Simone Moro, alpinista, scrittore ma anche elicotterista, da oltre trent'anni scala le vette più alte del pianeta. 70 le spedizioni effettuate finora di cui 25 invernali; una serie di “imprese in verticale” da record che comprendono 4 salite all'Everest e 8 delle 14 montagne della Terra che superano gli ottomila metri di altitudine.

 

Il suo approccio all'alpinismo è “leggero, essenziale, veloce”; la fatica di scalare e raggiungere la vetta non come scopo di vita ma “come mezzo per conoscere ed esplorare”.

 

A gennaio 2020 un incidente durante la traversata invernale dei Gasherbrum I e II assieme a Tamara Lunger, lo ha spinto a riflettere sulle condizioni dei ghiacciai.

 

Moro, che già era stato sul ghiacciaio dove è accaduto l'incidente, ha in seguito raccontato che lo stesso “era devastato dal cambiamento climatico”.

 

“In questi anni di viaggi tra le catene montuose del pianeta – spiega – ho visto un arretramento dei ghiacciai impossibile da negare. I ghiacciai non solo si sono ritirati ma c'è stato un assottigliamento della coperta di ghiaccio e neve che copre i fianchi delle montagne”.

 

“Una situazione impressionante” che interessa decina e decine di chilometri e che, per un certo verso, ha modificato le modalità di svolgimento di questo tipo di imprese.

 

L'inverno è cambiato e gli effetti del vento e del freddo si sono acutizzati non mitigati”, spiega ancora Moro, secondo il quale “l'alpinismo è cambiato, nel senso che i fenomeni sono diventati ancora più assurdi”.

 

Quanto al futuro dell'alpinismo, Moro non è affatto preoccupato: “l'alpinismo continuerà a vivere finché ci saranno menti libere, fantasiose e pensanti”. Forse, soltanto “l'alpinismo dei record sarà destinato se non a sparire, a non entusiasmare più: negli anni Novanta, quando ho cominciato io, si terminava un po' la storia dell'alpinismo esplorativo di alta quota”.

 

Oggi, “ci sono tanti bravi giovani – dice – molti nel nostro Paese, perché gli italiani hanno una vocazione esplorativa. E soprattutto, sono giovani che non hanno la tentazione di omologarsi, come ad esempio il voler a tutti i costi completare la collezione dei 14 ottomila” (ci sono dei pacchetti, delle offerte turistiche che consentono di farlo nell'arco di qualche anno).

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