Dalla frana sull'A22 a quella in Valbrenta, il geologo: "Servirebbe un tavolo tecnico tra le Regioni per studiare l'evoluzione delle Alpi. Con la crisi climatica più crolli d'inverno"
I crolli si distribuiscono nei 12 mesi e sono meno prevedibili rispetto al passato. Il geologo Mirko Demozzi: "Se nei decenni passati l'inverno garantiva una relativa tranquillità operativa, oggi è ancora più strategico prevedere monitoraggi, controlli e manutenzioni delle opere in modo più costante"
TRENTO. L'Autostrada del Brennero interrotta a nord di Bolzano, la statale 47 e la ferrovia bloccate in Valbrenta e un enorme crollo nelle acque del Garda. Questi gli ultimi eventi, di grandi dimensioni, che hanno interessato il territorio trentino. Un territorio certamente fragile che subisce gli effetti della crisi climatica.
Nell'arco di poche ore si passa da un freddo intenso a temperature (di molto) superiori alle medie del periodo, il ghiaccio all'interno delle fratture si scioglie velocemente, manca un "legante" tra le rocce e il materiale inevitabilmente crolla.
"Il territorio è caratterizzato da versanti ripidi e questo si traduce in maggiori probabilità di assistere a crolli, frane e colate detritiche". A raccontarlo a Il Dolomiti è Mirko Demozzi, geologo e accompagnatore di media montagna. "La morfologia gioca naturalmente un ruolo importante in queste dinamiche ma sicuramente il meteo accentua l'erosione delle nostre montagne".
La "novità" è che i crolli si distribuiscono nei 12 mesi e sono meno prevedibili rispetto al passato. "Nel 2020 alcuni professionisti provenienti da Germania, Svizzera, Francia e Stati Uniti hanno pubblicato uno studio sull'erosione delle Alpi - evidenzia Demozzi - la variazione è di 400 millimetri ogni 1.000 anni, una dinamica dovuta alla morfologia del territorio e più accentuata sul versante Occidentale e Centrale. Ma i crolli non sono più focalizzati principalmente durante la primavera a causa del disgelo, ma in modo più costante nell'arco dell'anno, compreso l'inverno".
Si passa da lunghi periodi siccitosi a eventi estremi particolarmente intensi tra la primavera e l'autunno, mentre in inverno le temperature più miti, gli sbalzi termici molto forti e l'inversione termica rendono più instabili i versanti delle montagne.
"Gli impatti della crisi climatica hanno cambiato le caratteristiche di questi eventi che ora avvengono con più regolarità nei 12 mesi", dice Demozzi. "Questo cambia la gestione del territorio. Se nei decenni passati l'inverno garantiva una relativa tranquillità operativa, oggi è ancora più strategico prevedere monitoraggi, controlli e manutenzioni delle opere in modo più costante. La capacità di mitigare il rischio è fondamentale perché c'è un'accelerazione nel tasso di erosione delle montagne".
Seppur all'avanguardia per attenzione, metodologia e interventistica, il rischio zero non esiste, soprattutto in un territorio particolarmente fragile e antropizzato come il Trentino Alto Adige. Sono molte le opere e le attività per mitigare i problemi, senza dimenticare che il sistema di Protezione civile è capillare ma si può sempre migliorare per cercare di limitare i problemi.
"Il Trentino Alto Adige è attrezzato ma non dobbiamo essere presuntuosi e possono essere sviluppate altre metodologie. Sono numerosi i convegni che vengono organizzati ma sono momenti particolari e limitati nel tempo. Si potrebbero creare dei gruppi di lavoro tra le regioni dell'arco alpino, almeno italiane, con il coinvolgimento delle Università e del Muse, per studiare l'evoluzione delle montagne e delineare una road map degli interventi".
Questa una proposta messa sul tavolo alla politica per prevenire e mitigare le criticità che potrebbero emergere nel (prossimo) futuro. "Una commissione trasversale ai territori e prettamente tecnica per analizzare la situazione, anche in prospettiva, e condividere i dati per trovare delle soluzioni. Una metodologia che andrebbe poi applicata anche sulla gestione dei torrenti, spesso un aspetto sottovalutato, e per sviluppare dei modelli sugli Appennini, catena che soffre molto di più delle Alpi", conclude Demozzi.