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PODCAST. L'outdoor e la crisi climatica, Albrisi: "Oggi serve un fronte comune dell'attivismo". E sulle Olimpiadi: "Molte risposte sono sotto i nostri occhi"

Il documentarista, video/maker, autore e reporter specializzato in tematiche outdoor, ambientali e sociali parla di attivismo, crisi climatica, "Reimagine winter", "The clean outdoor manifesto" e Olimpiadi. Ecco Luca Albrisi ospite di "Da quassù", il nuovo podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni

Pubblicato il - 03 settembre 2023 - 20:18

TRENTO. "Un'iniziativa che è partita da una consapevolezza, l'inverno che ha fatto parte della nostra cultura di montagna non esiste più". A dirlo è Luca Albrisi, documentarista, video/maker, autore e reporter specializzato in tematiche outdoor, ambientali e sociali. "Le ragioni sono di crisi ambientale e climatica, ma non esiste più il modello economico legato a quella stagione perché iniziano a cambiare i riferimento, anche a livello sociale. La sfida è quella di reimmaginare".

 

Contribuire con parole e immagini alla creazione e alla narrazione di una cultura outdoor biocentrica che metta al primo posto la difesa degli ambienti naturali. Anche da qui parte "Reimagine winter", un 'iniziativa con due caratteristiche. "E' un evento condiviso perché abbiamo cercato di coinvolgere più associazioni possibili. E' un evento diffuso perché il modello ancora rincorso dai territori spazia dalle Alpi agli Appennini. Per questo abbiamo ideato un appuntamento di una giornata in grado di svolgersi in 12 location, 9 Regioni e con 70 realtà diverse tra associazioni ambientaliste, promozione sociale, sportive e comitati. Un appuntamento per mostrare che c'è un problema ma che ci sono anche tante persone che possono dare risposte e nuove soluzioni a quello che è ormai un accanimento sull'inverno". 

 

La narrazione "è fondamentale in questo momento storico e per questi percorsi", aggiunge Albrisi. "E' molto importante rendere leggibile al grande pubblico una discussione spesso tecnica e scientifica. Far arrivare una semplificazione in senso positivo dei concetti. Un altro aspetto riguarda il livello creativo e il saper dare delle alternative, immaginare in senso individuale e collettivo degli scenari alternativi a quelli che conosciamo. La narrazione creativa, ma non di fantasia, è fondamentale: leggere i dati, distruggere i paradigmi e immaginare qualcosa di diverso e possibile".

 

E in questo contesto è importante l'attivismo. "Oggi deve essere in grado di fare fronte comune, un attivismo plurale con competenze e approcci diversi ma capace di sensibilizzare su larga scala. Si presentano problemi e scenari sempre più complessi. E nella maggior parte dei casi una persona non può leggere tutta questa complessità. Il saper unire gli sforzi è la grande sfida dell'attivismo contemporaneo. Un'azione che parte dal basso, che parte dal singolo che poi si ritrova nei collettivi e nelle associazioni per poi permeare la comunità e arrivare alle istituzioni. Un cambiamento dall'alto, infatti, non fa parte del nostro tempo".

 

Il documentarista, video/maker, autore e reporter specializzato in tematiche outdoor, ambientali e sociali ha lanciato "The Clean Outdoor Manifesto". La necessità di empatizzare con ciò che ci circonda, così come essere in grado di sentirsi veramente parte dell’outdoor come arricchimento per la nostra esistenza. L’esperienza outdoor,  quindi l’esperienza in natura, diventa un tassello fondamentale per giungere a questa consapevolezza, per ritrovare noi stessi e la nostra reale posizione in equilibrio con il mondo.

 

"In quel periodo i temi green e ambientali non erano tanto discusse ma ho trovato un gruppo di persone con cui avevo visioni comuni. Siamo così partiti cercando di mettere nero su bianco le nostre idee e convinzioni per un mondo outdoor più sensibile alle diverse tematiche con la consapevolezza che le attività outdoor potessero sviluppare quelle competenze per sensibilizzare i territori e le aziende, anche nel marketing, per un approccio verso la sostenibilità sociale, economica e ambientale".

 

Una battuta sulle Olimpiadi Milano-Cortina 2026. "E' un discorso molto complesso perché entrano in gioco risvolti molto delicati. Posso però mettere in evidenza come il discorso sui grandi eventi e sulle Olimpiadi sono stati messi in discussione. Sono arrivate in Italia perché le altre nazioni si sono più o meno ritirate per decisione diretta oppure tramite referendum popolari. C'è uno studio di Oxford del 2016 dopo i Giochi di Londra: emerge come più del 37% degli investimenti supera di più del 100% il budget previsto e i disavanzi vengono coperti con soldi pubblici. Questo dimostra come la parte giustificativa del voler potare economia a un territorio è un discorso molto limitato. Poi subentrano le valutazioni etico e ambientale, ma anche del che cosa rimane dopo le Olimpiadi, come Torino. Le domande sono se ha senso ospitare le Olimpiadi quando non sono più sostenibili, quando non tuteliamo l'ambientale e che cosa resta delle infrastrutture? Molte risposte sono già davanti agli occhi", conclude Albrisi.

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