PODCAST. La vita da rifugista di Valentina Santoni, a 23 anni già gestisce il Pernici: "L'unione fa la forza, non c'è più separazione uomo-donna"
L'ospite di "Da quassù", il podcast de Il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni, è Valentina Santoni. A soli 23 anni gestisce il rifugio Nino Pernici
TRENTO. "Non esiste più una separazione tra uomo e donna, se mi serve aiuto chiedo umilmente a un collega e può capitare viceversa in altre situazioni". A dirlo Valentina Santoni, gestrice del Rifugio Pernici. "L'unione fa la forza. Questo lavoro è per tutti".
Sportiva, amante della montagna da sempre e socia Sat fin da bambina. La giovanissima Valentina Santoni è la protagonista della nuova puntata di "Da Quassù", il podcast de il Dolomiti con Marta Manzoni. A soli 23 anni gestisce il rifugio alpino "Nino Pernici" di Bocca di Trat.
Un sogno che si realizza per la 23enne. "Ho sempre lavorato nella ristorazione, mi sono fermata un anno per studiare infermieristica ma ho capito che non era la mia strada. Mi sono innamorata di questo dopo lavoro dopo alcune stagioni al rifugio Stivo. Un'esperienza che mi ha permesso di capire quali possono essere le tante difficoltà".
Punto di partenza per le escursioni nella val di Ledro e nell'Alto Garda, il rifugio venne inaugurato nel 1929 a qualche centinaio di metri dalla Bocca di Trat, sui ruderi di alcune baracche risalenti alla prima guerra mondiale, dai soci della Sezione di Riva del Garda della Sat e intitolato al rivano Nino Pernici, legionario trentino caduto nel 1916 sul fronte dell’Isonzo.
Una giornata tipo? "Si inizia presto con le colazioni alle 6.30/7 quindi sistemiamo le camere e ci prepariamo per il pranzo: l'afflusso è buono, molti anche i ciclisti e c'è molto da fare. Ci prendiamo qualche ora di pausa a turno e poi si ricomincia con le cene. Si va a dormire alle 22 come da regolamento e anche per rispetto di chi deve affrontare giornate faticose la mattina dopo".
Naturalmente qualche fuoriprogramma in quota può capitare ma nulla di insuperabile. "C'è rispetto dell'ambiente e del nostro lavoro", spiega Santoni. "L'acqua non viene sprecata e può mancare la luce perché abbiamo solo i pannelli. Ci si adatta: si accendono i frontalini e si trovano altre soluzioni".
I primi mesi di questa nuova avventura sono positivi. "Ci sono momenti duri e di stress ma si risolve tutto. E' un'occupazione particolare perché si vive con chi si lavora. E' difficile staccare completamente quando ci si riposa qualche ora o, nel nostro caso, non avere la possibilità di scendere facilmente in città per vivere quello che fanno i miei coetanei. E' molto faticoso perché la stagione è lunga: qui inizia presto e finisce molto tardi, poi l'inverno poi si recupera le energie. Ma sono molto felice, le soddisfazioni sono tante. Il momento migliore è la pace che si vive la mattina", conclude Santoni.