PODCAST. "La pista da bob a Cortina? Una follia", lo scrittore Cognetti: "Il cambiamento climatico è certezza e l'innevamento artificiale non è più sostenibile"
Su il Dolomiti la nuova puntata del podcast, realizzato da Marta Manzoni, che racconta la montagna a 360 gradi. Nell'intervista Paolo Cognetti parla di siccità e crisi idrica, di come sta colpendo la montagna “con le fontane asciutte” e su quali effetti potrà avere sulle città, di innevamento artificiale “non più sostenibile in comprensori piccoli a bassa quota”, di cambiamento climatico e dei suoi effetti
TRENTO. “La pista da bob a Cortina? Una follia, una speculazione”. A dirlo Paolo Cognetti, scrittore, autore di film e documentari, vincitore del Premio Strega 2017 con il romanzo “Le otto montagne”, ospite dell'undicesima puntata del podcast “Da quassù”, realizzato dalla giornalista Marta Manzoni, che ha collaborato con varie testate, da Mediaset e a Sky passando per quelle più specifiche legate alla montagna, e che potrete ascoltare sul quotidiano Il Dolomiti. Ogni settimana il podcast racconta la montagna a 360 gradi, dando voce a chi la vive e la studia e la ama, per offrire diverse prospettive sulle terre alte.
Nell'intervista Cognetti parla di siccità e crisi idrica, di come sta colpendo la montagna “con le fontane asciutte” e su quali effetti potrà avere sulle città, di innevamento artificiale “non più sostenibile in comprensori piccoli a bassa quota”, di cambiamento climatico e dei suoi effetti, che “non sono un rischio, ma una certezza”.
Attivista e promotore di riflessioni sull'ambiente Paolo Cognetti ha espresso il proprio no convinto alla pista da bob a Cortina d'Ampezzo in vista delle Olimpiadi invernali 2026. “La pista da bob è una follia – spiega - una speculazione edilizia pura e semplice, è uno di quegli esempi che non richiederebbe tanta discussione. E' un impianto che costa oltre 100 milioni di euro, totalmente artificiale, uno scivolo di cemento che verrà utilizzato solo per pochi giorni durante i giochi olimpici invernali. C'è già una pista abbandonata a Cesana Torinese, realizzata per le Olimpiadi invernali di Tornio 2006. Rifare lo stesso errore due volte è una follia”.
Dalla sua baita rifugio in val d’Ayas, in valle d’Aosta, Cognetti vede gli effetti del cambiamento climatico, tra scioglimento dei ghiacciai e siccità. La montagna non ha più acqua e le fontane sono asciutte. “Fa paura – commenta lo scrittore. - Ho usato quell'acqua per anni prima che la fonte si prosciugasse con la siccità del 2022. E' una situazione che non era mai successa prima, a memoria d'uomo. Quest'anno ha piovuto ma la situazione continua ad essere siccitosa. Ed è un paradosso perché la valle d'Aosta è una zona ricchissima di acqua. Rimanere senza fa davvero paura e fa riflettere: cosa succederà quando in città, magari a Milano, le persone apriranno i rubinetti e non scenderà più acqua?”.
Secondo lo scrittore milanese il cambiamento climatico e i suoi effetti “non sono un rischio, ma una certezza. I ghiacciai si stanno sciogliendo a vista d'occhio. Questo comporta un rischio anche per l'alta montagna perché si scioglie anche il permafrost: tanti rifugi a quote superiori ai 3mila metri stanno diventando inagibili perché le fondamenta collassano. Ma ci sono anche buone notizie: il bosco sale di quota, si espande. Dal dopoguerra ad oggi in Italia il bosco è aumentato di circa il doppio della sua superficie e c'è anche il ritorno della fauna selvatica”.
Cognetti è scettico sull'innevamento artificiale. “Lo sci è un'economia che non piace – aggiunge - però non posso non possono non riconoscere che è la principale economia per il turismo invernale della montagna. Credo che i piccoli comprensori sciistici, che si trovano sotto una certa quota, non abbiano più senso di esistere”. Cognetti fa un esempio concreto: “Io vivo dove – dice - c'è una pista che va da 1800 a 2000 metri tutta esposta a sud, dove la neve artificiale a stento si riesce a fare a inizio dicembre e a fine febbraio è già sciolta. Ebbene, in questo caso, il consumo di risorse idriche per una ritorno così piccolo non ha senso. Diverso il caso dei grandi comprensori che lavorano bene”.
Paolo Cognetti divide la sua vita tra città, “che soddisfa il mio bisogno di incontro con le persone”, e montagna, “dove cerco spazi di libertà, di contatto con la terra”, e dove ha costruito un rifugio culturale. “E' un concetto che mancava e che ora si sta diffondendo. E' un luogo a metà tra un rifugio e un circolo culturale. Si tratta di un rifugio che non è solo presidio escursionistico ma culturale, dove si fanno attività, si può partecipare a corsi, oppure lavorare o studiare - spiega. - Ho aperto una fondazione senza scopo di lucro per gestire il rifugio culturale che ho costruito. Porterà avanti progetti legati alla montagna, all'ambiente e all'incontro con gli essere umani”.
Guardando al presente, se prima si definiva un irrequieto, “alla ricerca della 'felicità del lupo', del viaggio, della partenza, dell'avventura, oggi quello che cerco – conclude Cognetti – è la 'felicità dell'albero, di chi resta”.