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PODCAST. La crisi climatica, l'immondizia sulle montagne e la siccità, Hervè Barmasse e il futuro dell'alpinismo a "Da quassù"

L'alpinista, scrittore, sceneggiatore e guida alpina del Cervino Hervè Barmasse è l'ospite della seconda puntata di "Da quassù", il nuovo podcast de Il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni

Pubblicato il - 13 agosto 2023 - 20:48

TRENTO. La crisi climatica, la siccità, l'immondizia sulle montagne e l'alpinismo a km0 e il futuro delle terre alte. "C'è l'arretramento dei ghiacciai", commenta Hervè Barmasse. "Ma c'è il fenomeno più attuale delle frane, situazioni che si verificano più spesso e che non si possono prevedere o anticipare: un problema per le guide alpine ma anche per tutte le persone che frequentano le terre alte".

 

E' l'alpinista, scrittore, sceneggiatore e guida alpina del Cervino il protagonista della seconda puntata del nuovo podcast "Da quassù", realizzato dalla giornalista Marta Manzoni che ha collaborato con varie testate, da Mediaset e a Sky passando per quelle più specifiche legate alla montagna e che da oggi potrete ascoltare sul giornale Il Dolomiti. Ogni settimana il podcast racconterà la montagna a 360 gradi, dando voce a chi la vive e la studia e la ama, per offrire diverse prospettive sulle terre alte.

 

L'estate dell'anno scorso è stata siccitosa e questo ha portato a una crisi idrica. "Il cambiamento importante è l'assenza di precipitazioni nevose con inverni sempre più aridi e secchi con temperature sempre più miti. E' possibile che si verifichi ancora una situazione simile a quella del 2022. Oggi l'acqua c'è a livello solido ma se la montagna diventa arida, i problemi poi si ripercuotono anche nel fondovalle e in pianura. E' tempo di trovare soluzioni. Il rischio è quello di una guerra per l'acqua. Gli impegni più grandi devono essere messi in campo dalla politica con la scienza che indica una via. Certo, tutti possono contribuire con le azioni quotidiane, ma le scelte a livello globale sono prese da chi ci governa".

 

E' necessario, però, un cambio di passo. "La politica ora sembra disinteressata, mentre i giovani attivisti vengono condannati quando cercano di sensibilizzare su un futuro che non è roseo. Bisogna pianificare soluzioni adatte per non scontrarci con questo grave problema perché quando mancherà l'acqua dai rubinetti, allora sarà tardi e sarà l'ora della rivolta ma non bisogna arrivare a questo".

 

Un problema che attanaglia le montagne è quello dell'immondizia in quota, anche sugli 8 mila. "E' un problema dell'alpinismo di massa. Non solo Everest o K2, questo riguarda in generale tutte le vie normali. Gli alpinisti devono cambiare approccio e avvicinarsi nuovamente allo stile alpine: uno zaino di 10 o 12 chili con tutto il necessario, niente campi pre-allestiti e corde fisse". 

 

Un discorso che si ricollega a "un alpinismo a km0 in cui non serve sempre conquistare le vette extra europee. Ma oggi il settore sempre poco sensibile a questo tema. L'alpinismo è fantasia e creatività, oggi tutto è stato scalato o si può scalare. Noi possiamo dare un piccolo contributo scegliendo vette più vicine. Per esempio, personalmente ho ridotto le mie spedizioni del 50%: sono passato da 4 a 2 uscite, alcuni anni cerco di organizzare una sola spedizione". 

 

Una pratica è quella delle salite fast and light, una contraddizione rispetto alla concezione di una natura lenta? "E' sempre esistita. Negli anni '30 una guida alpina del Cervino è salita con un cliente americano sulla via normale in 3 ore e 50 minuti. Una grande velocità se si pensa che uno scarpone da solo pesava oltre 1,5 chili, la corda era in canapa e l'abbigliamento in lana. Il tempo è sempre stato un fattore. E per raggiungere un record serve grande preparazione, il pericolo è l'emulazione. Non so se sfidare il tempo sia in contrapposizione, se chi si muove più piano sia più rispettoso di chi va veloce. In montagna è bello muoversi in velocità, così come prendersi le pause, semplicemente ci vuole equilibrio". 

 

Le tecniche sono in continua evoluzione e "l'alpinismo del futuro sarà sicuramente invernale, alcune vie si possono scalare nella stagione più fredda. Il rischio zero non esiste ma la ricerca è quella della maggiore sicurezza. Poi ci sono fenomeni incontrollabili, come quanto avvenuto sulla Marmolada. E una domanda è cosa succederà davanti all'imprevedibilità? Quella tragedia ha lasciato un segno e lanciato un segnale d'allarme sulle montagne che possono diventare ancora più incontrollabili e selvagge". 

 

In conclusione cosa è l'alpinismo? "E' la ricerca del divertimento, della felicità, della gioia. Ognuno deve fare quello che si sente al proprio livello, senza seguire le mode del momento perché ogni scalatore ha contribuito e contribuisce a portare delle novità. L'alpinista migliore?  Quello che rispetta la montagna, la lascia pulita e integra", conclude Barmasse.

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