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PODCAST. "Che tifo in Valdaone", la campionessa non vedente Nadia Bredice tra pregiudizi, vittorie e montagna: "Arrampicare? Da' soddisfazione umana"

La paraclimb non vedente, Nadia Bredice, bronzo mondiale a Innsbruck nel 2021 e quest'anno oro nelle tre tappe di coppa Italia e nel campionato italiano ospite della nuova puntata di "Da quassù", il nuovo podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni

Pubblicato il - 24 settembre 2023 - 20:16

TRENTO. L'arrampicata in palestra e in falesia, la sensazione di pace in montagna, le ispirazioni, i pregiudizi da superare e le vittorie. E' Nadia Bredice, paraclimb non vedente bronzo mondiale a Innsbruck nel 2021 e quest'anno oro nelle tre tappe di coppa Italia e nel campionato italiano. 

 

"Il bronzo al mondiale è stato il risultato più rilevante ma ero stanca e svuotata, non mi sono resa conto più di tanto", dice la paraclimber. "Un frullatore di emozioni intense, finita la via che ero spenta. Un'emozione forte invece l'ho vissuta alla finale del campionato italiano in val Daone. Ero l'ultima a salire e c'era un tifo da stadio: solitamente c'è silenzio, invece ho sentito la partecipazione, una sensazione bellissima".

 

La campionessa di paraclimbing è la protagonista della nuova puntata di "Da Qassù", il podcast de il Dolomiti realizzato da Marta Manzoni. Originaria della Toscana, vive nell'Alto Garda. In Italia la disciplina sportiva del paraclimb e dello specialclimb è gestita dalla Fasi-Federazione di arrampicata sportiva italiana.

 

Nel paraclimb gli atleti diversamente abili sono suddivisi in diverse categorie, tra cui ci sono i non vedenti, gli amputati e i motori (a loro volta suddivisi in sottocategorie in base alla tipologia e al livello di abilità). Lo specialclimb invece raggruppa in varie categorie gli atleti con difficoltà intellettivo relazionali.

 

"Ho iniziato nel 2017 quando ho provato per la volta ad Arezzo con Lucio Violetti. E' stato per gioco ma mi è piaciuta particolarmente questa progressione ondeggiante verso l'alto", spiega Bredice. "L'altezza non mi faceva effetto e in questo il non vedere aiuta molto. Poi sono scesa e sono rimasta colpita dal dolore agli avambracci. Oggi l'arrampicata è sicuramente la passione più bruciante che abbia mai avuto. E' diventata molto importante, qualcosa di estremamente meditativo, di sfida e di concentrazione. Mi ha dato tante soddisfazioni, sportive ma soprattutto umane".

 

L'arrampicata è uno sport talvolta considerato egoistico ma "serve sempre qualcuno dall'altra parte della corda. A maggior ragione per la mia condizione. E' uno sport di condivisione, la parte egoistica può esserci se non si considera l'altra persona". E come si arrampica da un punto di vista pratico? "Per chi non vede o vede poco, infatti, è fondamentale la presenza di una figura che deve descrivere le prese e i movimenti da compiere in parete. La segnalazione sulle prese avviene mediante il metodo dell'orologio. Il centro della testa è l'orologio, per il movimento della mani si indica ore undici, mezzogiorno, ore nove e così via. Per i piedi viene usato come metro la parte anatomica, quindi piede destro all'altezza del ginocchio, della tibia o dell'anca".

 

La caratteristica principale della persona alla base della parete, "in particolare nelle competizioni è un'ottima lettura della via", prosegue Bredice. "Poi la calma, soprattutto sotto pressione. E' un lavoro di squadra che richiede precisione e velocità delle informazioni. Invece in montagna o in falesia, serve la voglia di condividere, perché quando scalo ho presente la voce della guida che si deve immedesimare in me".

 

La paraclimber ha anche dovuto affrontare i pregiudizi. "E' già difficile immaginare che un non vedente possa arrampicare - evidenzia Bredice - ancora più complicato essere presi sul serio come atleti. Ho poi dovuto imparare a trovare qualcuno che si fidasse". Qualche dubbio che nel futuro uomini e donne possano gareggiare insieme. "Per il paraclimb le performance non sono simili. Onestamente come in tutti gli altri sport non vedo la necessità di unificare le categorie, anche perché c'è una distinzione netta, anche a livello anatomico di prestazione".

 

L'atleta arrampica anche su roccia e sulle montagne. "Le sensazioni sono diverse rispetto alla resina, banalmente a livello tattile, di rumori e del vento. C'è una connessione più forte. Ho scoperto tardi questo mondo, difficile arrampicare indoor, figurarsi andare in montagna. Ci vuole tanta concentrazione per calibrare bene i movimenti. Richiede tanto di più di un ambiente come una palestra con meno ostacoli. Ma la montagna mi regala una pace, una calma e una libertà bella e potente", conclude Bredice.

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