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Crolla la vetta di un monte in Tirolo (VIDEO e FOTO): le immagini dall'alto. “La causa da ricercare nel disgelo del permafrost: ecco la situazione in Trentino”

Dopo il grosso distacco verificatosi in Tirolo, il dirigente generale del Servizio geologico della Provincia autonoma di Trento, Mauro Zambotto, spiega cosa è avvenuto sul versante nord-occidentale del massiccio meridionale del Fluchtorn: “Il riscaldamento globale tenderà a facilitare il verificarsi di questi fenomeni”

Di Filippo Schwachtje - 13 giugno 2023 - 16:57

TRENTO. Un'enorme massa di roccia, si stima un volume totale pari a circa 100mila metri cubi di materiale, che frana a tutta velocità per circa 2 chilometri, in una 'corsa' che si conclude con un forte boato e un enorme polverone che si alza in aria: sono queste le immagini arrivate negli scorsi giorni dalla zona del Gruppo del Silvretta, in Tirolo, dove una grossa porzione di una cima si è staccata scivolando velocemente a valle. Il giorno successivo all'evento (lunedì 12 giugno), le autorità tirolesi hanno sorvolato il versante nord-occidentale del massiccio meridionale del Fluchthorn e le immagini danno un'idea dell'intensità del distacco, che ha trascinato con sé, tra l'altro, la croce di vetta posta sulla cima. L'intera area al momento è stata chiusa mentre sono in corso tutte le verifiche del caso da parte dei tecnici, che avvertono: “Non si possono escludere ulteriori frane in questa zona di alta montagna”.

Per le autorità austriache infatti la causa del crollo è da ricercare nel progressivo disgelo del permafrost in alta quota, che espone le vette di alta montagna ad un sempre maggiore rischio di crolli. Una situazione che ovviamente interessa anche il Trentino e della quale il Dolomiti ha discusso insieme al dirigente del Servizio geologico della Provincia autonoma di Trento, Mauro Zambotto: “Le Alpi sono costellate di fenomeni di questo genere e, anche sul nostro territorio, per esempio sul Brenta o sul Grosté, troviamo le tracce di antichissime frane avvenute addirittura migliaia di anni fa. Si tratta in generale di eventi confrontabili con questo”. Con permafrost, precisa l'esperto: “Ci si riferisce alla presenza di ghiaccio per la maggior parte dell'anno (grossomodo per almeno 10-11 mesi) tra le fratture della roccia o tra i pori dei granuli del terreno. Ghiaccio che, in questo contesto, funge da collante, presentando un fattore di adesione per esempio tra le pareti di roccia o tra clasti detritici di origine glaciale”. 

Quando però, a causa dell'aumento delle temperature, quel ghiaccio si scioglie, il fattore di adesione viene a mancare e la conseguenza è un aumento dell'instabilità che può portare anche a dei distacchi. “Presumibilmente è questo quanto accaduto in Austria – continua Zambotto –. In termini di altitudine nel nostro settore alpino meridionale, la presenza di permafrost varia a partire dai 2.600-2.700 metri di quota e la frana in Tirolo si è verificata attorno ai 3.400 metri”. Ad influire su eventuali distacchi di roccia ci sono poi una serie di fattori, dall'inclinazione delle fessure fino all'azione del ghiaccio stesso che, fondendo, libera acqua in grado di generare ulteriore pressione. “Negli ultimi anni – aggiunge Zambotto – eventi di questo tipo, anche se con dimensioni non certo così rilevanti (si parla al massimo di un volume di materiale pari a 15-20mila metri cubi), si sono verificati anche sul nostro territorio: penso a cima Lastei, nel Primiero, a Cima Canali o al Gran Vernel”. Recente è poi il caso del crollo verificati su Cima Uomo (Qui Articolo), nel Gruppo della Marmolada, la cui causa è ancora una volta da ricercare nel progressivo disgelo del permafrost

“In prospettiva futura – continua l'esperto – il cambiamento climatico tenderà a facilitare il verificarsi di questi fenomeni a quote sempre più alte, visto che si sta assistendo ad progressivo innalzamento dello zero termico e ad un aumento delle temperature anche in alta quota”. Proprio per questo, spiega Zambotto, il Servizio geologico sta monitorando la situazione generale su questo fronte in Trentino. “Ovviamente – dice – è impossibile controllare tutto il territorio, ma lavoriamo con stazioni di misura e di controllo della temperatura, anche nel sottosuolo, in collaborazione con diverse università, centri di ricerca e con gli esperti di Meteotrentino. La settimana prossima ad esempio saremo in Val Sadole, in Val di Fiemme, dove si è verificato un piccolo fenomeno simile con una sorgente di scioglimento. Sono diversi però i siti monitorati come la Val d'Amola, cima Cavaion, la zona della Presanella o del Brenta”. La montagna, conclude Zambotto, è sempre un ambiente potenzialmente pericoloso e in futuro “bisognerà salire in quota con una rinnovata consapevolezza. Attualmente sono consultabili in rete, sul sito del Servizio geologico, le carte del pericolo per quanto riguarda la distribuzione del permafrost in Trentino. Si tratta di zone, ovviamente, soggette a fenomeni di erosione, di caduta massi e via dicendo, ma quasi sempre a quote molto elevate. Principalmente comunque si parla dell'area del Brenta, della Presanella e delle cime più alte del Lagorai”.

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