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Sait, Federcoop mette le mani avanti: "Noi non possiamo assorbire i 130 esuberi"

Manifestazione questa mattina in via Segantini per chiedere alla Federazione trentina della cooperazione di farsi carico dei 130 esuberi del Sait. Dalpalù: "Questi sono i numeri e ora dobbiamo mettere al centro la produttività, non solo il mutualismo". 

Di Donatello Baldo - 18 novembre 2016 - 15:02

TRENTO. Erano tanti questa mattina i lavoratori del Sait che si sono dati appuntamento davanti alla sede della Federazione trentina della cooperazione. Hanno occupato le carreggiate di via Segantini, hanno urlato e fischiato e sventolato le bandiere dei sindacati che li rappresentano nella difficile trattativa che è seguita all'annuncio dei 130 esuberi.

 

Siamo molto angosciate – affermano alcune ragazze che lavorano negli uffici amministrativi della società cooperativa che ha deciso di sfoltire il numero dei propri dipendenti – ma siamo anche dispiaciute. Dispiaciute per la reputazione del mondo cooperativo in generale che credevamo avesse un altro concetto del mercato e dell'impresa. E siamo preoccupatissime per il nostro futuro – continuano – abbiamo figli, abbiamo un mutuo e nessuna certezza per il futuro. Perché qui non si tratta di un numero, noi non siamo un cartellino: qui si sta parlando di 130 famiglie”.

 

Arrivano i segretari dei sindacati confederali. C'è Franco Ianeselli della Cgil, Walter Alotti della Uil, Lorenzo Pomini della Cisl. Anche Ezio Casagranda dei sindacati di base.

E non mancano gli esponenti del mondo della politica. “Si è ribaltato il mondo – afferma Claudio Cia – c'è tutto il centrodestra trentino qui oggi ma non si vede la maggioranza di centrosinistra, quelli che dicono di essere dalla parte dei lavoratori”.

 

C'è Giacomo Bezzi di Forza Italia, Manuela Bottamedi del Misto, Maurizio Fugatti della Lega Nord. Ci sono anche i consiglieri comunali: Andrea Maschio dei 5 Stelle, Cristian Zanetti di Forza Italia e Bruna Giuliani della Lega Nord vestita con la divisa del Sait. “Io 25 anni fa ho lavorato per il Sait e oggi ho voluto mettere la divisa che avevo allora”.

 

Della maggioranza c'è Walter Kaswalder. È arrivato per primo e subito ha detto la sua: “Io vengo dal mondo della vecchia cooperazione, dai principi di don Guetti, non da questa realtà che con il mutualismo non ha più nulla a che vedere”. Il consigliere del Patt, l'esponente insofferente della maggioranza di governo si scaglia contro i vertici dell'azienda: “Bisogna prendere a pedate nel sedere chi è al vertice, persone che ancora hanno il coraggio di venirci a fare la morale, non i dipendenti che stanno pagando per le scelte fatte dai loro dirigenti”. Ma accusa anche la a Federazione “che non ha vigilato, che non ha fatto verifiche e non ha svolto un adeguato controllo. I vertici – conclude secco il consigliere – i vertici, non i lavoratori se ne devono andare a casa”.

 

Non usa questi termini ma anche Pomini della Cisl usa le stesse argomentazioni: “Oltre al doveroso recupero di questi 130 posti di lavoro – afferma il segretario – ci vuole un serio piano industriale che possa garantire il futuro. Ma non possiamo non osservare – sottolinea – che molte delle conseguenze che hanno portato a questa situazione derivano dalle scelte immobiliari e di gestione aziendale che hanno compromesso i costi”.

 

Dice di più: “Le aziende serie mandano a casa anche i dirigenti quando sbagliano. In America succede così”. Ma qui no: “La cooperazione ha un problema serio che dovrà essere affrontato, ci sono poche persone sedute su troppe sedie, gli stessi nomi che compaiono in decine di consigli di amministrazione anche di aziende tra loro concorrenti. Siano in questa situazione anche per questo modo di amministrare il mondo della cooperazione, per scelte che chi avrebbe dovuto non ha fatto, ha rimandato o forse nemmeno ha capito perché impegnato in troppi consigli di amministrazione”.

 

Franco Ianeselli, segretario della Cgil, parla di “numeri inaccettabili”. Afferma che “i lavoratori hanno il diritto di sapere quali siano stati i motivi che hanno portato a questa situazione. Anche per capire le responsabilità – osserva – ma anche per conoscere il futuro dell'azienda, del suo piano industriale”.

 

Ma ora cosa mette il sindacato sul tavolo? “In passato è stato sottoscritto un protocollo che prevede che nei casi di esubero all'interno di un'azienda afferente al sistema cooperativo è lo stesso sistema cooperativo che se ne fa carico. Abbiamo trovato in più occasioni disponibilità simili da parte dei privati – sottolinea Ianeselli – sarebbe auspicabile trovale anche dentro una realtà che si dice attenta alla dimensione sociale e mutualistica del lavoro”.

 

Ma Ianeselli si sbaglia. Il nuovo presidente della Federazione trentina della cooperazione, Mauro Fezzi, appena uscito dal confronto con una delegazione di lavoratori, lo dice chiaramente: “Il settore cooperativo cercherà di venire incontro ai lavoratori per dare qualche opportunità agli esuberi – afferma – ma questo soltanto in termini generali, noi non possiamo assorbirli all'interno di altere cooperative. Questo – sottolinea – deve essere chiaro”.

 

Poi è Michele Odorizzi a spiegarla meglio: “Sgomberiamo il campo dalle mistificazioni. Questo protocolla non ci obbliga, ci impegna a mettere in atto azioni come la formazione dei lavoratori licenziati per aiutarli in un futuro collocamento. Ma non per forza – specifica – all'interno del mondo cooperativo”.

 

Il confronto con i sindacati c'è stato. Renato Dalpalù conferma i 130 esuberi. “Sono questi i numeri. È vero che la mutualità è importante ma non è in opposizione con la produttività, e anche nel mondo della cooperazione dobbiamo mettere al centro la produttività perché siamo obbligati a confrontarci con il mercato e sul mercato – conclude il presidente del Sait – le aziende stanno a galla se producono di più”.

 

Ad aspettare che escano i delegati dal confronto con i dirigenti della Federazione trentina della Cooperazione ci sono anche tre ragazzi. “Noi siamo stagionali – dicono subito – noi lo sappiamo già che non saremo assunti la prossima volta, qui non si sta trattando per la nostra posizione che è già segnata. Ma siamo qui lo stesso – affermano – siamo qui per solidarietà e per lottare contro questo modo di fare: perché se una cooperativa che si fonda sul mutualismo si può permettere di trattarci così, cosa mai potrebbe fare – si chiedono i ragazzi – un'azienda privata che come obiettivo ha solo il business?

 

“Il clima rispetto all'anno scorso è cambiato drasticamente all'interno del Sait – affermano gli stagionali – qualche mese fa eravamo di più e ora siamo in pochi e ci distruggono di straordinari. Poi escono con queste notizie e ti casca il mondo addosso – concludono i ragazzi - ti sfruttano e ti spremono e poi ti lasciano a casa”.

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