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Jobs act, Consulta dice 'No' al referendum sull'articolo 18, ma "Sì" a voucher e appalti. I sindacati: "Il tema voucher è più importante"

La Corte costituzionale giudica inammissibile il quesito sul Jobs act. Il pentastellato Filippo Degasperi: "Non si lascia la possibilità al cittadino di esprimersi"

Di Luca Andreazza - 12 gennaio 2017 - 01:59

TRENTO. No al referendum sull'articolo 18, via libera invece a quelli su voucherappalti. Così parlò la Corte costituzionale mercoledì 11 gennaio dopo una blindata udienza di due ore.

 

Le modifiche dell'articolo 18 sui licenziamenti illegittimi contenute nel Jobs act, le norme sui voucher e il lavoro accessorio e le limitazioni introdotte sulle responsabilità solidale in materiale di appalti rappresentano i tre questi all'ordine del giorno della Consulta: bloccato il primo, i cittadini si potranno esprimere sugli altri punti.  

 

"Il bilancio è comunque positivo - spiega Franco Ianeselli, segretario di Cgil -. Bene il via libera ai quesiti su voucher e appalti, mentre la Cgil nazionale si riserva di ricorrere presso la Corte europea per l'inammissibilità sull'articolo 18. E' comunque importante mantenere alta l'attenzione sui temi del lavoro, battaglie che vengono condotte quotidianamente durante tutto l'anno. Un aspetto primario è quello di riportare l'utilizzo dei voucher nel solco originario senza le evidenti e attuali storture".

 

Gli altri sindacati confederati sembrano restare abbastanza freddi rispetto all'inammissibilità dell'articolo 18: "Questo verdetto - dice Walter Alotti, segretario della Uil - era nell'aria, soprattutto per come è stato proposto il quesito. Il timore espresso da Uil riguarda soprattutto il rischio di dividere il fronte sindacale proprio sulle partite del lavoro. Un divisione che sarebbe poco fruttuosa. L'articolo 18 è uno scoglio ormai superato: negli ultimi contratti, come nel caso dell'accordo per ferrotranvieri, siamo riusciti a garantire i lavoratori inserendo una clausola in modo indiretto. Un'esperienza positiva che si può portare avanti in futuro. Il vero nodo cruciale è rappresentato dai voucher. Un tema molto sensibile anche in Trentino come evidenziato dall'osservatorio realizzato da Uil: uno strumento di lavoro che deve rimanere e che per alcune esigenze è determinante. ma che deve essere riportato allo spirito originale".

 

I dati riportati da Uil per il Trentino-Alto Adige stima per il 2016 che siano stati venduti voucher per un valore di quasi sei milioni di euro, 5.814.718 euro per la precisione. Con un incremento costante negli ultimi anni sempre in positivo: Nel 2008 ne sono stati venduti per soli 15 mila euro, l'anno successivo il salto a quasi 250 mila

 

"Il voucher - dice Lorenzo Pomini, segretario della Cisl - può essere uno strumento utile per il lavoratore e per il datore di lavoro. Ora il suo utilizzo è distorto e smodato, soprattutto nel comparto turismo. Un settore dove la comunità ha investito attraverso la Provincia negli impianti sciistici, nelle attività sportive e negli hotel. Le strutture alberghiere abusano dei voucher quando dovrebbero restituire quanto ricevuto tramite una regolare occupazione dei lavoratori anche nell'ottica di far crescere in qualità il settore. Un comparto abituato solo a ricevere, ma il turismo esiste esclusivamente grazie all'intervento pubblico". 

 

Chi invece non resta affatto indifferente rispetto al "No" per il referendum sull'articolo 18 è il pentastellato Filippo Degasperi: "Mi sembrava il quesito più importante e non si lascia la possibilità al cittadino di esprimersi. Una decisione dannosa - prosegue il consigliere provinciale - ma aspettiamo di leggere le motivazioni della Corte costituzionale. La possibilità di esprimersi in merito al Job acts sarebbe stata stata una specie di risarcimento per l'elettorato e l'esito di questo referendum sarebbe stato l'esatto opposto rispetto a quello del 4 dicembre. Un risultato che avrebbe rappresentato un altro duro colpo alla maggioranza di Governo che ha preso delle iniziative e attuato un programma non votato dai cittadini. La composizione della Consulta è di nomina politica e il dubbio è che in qualche occasione le risposte siano deferenti alla politica stessa".

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