Calvin Klein a Mattarello, avviata la procedura di chiusura, restano 75 giorni per trovare una soluzione
Confezione Moda Italia di Mattarello segue il destino degli altri nove punti vendita progressivamente chiusi dal 2014. L'azienda evidenzia una crisi senza fine: dal 2010 bruciati quasi 100 milioni di euro. I sindacati: "Clima pesante e lavoratori avviliti"
TRENTO. "I lavoratori - dice Alan Tancredi, segretario di Uiltec Uil a margine dell'assemblea dei lavoratori alla Confezione Moda Italia di Mattarello - sono avviliti e delusi per la mancanza di rispetto e gratitudine".
Venerdì 13 gennaio i sindacati sono stati raggiunti dall'improvvisa notizia della cessazione dell'attività che a Trento produce la prima linea del colosso americano. "Clima pesante, tensione e forte preoccupazione", queste le parole di Mario Cerutti, segretario di Filctem Cgil.
Un cambio di rotta dell'azienda statunitense che lascia 57 dipendenti della Confezione Moda Italia di Mattarello senza lavoro:"Oggi è arrivata - conferma Cerutti - la comunicazione ufficiale dell'apertura della procedura. Contestualmente abbiamo dichiarato lo stato di agitazione e la richiesta di incontrare l'assessore Olivi per avviare la trattativa.
Confezione Moda Italia, appartenente al gruppo internazionale a stelle e strisce Phillips-Van Heusen Corporation, attivo nella produzione, nella commercializzazione e nella distribuzione di capi d'abbigliamento di pregio, caratterizzati in particolare dal marchio Calvin Klein.
Nella sede di Mattarello sono operativi 57 lavoratori con contratto a tempo indeterminato e "nell'ambito del generale rallentamento dell'economia a livello globale - spiega Tancredi - Confezione Moda Italia ha dovuto far fronte ad una fortissima crisi di mercato che ha significativamente colpito i consumi e dunque anche il fatturato della società".
Una situazione di contrazione di tutti i mercati nel settore di operatività di Confezione Moda Italia, che ha raggiunto un livello di stabilizzazione critica: nel 2010 la perdita d'esercizio si è fermata a quasi 8 milioni di euro, quasi 10 milioni di euro nel 2011, circa 15 milioni di euro nel 2012, 2015 e 2016, mentre l'anno nero si è registrato nel 2014 con oltre 17 milioni di euro di rosso. Un saldo negativo di quasi 100 milioni di euro in fumo.
Un trend negativo confermato anche dalla progressiva chiusura di tutti i punti vendita, che sono passati da 9 nel 2011 all'attuale e unico punto di Mattarello, ora in fase di smantellamento e che segue il destino di Marcianise (gennaio 2014), Noventa di Piave (agosto 2014), Barberino del Mugello (marzo 2015), Fidenza (luglio 2016) e Agira (in fase di chiusura). Un calo accompagnato anche dalla riduzione del personale del 35% dei dipendenti nell'ultimo triennio.
La sede di Trento è prevalentemente strutturata come un'organizzazione di conto lavoro e le analisi dell'azienda avrebbero fatto emergere che il business così strutturato non è più economicamente sostenibile e che la dislocazione geografica non è strategica. In Italia l'unico centro attivo sarà Milano, una piazza internazionale.
Una chiusura arrivata tuttavia come un fulmine a ciel sereno. Il presidente del Consiglio provinciale esprime piena solidarietà a tutte le dipendenti e tutti i dipendenti di Cmi di Mattarello: "E' una brutta tegola - dice Bruno Dorigatti - per tutta la comunità trentina e per il nostro sistema produttivo. Perdiamo un pezzo importante legato ad un marchio prestigioso di livello internazionale. Sono certo di esprimere l’opinione dell’intero Consiglio provinciale nel ribadire non solo la vicinanza alle lavoratrici e ai lavoratori coinvolti e alle loro famiglie, ma soprattutto la volontà di mettere in campo fin da subito ogni possibile strumento di tutela".
E l'opposizione scalda i motori alla notizia della tegola caduta sul sistema occupazionale trentino: "Quest'impresa era forse l'ultima sopravvissuta - comunica Filippo Degasperi del Movimento 5 Stelle - di una politica industriale che anche in questo caso ha mostrato la propria inadeguatezza: un piano che puntava ad attrarre imprese dall'esterno invece di farle nascere e sviluppare in Trentino. Questo evento mi colpisce anche da un punto di vista sentimentale, dato che proprio in quest'impresa avevo trovato la mia prima occupazione stabile subito dopo aver terminato l'università. Gli strumenti di politica industriale usati da tempo e riproposti non funzionano. E' necessario prendere atto che le imprese medio-grandi, quelle che le statistiche indicano come le più adatte a far fronte alla crisi, sono anche le prime a lasciare i nostri lidi".
"Abbiamo una ricerca avanzata - spiega il pentastellato - un'università importante, un'alta qualità della vita generale, addirittura la burocrazia ritenuta ai vertici italiani per efficienza, però chissà come mai, alle grandi imprese di tutto questo sembra importare molto poco. È quindi evidente che quello che offriamo non è ciò che costoro cercano: serve un cambio paradigmatico da parte dell'ente pubblico. Si parta smantellando l'Irap e si lasci alle imprese decidere come investire questa maggiore disponibilità invece di farla raccogliere alla PAT che poi la disperde in tanti interventi. In tal modo non solo le imprese smetteranno di andarsene ma inizieranno anche a tornare".
"Conosco diverse persone che lavorano in quell'azienda - dice Manuela Bottamedi del Gruppo misto - grandi professionisti che sono lì da una vita e che hanno acquisito una professionalità nel mondo tessile e dell'alta moda difficile da ricollocare in Trentino (non vi sono infatti altre industrie tessili sul territorio). Senza contare che l'età dei dipendenti, anagraficamente non ancora pensionabili ma certo non più giovanissimi, rende ancora più problematico il loro reimpiego. Qui non si tratta di pura crisi economica, ma di riorganizzazione e di scelte aziendali di una multinazionale americana, che conta circa 30.000 dipendenti in tutto il mondo. Per questo invoco l'intervento della Provincia affinché il gruppo Ck si sieda al tavolo con i lavoratori e i sindacati cambiando decisamente metodo, stile, approccio".
"Purtroppo - dice Claudio Cia di Agire - il proseguire della crisi economica ha già da tempo toccato la nostra realtà, un tempo isola felice, a causa del governo provinciale che non ha agito con lungimiranza per risolvere situazioni note e denunciate da tempo. Si auspica, quindi, che siano, fin da subito, intraprese le adeguate iniziative per salvaguardare la dignità e il futuro dei lavoratori. E chiediamo che l’assessore Olivi si muova con maggior prevenzione e d’anticipo, ascoltando maggiormente i sindacati e gli imprenditori per evitare simili episodi".