“Zitti e Nuti”: Francesco Nuti raccontato a mio figlio
Presentato al Trento Film Festival il podcast"Zitti e Nuti", un omaggio a Francesco Nuti, prodotto da Officine del podcast
TRENTO. Lunedì 29 aprile, negli spazi di HarpoLab e nel contesto del 72. Trento Film Festival, è stato presentato in anteprima il podcast "Zitti e Nuti", un omaggio a Francesco Nuti, prodotto da Officine del podcast. L'autore, Emiliano Cribari, e la produttrice, Clara Collalti, hanno dialogato con lo storico del cinema Rocco Moccagatta e Mauro Gervasini, responsabile del programma cinematografico del festival. Insieme, hanno esplorato il percorso artistico e personale del talentuoso comico toscano, a un anno dalla morte.
“È stata veramente un’avventura la produzione di questa serie” afferma Clara Collalti raccontando la genesi travagliata del podcast. “Una storia iniziata un anno e mezzo fa, quando Francesco Nuti era ancora vivo, ma in un momento d’ombra, malato e con il sipario su di lui un po’ calato. Il podcast prevedeva ospiti e materiali inediti, ma alla fine abbiamo dovuto fare senza, anche perché un giorno di giugno, Francesco è morto. Avremmo potuto cavalcare l’onda, trasmettendo subito il podcast – ormai praticamente pronto – ma abbiamo preferito non farlo. La ragione è semplice: ciò che volevamo raccontare era Francesco, non solo il suo cinema, ma anche e soprattutto l’autore e l’uomo. La serie, infatti, non indugia sulla fine, ma narra chi era e “cos’era” Francesco Nuti”.
Emiliano Cribari, il creatore del podcast e amico personale di Nuti, con un tocco di emozione palpabile lo ribadisce: “Io sono qua per Francesco. Perché aveva bisogno di amore intorno, di calore. Quando si omaggia qualcuno che ha lasciato una traccia importante, non esiste un momento giusto per dire “grazie”; possiamo farlo sempre. E per poter dire qualcosa di vero, ho voluto restituire l’emozione, il fuoco e la passione che provo: così questo podcast è una lettera in sei pagine, in cui racconto a mio figlio Lorenzo – nome ispirato dal bambino di “Tutta colpa del Paradiso” – chi è per me Francesco Nuti”.
Nel corso del dialogo e del podcast, con due puntate presentate in anteprima, emerge chiaramente la straordinaria versatilità di Nuti: non solo eccelso calciatore, ma anche abile giocatore di biliardo e talentuoso musicista. “Ha scritto una canzone per Mina” ricorda Mauro Gervasini. Questo suscita una riflessione sulla sua brillantezza, manifestata in molteplici sfaccettature artistiche. “Si parla di un talento cristallino, esuberante, poliedrico” conferma Cribari, con Rocco Moccagatta che, in qualità di critico, ammette una colpa collettiva nel sottovalutare la complessità del Nuti autore. Una critica italiana spesso troppo severa e miope nel suo giudizio, che lo ha relegato al ruolo superficiale di "comico di Natale", nell’accezione meno lusinghiera possibile.
“Nuti – sottolinea Moccagatta – era scomodo perché metteva al centro dei suoi film non solo la risata più semplice, ma inquietudini e zone d’ombra. Da vero autore – inteso come qualcuno che cresce fa crescere chi lo segue – inseriva sotto la superficie del comico e della favola questioni urticanti; l’ha sempre fatto anche forse in maniera eccessiva per le resistenze del sistema produttivo italiano. È sempre rimasto un cane sciolto, cosa che una parte del cinema non gli ha mai perdonato fino in fondo”.
Ed incalzato da Gervasini sul perché della sua sfortuna produttiva e poi di pubblico, aggiunge “non era un comico da laboratorio, studiato per aver successo, ma piuttosto era fuori fuoco e fuori formato. Solo produttori audaci e spericolati come Gianfranco Piccioli potevano assecondare il suo amore per l’esagerazione, preferendola agli incassi di un prodotto che va sul sicuro. Poi credo che i comici abbiano una data di scadenza quando fanno i film, un momento in cui arriva qualcuno che riesce ad intercettare meglio le richieste del pubblico e del mercato. Nuti, per il suo essere un accentratore, non è mai riuscito a adattarsi fino in fondo a certe dinamiche commerciali, come il fare i film di coppia con la diva dell’altro sesso. Un esempio è “Son contento”, film del 1983 dove un uomo si innamora di una donna soltanto perché quella donna gli fornisce materiale di ispirazione per la sua arte”.
Nuti ha sempre rivendicato il suo status di autore e il suo film meno celebre – ma secondo Cribari, che lo ha conosciuto bene, sicuramente il suo più amato – “OcchioPinocchio” del 1994 incarna questo suo incedere senza compromessi lungo la strada della propria poetica: “A una festa si può stare al centro e ballare, o stare ai lati, e Nuti stava ai lati, ma era protagonista lo stesso. Nuti aveva la dote del silenzio: la sua arte sta negli interstizi, nel modo in cui una parola viene sospirata, nasce monca e muore monca e in quell’essere monca mette le ali, vola, accende. Bisogna stare attenti a qualsiasi sfumatura, perché Nuti abita le sfumature”.
Il podcast è disponibile nella sua interezza dal 29 aprile ed è realizzato grazie al sostegno di Fondazione ChiantiBanca e Banca di Credito Cooperativo di Pescia e Cascina. Le musiche sono di Ettore Formicone, con la partecipazione straordinario di Paolo Ganz.