Il Mito New Trolls a Trento, Belloni a il Dolomiti da De André a YouTube: “Faremo 'di tutto un pop'. La musica oggi? È tanto ampia da essere stordente”
Dalle pietre miliari del prog italiano ai pezzi più 'pop' di Aldebaran: tutti i successi dello storico gruppo italiano saranno portati a Trento da Il Mito New Trolls, che si esibirà in piazza Fiera sabato 18 giugno in occasione delle Feste Vigiliane. Per l'occasione il Dolomiti ha intervista il chitarrista e cantante Ricky Belloni
TRENTO. Sarà Piazza Fiera la location che, in occasione delle Vigiliane, ospiterà sabato 18 giugno a Trento “Il Mito New Trolls”, la band nata nel 1998 su iniziativa di Ricky Belloni, dopo lo scioglimento dei New Trolls, lo storico gruppo progressive rock italiano che nel corso degli anni ha pubblicato alcune delle pietre miliari del genere nel nostro Paese. Il concerto, realizzato in collaborazione con Radio Italia Anni '60, inizierà alle 21 e 30 e a seguire la musica continuerà con un Dj Set in collaborazione con Radio Dolomiti. Per l'occasione il Dolomiti ha intervistato il chitarrista e cantante Ricky Belloni.
Cosa proporrete nel vostro concerto a Trento?
Diciamo che faremo “di tutto un pop”. Ovviamente proporremo tutti i più grandi successi del gruppo, da quelli provenienti dalla fase più 'prog', come il materiale ad esempio di Concerto Grosso fino ad Aldebaran. Diciamo che non mancheranno anche i pezzi più 'sconosciuti' alla maggior parte del pubblico, ma molto apprezzati dallo 'zoccolo duro' dei fan. L'ultima volta che siamo venuti a suonare a Trento è stata una decina di anni fa: oltre a me sul palco ci saranno anche Giorgio Usai, Andrea Cervecco e Alex Polifrone (detto il Polipo).
Il vostro 'catalogo' d'altronde è molto vasto: i New Trolls nel corso degli anni hanno attraversato diverse fasi, caratterizzate da stili diversi...
Tutti i componenti del gruppo sono sempre stati autori, cantanti e musicisti. Abbiamo unito le nostre forze per fondere la musica classica con quella che è la canzone popolare, unendo la coralità con il suono degli strumenti. Normalmente in un grupppo uno canta, gli altri suonano: noi ci siamo sempre spartiti diciamo i vari ruoli. Anche per questo forse non ci siamo mai fossilizzati nel voler fare una cosa sola, passando “senza vergogna” dal fare pezzi come Le Roi Soleil (da Concerto grosso n.2 del 1976 ndr), con cambi di ritmo e particolari intrecci vocali, ad altri come Aldebaran e Quella carezza della sera (da Aldebaran del 1978 ndr), con atmosfere che si avvicinano di più al pop. Non abbiamo mai rinnegato la grandezza della musica popolare, l'abbiamo solo rivestita di volta in volta come potevamo: con cori, voci e armonizzazioni un po' diverse da quelle usuali all'epoca.
Tu sei un chitarrista autodidatta, com'è stato il tuo approccio allo strumento? Come è cambiato secondo te l'approccio alla musica per le nuove generazioni oggi?
Diciamo che sono stato autodidatta per un sacco di tempo, poi lo 'studio' dello strumento è avvenuto negli anni anche con i vari scambi tra i vari musicisti. Non ho mai però frequentato una scuola vera e propria diciamo, o preso delle lezioni. Oggi è cambiato tutto: i giovani possono passare 8 ore al giorno a studiare uno strumento su YouTube e diventano tecnicamente incredibili. Vedo ragazzi pubblicare video in cui fanno delle scale a velocità impressionanti ma il rischio secondo me è che manchi il “cuore”: la velocità d'esecuzione è importante fino ad un certo punto, poi però devi essere in grado di suonare insieme ad altre persone. Il timing spesso non è lo stesso. Oggi poi è cambiato anche il mondo relativo alla promozione delle nuove band: non ci sono più le case discografiche, non esiste nemmeno più il concetto di “disco” oggi. Quindi per promuoversi le band devono passare attraverso i talent show o la rete, ma bisogna riuscire ad offrire qualcosa di straordinario per emergere.
Tra servizi che offrono milioni di brani in streaming (anche gratuitamente) e piattaforme come YouTube, oggi è cambiato anche il modo di ascoltare la musica...
Quando eravamo ragazzi noi, per “tirare giù” un pezzo di una band (per imparare quindi per esempio le varie parti suonate dai diversi musicisti), l'unico modo era comprare il vinile e ascoltare. Compravamo per esempio i 33 giri e li mettevamo sul giradischi a 16 giri, così la tonalità rimaneva uguale ma la velocità era dimezzata. Poi naturalmente noi vecchi volponi col tempo abbiamo affinato l'orecchio fino a captare anche una mosca che si poggia sulla corda di una chitarra. Oggi l'ascolto ovviamente è cambiato. Io ho una certa età e sono legato all'oggetto di culto, al vinile. Lo compravi per la copertina, per le note, per i testi all'interno. La velocità con cui si consuma la musica oggi è supersonica: una canzone che va alla grande oggi fra un mese potrebbe già non esistere più. L'offerta musicale è talmente ampia da risultare stordente. Noi per esempio abbiamo un disco pronto, che dovrebbe uscire, ma non sappiamo nemmeno noi che possibilità di pubblicazione scegliere, dobbiamo decidere.
Nel corso della tua lunga carriera hai avuto modo di collaborare con molti artisti, tra cui Fabrizio De André nella sua tourneè del 1975. Ricordi un episodio in particolare?
Mi ricordo di una serata al Palasport di Pisa. Eravamo in tour insieme a Gianni Belleno e Giorgio D'Adamo e Fabrizio quella sera aveva alzato un po' il gomito. Sul palco suonavamo da seduti e, chinandosi per prendere una sigaretta, ad un certo punto Faber ha perso l'equilibrio, cadendo in avanti e picchiando la testa. A quel punto Belleno si è alzato, tirando fuori una sorta di 'cartellino rosso' per dire a Fabrizio che era “espulso”. Faber si è subito messo a scherzare, dicendo che era una sorta di sketch preparato da proporre ogni sera al pubblico, ma Belleno dopo si è arrabbiato veramente, dicendo a Fabrizio che non avrebbe più dovuto bere whisky. Faber, devo dire, ha mantenuto la parola: alla serata successiva si è presentato con dell'amaro.