Il ''Grande Silenzio'' restaurato, al Film Festival: Corbucci strizza l'occhio a Leone ma nel finale ribalta tutto
Jean-Louis Trintignant e Klaus Kinski sono i protagonisti di questa pellicola culto (che ha ispirato Tarantino per Hateful Eight) che quest'anno compie 50 anni. Mentre in America sta riuscendo nelle sale è stata riproposta ieri al Cinema Modena. Una vera chicca con le musiche di Morricone a nobilitarla ancora di più
TRENTO. "Non me ne vogliano i registi in sala e gli appassionati del Festival ma era questo il film che non vedevo l'ora di presentare. Una vera pellicola di culto che non a caso ha ispirato Tarantino in tutto e per tutto nel suo Hateful Eight e che in questi giorni sta ri-uscendo nelle sale americane con titoloni e recensioni entusiaste anche sul New York Times". Sergio Fant non stava nella pelle ieri sera al cinema Modena, si vedeva. Da vero cinefilo aveva il più classico dei "pruriti alla mano" di ''Trinità-ria'' memoria e non poteva essere altrimenti. Poter presentare a Trento la versione restaurata de "Il Grande Silenzio" di Sergio Corbucci con Jean-Louis Trintignant e Klaus Kinski e le straordinarie musiche di Ennio Morricone a 50 anni dalla sua uscita nelle sale, non capita tutti i giorni.
C'è riuscito il Trento Film Festival mettendo in scena, ieri sera alle 21.15, questo film fondamentale nell'epopea del genere ''Spaghetti Western''. Un film diverso da tutti gli altri a cominciare dalle ambientazioni: si svolge tra le montagne e metri di neve di Cortina d'Ampezzo mentre solitamente si era abituati a paesaggi caldi, caldissimi, stile messicano (Almeria in Spagna era la ''casa'' della gran parte di queste produzioni). Come la neve arriva in ''silenzio'' così Silenzio, il protagonista interpretato da un Jean-Louis Trintignant modello Clint Eastwood (inizialmente Corbucci aveva pensato a Franco Nero come protagonista che aveva diretto due anni prima in Django, altro film culto per Tarantino, ma alla fine la coproduzione franco-italiana aveva optato per il coprotagonista de Il Sorpasso), arriva a Snow Hill, un luogo di frontiera, lontano da civiltà e legge dove a farla da padrona è la violenza e "da soli non si può lottare contro la violenza", dirà in un passaggio del film Vonetta McGee coprotagonista femminile.
Trintignant è il tipico ''buono'' leoniano, un antieroe solitario, uno straniero senza nome che insegue una sua giustizia personale, mosso essenzialmente dal sentimento di vendetta. Ricorda Armonica - Charles Bronson di C'era una Volta il West, film uscito lo stesso anno de Il Grande Freddo e guardando quanto accade al giovane Silenzio da ragazzino non può non venire in mente la scena della strage compiuta a Sweetwater da Frank-Henry Fonda e alla battuta, rivolta al bambino sopravvissuto "e di questo cosa ne facciamo Fank?".
Il ''cattivo'' è Klaus Kinski, stupendo e carismatico nel ruolo di bounty killer che, invece, agisce per denaro. Tigrero è spietato e spregevole. Tratta gli esseri umani come merce ma mantiene quel piglio ironico tipico dei western all'italiana. Curioso il tentativo di Silenzio di fargli mettere mano alla pistola. Usa un fiammifero che gli getta nel bicchiere per provocarlo. Tre anni prima, in Per Qualche Dollaro in Più, era Lee Van Cleef ad accendere sulla gobba di Klaus Kinski proprio un fiammifero per fargli perdere le staffe. Corbucci ''gioca'' con Leone usando molti dei ''suoi'' attori. Oltre al citato Klaus Kinski c'è Luigi Pistilli, Mario Brega e Frank Wolff (che in C'era una Volta il West farà la parte di Brett McBain).
E' proprio Wolff il ''brutto'', simpatico e intransigente sceriffo che si fa portatore di legge e giustizia. Fraternizza con Trintignant (geniale la battuta che gli rivolge, a lui che è muto, "non lo sapevo, potevate dirmelo") e prova a riportare la legalità in paese ma senza riuscirci. Tra riprese straordinarie, vere lezioni di regia, carrellate che accompagnano l'incedere dei cavalli e il passo degli stivali tra neve e alberi, qualche scena un po' più ingenua (ma perdonabile: stiamo parlando sempre di un cult movie) arriviamo al finale. Qui tutto si ribalta. Ogni canone viene rovesciato. Niente ''arrivano i nostri'' o sparatoria alla John Wayne. Ancora una volta il tributo a Leone è chiaro nel veloce alternarsi di sguardi e pistole e nell'inquadrare contemporaneamente colui che spara e colui che viene colpito (nel western classico americano queste sequenze erano sempre separate per turbare meno gli spettatori) ma rispetto anche a Leone questa volta il finale è davvero imprevedibile.
Talmente imprevedibile e spiazzante che la produzione, quando vide per la prima volta la pellicola, chiese a Corbucci un finale alternativo, più canonico dove la legge, alla fine, la spuntava, grazie allo sceriffo Wolf. Corbucci lo realizzò, si dice talmente male da costringere la produzione a propendere per la versione originale. Insomma uno "Spaghetti Western" davvero anomalo che tra neve e montagne potrebbe essere quasi ribattezzato un "Canederli Western" ma, siamo sicuri, faremmo ''prudere le mani'' a tantissimi amanti del genere definendolo così quindi alla fine meglio fare Silenzio.