Tentato incendio a Soraga nella futura casa dei profughi. L'arcivescovo Tisi: "Ritroviamo insieme le motivazioni dell'accoglienza"
Sono stati minimi i danni alla casa albergo della cooperativa Kaleidoscopio e Casl ma in molti già associano l'atto di vandalismo a un gesto politico. Fugatti: "Se fosse confermato ciò dimostrerebbe quanto possa essere rischioso il tentativo di imporre forzosamente alle comunità l'arrivo sul loro territorio di presunti profughi"
CAVALESE. Poteva andare molto peggio ma il gesto resta molto grave. Nella notte ignoti hanno provato ad appiccare un incendio alla casa albergo della cooperativa Kaleidoscopio e Casl, la struttura che da programmi avrebbe dovuto ospitare i profughi su in valle. Gli attentatori, però, per fortuna non sono riusciti nel loro intento e hanno provocato solo pochi danni: un vetro rotto e una fiammata accesa con del liquido all'esterno.
I carabinieri della compagnia di Cavalese, allertati dai vicini all'edificio, sono giunti sul posto, per compiere rilievi e verifiche. Al momento si tratta solo di un episodio di vandalismo ma certo è saltato subito all'attenzione di tutti il fatto che proprio quella fosse una delle strutture che sarebbero dovute diventare la casa di accoglienza di alcuni profughi.
E se è vero che i danni sono minimi e non ci sono, al momento, rivendicazioni o prove che colleghino le cose stampa e politica stanno già lanciando l'allarme. "Il tentativo di incendio avvenuto a Soraga - comunica Marizio Fugatti della Lega Nord - qualora fossero confermate le prime notizie sui fatti accaduti, dimostra quanto possa essere rischioso il tentativo di imporre forzosamente alle comunità l'arrivo sul loro territorio di presunti profughi. Le azioni di forza sulle comunità in un momento così delicato sotto il profilo sociale ed economico rischiano di ottenere reazioni altrettanto violente di tipo contrario e nella direzione opposta. Se da un lato è da stigmatizzare una simile azione, che se portata a compimento avrebbe potuto avere esiti ben più gravi, dall'altra è altrettanto da criticare un sistema di accoglienza nazionale e provinciale forzoso che vuole imporre ai territori le proprie scelte".
Prende posizione anche dell' arcivescovo Tisi: "Ogni censura di quanto avvenuto, pur motivata nella durezza, non è tuttavia sufficiente se resta la voce dell'istituzione e non spinge a un'assunzione di responsabilità collettiva. Siamo tutti chiamati, e lo ripeto in primo luogo alla comunità ecclesiale, a restituire dignità e diritto di cittadinanza a questi nostri fratelli che pagano a caro prezzo l'iniquità di un contesto politico e socio-economico che li ha costretti a fuggire dalla loro terra. Si tratta dunque sì di dissociarsi da ogni chiusura immotivata, da ogni gesto istintivo di chi vuole marcare un confine invalicabile ma è necessario, soprattutto, ritrovare insieme le motivazioni di un'accoglienza che non è buonismo, ma una forma di giustizia. La Chiesa trentina continuerà a collaborare con le istituzioni provinciali per aprire le porte non solo delle proprie strutture, ma di quella parte migliore che sta dentro ognuno di noi e di cui il Trentino, e per prima la Val di Fassa, ha sempre dato prova".