Nuovo anno vecchi problemi, in Italia più pensionati che lavoratori (Bolzano e Trento si salvano Belluno no) e la curva demografica fa paura
L'analisi condotta dalla Cgia di Mestre mostra come al Sud ci sia un gap difficilmente colmabile tra chi lavora e chi è in pensione. Tra le province meglio di Bolzano fanno solo Milano, Bergamo, Brescia, Treviso, Verona e Roma. Belluno ha già un saldo negativo con mille pensionati in più rispetto ai lavoratori
TRENTO. Che il Paese Italia si stia sempre più avvitando su sé stesso verso un abisso di decrescita e difficoltà sta tutto in questo dato: al primo gennaio 2022 erano 205 mila le pensioni erogate agli italiani (pari a 22 milioni e 759 mila assegni) in più rispetto alla platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (22 milioni 554 mila addetti). A dirlo è l'ultima analisi pubblicata dall'Ufficio studi della Cgia di Mestre che mostra come i saldi ''attivi'' si registrino essenzialmente solo al Nord e poi nel Lazio e in Toscana per il Centro. Al Sud, infatti, è più la gente che percepisce la pensione che quella che lavora con un gap enorme di 1milione e 244 mila pensionati in più rispetto ai lavoratori.
Un abisso che si traduce in improduttività e che pare destinato a peggiorare ancora vista l'attuale curva demografica. Basti pensare che ad oggi la fetta di popolazione italiana che viaggia verso la pensione (prendiamo in considerazione la fascia tra i 50 e i 64 anni) rappresenta il 23% del totale degli italiani mentre la coorte che dovrebbe avvicinarsi al mondo del lavoro, e quindi sostituire chi invece quel mondo lascerà (dai 15 ai 29 anni), si ferma al 14,9% (QUI APPROFONDIMENTO).
Quello dell'inverno demografico e quindi del costante calo di manodopera e di produttività del Paese e dell'aumento spropositato e sproporzionato dei costi per i pensionati è uno dei veri grandi temi per il futuro dell'Italia. Tra l'altro va anche considerato il fatto che il nostro Paese ha la quinta più alta aspettativa di vita del mondo e che questa, tolto il biennio del Covid, è in costante crescita da tempo: addirittura nel 2004 la speranza di vita per gli uomini era 77,4 anni e per le donne 82,7 mentre oggi è di 80,8 anni per gli uomini (era arrivata a 81,4 anni nel 2019, prima del Covid) e di 85,1 anni (era arrivata a 85,6 nel 2019) per le donne.
La Cgia segnala che tra il 2014 e il 2022 la popolazione italiana nella fascia di età più produttiva (25-44 anni) è diminuita di oltre un milione e 360 mila unità (-2,3 per cento). Insomma i problemi sono destinati ad acuirsi anche in quei territori dove ad oggi si registrano saldi ''positivi'' come accade, per esempio in Trentino Alto Adige.
Nel dettaglio, infatti, la Provincia di Bolzano è tra quelle che mostra i dati migliori con un +76.000 lavoratori rispetto ai pensionati mentre quella di Trento viaggia su una cifra quasi dimezzata: +39mila lavoratori rispetto ai pensionati. Il dato regionale si assesta su un +114 mila lavoratori rispetto ai pensionati che rappresenta il quinto saldo migliore d'Italia (davanti ci sono Lombardia, Veneto +291mila, Emilia Romagna +191mila, Lazio +251mila).
Meglio di Bolzano fanno, come province, Milano (+299mila lavoratori), Bergamo (+83mila) e Brescia (+111mila) in Lombardia (che come dato regionale è quello migliore con un +658mila lavoratori rispetto ai pensionati), Treviso (+78) e Verona (+77) in Veneto e Roma (+275) nel Lazio. In rosso, anche se di poco, la provincia di Belluno che fa segnare 1.000 lavoratori in meno rispetto ai pensionati. I dati peggiori, come detto, sono al Sud. A livello regionale Puglia (-276mila lavoratori rispetto ai pensionati) e la Sicilia (-340mila) sono quelle con i dati più in rosso. A livello provinciale la peggiore è Napoli con 137 mila pensionati in più dei lavoratori.
Per quanto concerne questi ultimi risultati fatti segnare al Sud, Cgia di Mestre segnala che, rispetto alle altre ripartizioni geografiche d'Italia, il numero degli occupati è sensibilmente inferiore. Infine la Cgia evidenzia che il risultato di questa analisi è sicuramente sottodimensionato; in Italia ci sono poco più di un milione e 700 mila occupati che dopo essere andati in pensione continuano, su base volontaria, a esercitare ancora l'attività lavorativa in piena regola.