Nonostante i fiocchi di maggio il deficit di neve rimane profondo: “Ne manca la metà, gli accumuli nevosi (come la siccità) devono essere visti come una maratona”
L'analisi della Fondazione Cima dopo le precipitazioni di maggio: grazie alle temperature fresche registrate nel periodo, lo Snow water equivalent in alcune zone (come la Val d'Aosta) è addirittura doppio rispetto a quello dell'analogo periodo del 2022 . In generale però, nonostante un marginale miglioramento in alta quota, il deficit di neve rimane profondo: “A oggi i nostri ricercatori e ricercatrici lo stimano di circa il -49% rispetto agli ultimi 12 anni”
TRENTO. Nonostante le precipitazioni del mese di maggio abbiano portato anche un po' di neve fresca ad alta quota (Qui il video della situazione ieri sulla cima della Marmolada, a 3.343 metri di quota), il deficit dello Snow water equivalent, cioè l'acqua contenuta nella neve, a livello nazionale rimane significativo: a livello numerico, si stima circa il 49% in meno rispetto agli ultimi 12 anni. È questo in sintesi quanto riportato dalla Fondazione Cima (Centro internazionale in monitoraggio ambientale) nel suo ultimo approfondimento sulla quantità di riserva idrica nivale presente in Italia.
“Quello del 2023 – dicono gli esperti – è stato un maggio decisamente piovoso (con conseguenze anche molto gravi, se si pensa alle alluvioni dell'Emilia Romagna) e certo anche il mese di giugno non è iniziato all'insegna del 'bel tempo'. Ma cosa significa questo per la riserva idrica nivale italiana? Ci può aiutare a mitigare la siccità degli scorsi mesi?”. Per rispondere a queste domande (e per verificare lo stato di uno dei nostri più importanti 'serbatoi' d'acqua: la neve) la Fondazione Cima segue con attenzione l'andamento dello Snow water equivalente (Swe), il parametro che descrive la quantità di acqua contenuta nella neve.
“Il picco di accumulo di neve si registra storicamente, in Italia, a metà di marzo – si legge nel report – e avevamo dunque già segnalato come il deficit (rispetto alla media degli ultimi 12 anni) potesse definirsi stabilizzato, ad aprile, con un -64% dello Swe”. Poi però, spiega Francesco Avanzi, ricercatore dell'ambito idrologia e idraulica della Fondazione: “Maggio ha portato l'ingrediente che è mancato nel corso di tutto lo scorso inverno: le precipitazioni. Si tratta principalmente di pioggia ma, a elevate altitudini, anche di un po' di neve”. Una situazione che, unita a temperature relativamente fresche per il periodo, ha portato l'attuale Swe a livelli più alti, fino al “doppio di quello del 2022 per questa data in alcune aree di Italia, come la Valle d'Aosta”.
Va poi sottolineato che la situazione a cavallo di maggio e giugno lo scorso anno era ben diversa da quella attuale, tra siccità e temperature record (maggio 2022 in particolare, aveva spiegato a il Dolomiti il presidente della Società meteorologica italiana Luca Mercalli, è stato uno dei più caldi degli ultimi 200 anni, Qui Approfondimento), ed il miglioramento registrato quest'anno, spiegano infatti gli esperti di Cima: “Non consente di dire che ora abbiamo abbastanza neve”.
Le ragioni sono principalmente due: “Innanzitutto, la maggior parte della neve italiana si trova attualmente al di sopra dei 2.500 metri di quota, ossia in un'area molto limitata della nostra penisola (il 2% circa). Ciò significa che, sebbene la neve di maggio possa rappresentare una buona notizia per le alte quote (e quindi per esempio per i nostri ghiacciai), essa raramente modifica in modo significativo lo Swe a larga scala, ovvero per tutto il territorio italiano”. La seconda ragione è da ricercare invece nella disomogeneità delle nevicate, che sono appunto avvenute in modo molto diverso nelle differenti aree italiane: “Per esempio, il deficit di Swe delle Alpi è molto differente tra quelle orientali e quelle occidentali, nelle quali risulta più marcato".
Così, nonostante un marginale miglioramento ad alta quota, il deficit di neve in Italia rimane come detto profondo: a oggi, i ricercatori lo stimano di circa -49% rispetto agli ultimi 12 anni. In conclusione, sottolinea Avanzi: “Diciamo sempre che l'accumulo di neve deve essere visto come una maratona. Deve perdurare nel tempo ed essere costante. Purtroppo, la stessa similitudine della maratona può essere applicata anche al fenomeno della siccità. Anch'essa infatti si sviluppa nel corso dei mesi (non bastano certo pochi giorni senza pioggia per dire che ci si trova in un periodo secco), con una mancanza di precipitazioni e un impoverimento della riserva idrica che va facendosi via via più marcato. E gli stessi effetti della siccità emergono nel tempo, man mano che la scarsità d’acqua si va facendo sentire sugli ecosistemi, sulle coltivazioni, sull’approvvigionamento energetico, sulla falda acquifera e quindi sui nostri fiumi. È per questa ragione che gli strumenti di monitoraggio della siccità sono così importanti e, allo stesso tempo, complessi, perché devono riuscire a tenere in considerazione tutti gli aspetti del ciclo dell’acqua, dalla riserva rappresentata da neve e ghiacciai fino al suo impiego nelle attività antropiche”.