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“Stop alle forniture russe? Al momento non c'è gas per sostituirle”. Tabarelli a il Dolomiti sulla crisi energetica e le sfide del futuro: “Il Trentino è un riferimento per le rinnovabili”

Crisi energetica, rinnovabili e le sfide del futuro (anche del Trentino), il presidente di Nomisma Energia fa il punto della situazione: "Diciamo che sarebbe bello se fosse possibile in pochi mesi sostituire il gas russo, ma non è così. Oggi non c'è la disponibilità dei miliardi di metri cubi di cui avremmo bisogno”

Di Filippo Schwachtje - 08 maggio 2022 - 06:01

TRENTO. “Nel caso si bloccasse l'arrivo di gas dalla Russia, dovremmo necessariamente tagliare le forniture per arrivare all'inverno, quando i consumi sono quattro volte più alti che in estate, con un livello di scorte adeguato”. Nel breve periodo insomma, spiega a il Dolomiti il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli, lo stop ai circa 29 miliardi di metri cubi di gas che ogni anno arrivano nel nostro Paese da Mosca ci porrebbe davanti alla necessità di razionamenti, nonostante il governo sia al lavoro su diversi fronti per cercare di ridurre la dipendenza energetica italiana dalla Russia. Una sfida che tocca dimensioni diverse e che dall'aumento della capacità estrattiva 'nostrana' va fino all'utilizzo e allo sviluppo di tecnologie legate alle fonti rinnovabili, ambito in cui, dice Tabarelli: “Il Trentino è un punto di riferimento da anni, soprattutto per quanto riguarda la produzione di energia idroelettrica”.

 

A livello nazionale comunque, spiega il presidente di Nomisma Energia: “Il Governo ha sempre usato toni 'ipotetici', ponendosi più che altro un obiettivo al quale puntare. Diciamo che sarebbe bello se fosse possibile in pochi mesi sostituire il gas russo, ma non è così. Oggi non c'è la disponibilità dei miliardi di metri cubi di cui avremmo bisogno”. Alla base del problema ci sono infatti difficoltà di natura tecnica, spiega Tabarelli, visto che le tempistiche per la realizzazione delle enormi infrastrutture necessarie per trasportare il gas nel nostro Paese si muovono nell'ordine degli anni. La crisi che ci troviamo a vivere oggi però ha radici profonde e può essere ricondotta in parte ai molti 'no' che, sul fronte energetico, sono stati detti in passato in Italia. “Sostanzialmente – sottolinea il presidente di Nomisma Energia – l'aumento del livello d'estrazione di gas dai nostri giacimenti è ancora un capitolo chiuso. Si è parlato di rigassificatori, ma anche in questo caso diversi 'no' sono già arrivati dai sindaci dei territori interessati. Io vivo a Bologna e su questo fronte già vedo le proteste delle associazioni ambientaliste. Di nucleare poi, non se ne parla nemmeno. Il tutto senza considerare che, in ogni caso, queste scelte richiederebbero anni prima di dare i loro frutti”.

 

In generale tra gli elementi che hanno portato l'Italia nell'attuale situazione sul fronte energetico ce n'è quindi anche uno riconducibile in qualche modo alla sindrome Nimby (dall'inglese 'not in my back yard', 'non nel mio cortile'), che ci ha portato negli anni a rinunciare a diverse occasioni affidandoci, in sostanza, all'importazione di gas dalla Russia (che oggi soddisfa  il 37,8% del nostro fabbisogno). Ma non bisogna dimenticare anche un fattore politico: “Il nostro è un Paese complesso, variegato e disordinato – sottolinea Tabarelli – e non si capisce mai chiaramente su che posizioni sia orientato. Attualmente per esempio, in Parlamento e in maggioranza c'è una fetta consistente di 5Stelle, che sono sempre stati contrari a tutto ciò che riguarda i combustibili fossili, a prescindere dalla crisi”. E nonostante il contesto attuale debba necessariamente inserirsi nella più ampia cornice della transizione ecologica, per il presidente di Nomisma Energia: “Nei prossimi anni sarà molto difficile poter far a meno dei fossili. Pensiamo che vento e solare contano per il 17% della domanda elettrica italiana, e per il 6% del totale dei consumi energetici. Se al mix aggiungiamo l'idroelettrico possiamo raddoppiare queste cifre”. Ma i numeri sono ancora bassi.

 

Nonostante però il ruolo centrale delle fonti fossili (dovuto in parte anche ad anni di incentivi e politiche a loro favore), lo sviluppo delle rinnovabili è ovviamente uno dei temi chiave per le sfide energetiche del futuro e, come detto, il Trentino in questo ambito è “da anni un punto di riferimento”, sottolinea Tabarelli, in particolare per quanto riguarda l'idroelettrico. “Anche su questo fronte – continua il presidente di Nomisma Energia, che parteciperà anche al Festival dell'Economia di Trento in un incontro dedicato proprio alle rinnovabili sul territorio provinciale – ci sarebbero teoricamente ulteriori margini di sviluppo, ma spesso s'incontra un'opposizione tra la popolazione per l'impatto di eventuali progetti. Sulle Alpi per esempio in questo periodo si prevedono opere di potenziamento, ma per il futuro credo sarebbe già molto riuscire a realizzare la manutenzione straordinaria sui giacimenti esistenti, sperando di riuscire a mantenere l'attuale capacità di produzione”. 

 

Per Tabarelli, che in Trentino, precisamente in Val di Non, ci è cresciuto (“voglio ricordare che la società trentina ha sempre sfruttato le potenzialità energetiche locali con grande tecnica, a partire ovviamente dai boschi fino all'evoluzione nel campo idroelettrico, iniziata nell'ultimo secolo e mezzo anche grazie ad un personaggio storico per la cooperazione trentina come l'ingegnere  Emanuele Lanzerotti”), nel settore idroelettrico oggi gli investimenti dovrebbero puntare a modelli innovativi come i bacini di accumulo: “Si parla della possibilità di stoccaggio in alta quota, dove pompare  l'acqua dal basso nei momenti di grande produzione, mantenendo quindi una 'riserva' pronta da utilizzare eventualmente in seguito”. Il Trentino poi, conclude il presidente di Nomisma Energia, rappresenta un esempio virtuoso anche per quanto riguarda le biomasse, legate per esempio all'utilizzo del legno: “Oggi è necessario pensare che anche il bosco rappresenta una delle tante soluzioni di cui abbiamo bisogno per superare questa delicata fase”.

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