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Caldo e siccità, Zardi: “In Trentino si utilizzerà sempre di più l'aria condizionata e sempre meno il riscaldamento. Senza tagli alle emissioni temperature su di oltre 5°”

I dati parlano chiaro: senza importanti misure di mitigazione delle emissioni climalteranti, in Trentino la temperatura media giornaliera crescerà di oltre 5,5 gradi entro la fine del secolo. Ma anche tagliando la CO2 liberata in atmosfera, nei prossimi decenni le temperature continueranno ad alzarsi, il professore dell'Università di Trento Dino Zardi: “Dovremo prepararci a mettere in campo misure di mitigazione e di adattamento”. Tra bacini in quota e infrastrutture 'verdi', ecco cosa si potrà fare

Di Filippo Schwachtje - 21 giugno 2022 - 06:01

TRENTO. “Questa sarà l'estate più fresca del resto della tua vita”. Recita così, parafrasando una famosa battuta contenuta nel film dei Simpson, un meme che negli ultimi giorni è circolato parecchio sui social. Una battuta ben lontana, ovviamente, dal rigore delle previsioni che nel corso dei decenni innumerevoli scienziati hanno ripetuto, ma che fa riferimento in sostanza ad un futuro molto simile. “Ondate di caldo come quella che stiamo osservando in questa fase – spiega infatti a il Dolomiti il professore dell'Università di Trento e responsabile scientifico del Festivalmeteorologia Dino Zardi – saranno sempre più frequenti nei prossimi anni, dovremo prepararci a mettere in campo contemporaneamente misure di mitigazione e di adattamento”. 

 

Parlando di dati, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici riporta come, in assenza di importanti tagli alle emissioni di sostanze climalteranti nell'atmosfera, alla fine di questo secolo le precipitazioni estive caleranno drammaticamente in tutto il Paese (oltre il 70% in meno), portando ad una crescita consistente dei giorni consecutivi senza pioggia. Il cambiamento per quanto riguarda quest'ultimo dato sarà meno evidente in Trentino ed in generale nelle zone montane rispetto al resto del Paese, ma proprio il nostro territorio sarà uno dei più interessati a livello nazionale dall'aumento della temperatura media giornaliera, con una crescita per la fine del secolo di oltre 5,5 gradi centigradi.

 

Si tratta di dati allarmanti, anche se ampiamente previsti, come detto, dalla comunità scientifica. Dati che riflettono tra l'altro una tendenza che, anche in uno scenario con forti misure di mitigazione per il controllo delle emissioni (“entro il 2070 le emissioni di C02 scendono al di sotto dei livelli attuali e la concentrazione atmosferica si stabilizza, entro la fine del secolo, a circa il doppio dei livelli preindustriali”), non si arresterebbe, ma verrebbe solo rallentata. Su buona parte del Trentino per esempio, anche in presenza di una forte riduzione delle emissioni, la temperatura media giornaliera nel 2100 si innalzerà comunque di poco meno di 3 gradi centigradi

 

“Da qui a fine secolo – ribadisce infatti Zardi – le tendenze saranno comunque in aumento, con tutto quello che ne consegue: ondate di caldo, periodi di siccità, eventi estremi e via dicendo. Dobbiamo insomma prepararci a misure sia di mitigazione che di adattamento che interesseranno almeno due generazioni”. Sarà necessario in particolare lavorare sulle infrastrutture, dice il professore dell'Università di Trento, visto che proprio le città saranno le più colpite dalle ondate di caldo. “Bisogna fare in modo che gli edifici siano il più efficienti possibili – sottolinea Zardi – e che le aree urbane siano resilienti. Pensiamo per esempio alle sperimentazioni offerte dai tetti e dalle pareti 'verdi', oltre che all'importanza della aree verdi più 'tradizionali'. Dovremo poi adattarci ad un utilizzo più consapevole dell'acqua, visto che probabilmente ce ne sarà progressivamente sempre di meno”. 

 

Una problematica, quella relativa all'assenza di acqua, che già oggi ha portato ad un vero e proprio allarme in diversi territori del Nord Est, compreso il Trentino (Qui Articolo), mentre i fiumi sono in secca (Qui Articolo) ed a livello politico si cercano di gestire le scarse risorse idriche presenti (Qui Articolo). “Una possibile soluzione per il futuro – continua il responsabile scientifico del Festivalmeteorologia – è rappresentata anche dal ripristino, o dalla costruzione ex novo, di serbatoi in quota per conservare l'acqua in occasione delle precipitazioni, che oggi sono sempre più a carattere piovoso anche in alta montagna. Ormai anche in quota infatti la neve si sta facendo più rara, e quella che cade fonde sempre più velocemente: i serbatoi sono quindi l'unica soluzione per 'trattenere' l'acqua sul territorio e poterla così utilizzare nei momenti di scarsità, come quello che stiamo affrontando in questa fase”. 

 

Dal punto di vista della transizione ecologica poi, i bacini possono avere una doppia valenza, fungendo anche da infrastrutture per la creazione di energia idroelettrica. Un'idea che il Dolomiti aveva già approfondito con il presidente di Nomisma Energia Davide Tabarelli (Qui Articolo). “Il ricorso all'energia idroelettrica in questo caso – aggiunge Zardi – è un caso lampante di conciliazione tra una misura di mitigazione (la riduzione delle emissioni climalteranti che porterebbe un'aumento della produzione di energia idroelettrica) e di adattamento (la creazione dei bacini stessi). In questa fase dobbiamo rivedere tutte le nostre climatologie al rialzo: già oggi vediamo crescere la probabilità di più giornate consecutive con temperature alte. Anche a livello provinciale, guardando al piano energetico ambientale per il Trentino, si  capisce come in futuro diminuirà progressivamente il bisogno di riscaldamento, mentre aumenterà quello di raffrescamento”. 

 

Si arriverà insomma, soprattutto nelle zone più basse, al paradosso (almeno per il Trentino) di dover necessitare di più dell'aria condizionata che del riscaldamento: “Una situazione – conclude Zardi – che porterà tra l'altro ad un ulteriore peggioramento dal punto di vista del cambiamento climatico, visto che da una parte si utilizzerà sempre più energia (proveniente per la maggior parte da fonti non rinnovabili), mentre dall'altra, raffrescando gli ambienti interni, si contribuirà inevitabilmente al surriscaldamento di quelli esterni. Il secondo principio della termodinamica non lascia scampo. L'obiettivo per i prossimi anni sarà quello si soddisfare con misure innovative, come per esempio i tetti verdi e l'efficientamento energetico degli edifici, tutto questo bisogno di raffrescamento”. 

 

In ogni caso, 'prepararsi' in anticipo sarebbe stato possibile: “La comunità scientifica lo diceva da decenni – conclude Zardi –, nei documenti pubblicati dall'Intergovernmental Panel on Climate Change per esempio, era chiaro che questa sarebbe stata la tendenza. Nessuno però ci voleva credere”.

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