Il sindaco fa rimuovere i manifesti antiabortisti, Dalzocchio e Cia attaccano: “Censura su un pensiero diverso”
I consiglieri Dalzocchio e Cia hanno criticato il sindaco di Trento per aver fatto rimuovere i manifesti che paragonavano la pillola abortiva al veleno. La capogruppo leghista chiede “coerenza” nell’informare le donne delle conseguenze delle loro scelte, ma cita studi di 15 anni fa e dimentica i pareri favorevoli del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Agenzia Italiana del Farmaco
TRENTO. Dopo le proteste partite dalle attiviste di Non Una di Meno, il sindaco di Trento Franco Ianeselli è intervenuto per far rimuovere i manifesti antiaborto affissi nel capoluogo dalla onlus “Pro Vita & Famiglia”: “Ho dato disposizione di rimuovere i cartelli – spiegava il primo cittadino – perché se manifestare pubblicamente le proprie opinioni è un diritto, non è tollerabile il ricorso a falsità per sostenere il proprio punto di vista”.
Una decisione che si è guadagnata il plauso della associazioni che difendono i diritti delle donne ma che ha provocato la reazione della destra. La consigliera leghista Mara Dalzocchio per esempio, ha fatto sapere di aver accolto “con profondo sconcerto la decisione del sindaco di Trento”, prendendo di fatto le parti della onlus che tramite i manifesti ha paragonato la pillola abortiva al veleno.
Più cauto il consigliere provinciale di Agire, Claudio Cia, che già in passato aveva preso posizione contro l’aborto: “Personalmente posso non condividere lo stile di linguaggio utilizzato in questa specifica campagna, preferendo la propositività di chi nella società si adopera quotidianamente per promuovere il diritto a nascere dei figli che si trovano nella fase prenatale della loro esistenza, ponendosi al fianco delle loro madri. Mi spaventa però come chi si riempie la bocca di ‘libertà’, impone poi la censura su un pensiero diverso”.
Ad ogni modo, secondo i Pro-vita l’aborto farmacologico, tramite Ru486, sarebbe “ancora più pericoloso per la donna che l’aborto chirurgico”, a sostegno di questa tesi la consigliera leghista cita un non meglio precisato studio risalente a quindici anni fa (2005) riportato sulla rivista “New England Journal of Medicine” dove si sosterrebbe che l’aborto per via farmacologica presenterebbe “una mortalità superiore fino a 10 volte rispetto a quello chirurgico”.
Eppure, già nel 2009, si riunì la commissione Igiene e Sanità del Senato proprio per discutere di aborto farmacologico (noto anche come medico) e Ru486 dove venne citato l’articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine. “La questione delle informazioni sulle morti è complicata – dichiarava Assunta Morresi, docente di chimica fisica all’Università di Perugia – proprio perché non esistono dati facilmente paragonabili. Ho riportato in nota alla memoria consegnata un dato certo, pubblicato dal New England Journal of Medicine, che considero come riferimento generale per tutti. Riguardo agli Stati Uniti – aggiungeva l’esperta – dal 1988 al 1997, 25 morti materne ad ogni età gestazionale (quindi, per tutto il tempo della gravidanza) sono state attribuite ad infezioni in seguito ad un aborto chirurgico, su 13.161.000 aborti chirurgici. Dal 2001 al 2005 risultano cinque morti materne per infezione da Clostridium Sordellii dopo aborto medico, a fronte di 460.000 presunti aborti medici. Non risultano altre morti da infezione dopo aborto medico. Questo è l’unico dato su cui posso pronunciarmi con certezza, mentre il resto è veramente complicato, perché i casi non sono paragonabili, i dati non sono attendibili o non sono riportati da riviste sufficientemente accreditate”.
In altre parole per entrambi i tipi di aborto i rischi esistono ma sono molto ridotti. Dalzocchio infine, parla anche di “coerenza” nell’informare le donne delle conseguenze delle loro scelte, dimenticando però che le nuove linee guida sull’utilizzo della pillola abortiva (le stesse che gli antiabortisti vorrebbero far ritirare) sono state approvate con il parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Agenzia Italiana del Farmaco i massimi organi di consulenza tecnico scientifica del Ministro della salute.