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I grandi carnivori ''visti'' con gli occhi di un pastore nel cuore del Lagorai. Albino Stroppa: “Non li voglio morti, ma ora ho paura per la mia famiglia. Perché non creare dei guardiani dei lupi?"

Una minaccia, quella dei grandi carnivori, di difficile comprensione per chi non la vive sulla propria pelle ogni giorno. Cosa pensano e cosa propongono gli allevatori che invece sono costretti a convivere con questi animali? Il Dolomiti è andato a Malga Ezze per chiederlo alla famiglia Stroppa, pastori da generazioni, attaccati dai lupi lo scorso venerdì 14 agosto e quanto emerso è già molto di più di quanto sentito dalla politica provinciale negli ultimi due anni che oltre a brandire la clava non ha fatto nulla

Di Luca Pianesi, Claudia Schergna e Lucia Brunello - 26 agosto 2020 - 05:01

TRENTO. Quello che pubblichiamo è un reportage fatto da Claudia Schergna e Lucia Brunello nel cuore del Lagorai. Negli scorsi giorni una predazione di pecore da parte di alcuni lupi ha scosso le coscienze portando la Provincia e Fugatti addirittura a dichiarare che sarebbero stati ''constatati palesi indizi di un'eccessiva confidenza dei lupi''. Si è tornati a parlare di ''pericolo per le persone'' (cosa che, va sempre sottolineato, negli ultimi 150 anni non è mai stata provata in nessuna parte d'Italia) e allora abbiamo voluto parlare con Albino Stroppa di persona, lui che i lupi se li è trovati a pochi metri di distanza in azione durante l'attacco al suo gregge.

 

Lui ha temuto per la sua incolumità e per l'incolumità della sua famiglia e dei suoi animali. Questo è il suo racconto che va letto e ascoltato con attenzione per comprendere il fenomeno di cui tanto si parla e che la politica cavalca per spostare voti e per evitare di affrontare problemi ben più grandi. Va letto con alcune consapevolezze alle spalle: 

 

- che nel 2019 tutti i grandi carnivori (lupi e orsi insieme) in Trentino hanno causato circa 190.000 euro di danni e che un marciapiede come quello di Sardagna lungo 340 metri costa circa 390.000 euro

- che, in realtà, l'anno scorso i lupi hanno causato 37.394 euro di danni (meno di quanto costerebbe l'auto di servizio del Presidente della Provincia, nuova: una Giulia dell'Alfa Romeo che ha un prezzo base intorno ai 39.000 euro) con un calo del 32% rispetto all'anno precedente (''si ritiene possa essere legato - scriveva il rapporto Grandi Carnivori della Pat - all’adozione da parte degli allevatori di sistemi più accorti di gestione di greggi e mandrie (...) e di misure di prevenzione idonee alla riduzione del rischio di predazione come la custodia, recinzioni e cani da protezione'');

- che siamo una società ormai consapevole (quasi tutti) del fatto che il suo rapporto con la natura rischia di essere compromesso per sempre con conseguenze nefaste prima di tutto (se la vogliamo vedere dal punto di vista antropocentrico) per noi esseri umani, che questa è una delle grandi partite sulle quali si gioca il futuro del pianeta non solo il nostro e che per questo ci arrabattiamo a consumare meno plastica, a ridurre le emissioni, a convertire gli impianti energetici e a fare gesti semplici ma cruciali come la raccolta differenziata a casa ma che, al tempo stesso, abbiamo una classe politica che si sta dimostrando non all'altezza a gestire un centinaio o poco più di animali fondamentali per la conservazione della biodiversità.

- che abbiamo tecnologie avanzatissime per abbattere le emissioni di Co2, ricavare l'energia dal sole e dalla forza del vento, spendiamo per comprare mezzi di trasporto elettrici e prodotti biologici, ma chi ci governa non sa proporre altro che la clava per gestire il rapporto tra uomo e grandi carnivori. Gli esemplari pericolosi vanno rimossi (lo prevedono anche i protocolli), servono prevenzione, informazione, dissuasione, ma dire che ''sono troppi'' a prescindere non è che la sensazione di persone che fino a qualche anno fa pensavano che i lupi fossero stati reintrodotti da chissà chi e lo dicevano anche in Aula (QUI IL VIDEO).

- che a chi vive a stretto contatto con questi animali vanno date risposte perché se ci sono cittadini che hanno paura e che stanno subendo dei danni meritano di essere ascoltati e aiutati pochi o tanti che siano loro e pochi o tanti che siano i danni che poi l'ente pubblico deve risarcire

 

Le soluzioni esistono e anche se non all'inizio non saranno perfette (cosa lo è?) saranno sempre perfettibili. Albino ne propone una: è già molto di più di quanto sentito dai nostri politici negli ultimi due anni, con la consapevolezza che i progetti di tutela dei grandi carnivori non sono delle ''colpe'' del Trentino ma delle straordinarie medaglie di cui andare fieri con il mondo che vanno migliorati e sviluppati (anche dal punto di vista dell'immagine). L'unica certezza, questo sì, è che chi agita la clava prima o dopo finirà per darsela in testa e per lanciarla sul piede di chi cerca di convincere

 

di Claudia Schergna e Lucia Brunello

Siamo partite da Trento con destinazione Malga Ezze, sita a quasi 2.000 metri di quota in una cornice di natura schietta e incontaminata, tipica dello stupendo Lagorai. Più salivamo, infatti, e più ci rendevamo conto del totale senso di isolamento in cui ci stavamo addentrando. È la famiglia Stroppa, originaria di Torcegno, che ha rilevato la tradizione pastorizia delle generazioni precedenti. 

 

 

I coniugi Stroppa, Albino ed Eleonora, hanno quattro figli, due ragazze e due ragazzi, tutti impegnati a svolgere i mestieri di malga nei mesi estivi, nonostante conducano una vita propria durante l’anno. Avevamo già sentito parlare di Federica, 18 anni, che qualche giorno prima aveva condiviso un video per sensibilizzare sulla problematica delle predazioni.

 

 

Una volta arrivate siamo calorosamente state accolte da Eleonora, e poi ci siamo incamminate per raggiungere il gregge partito alle 5 del mattino. Nonostante le indicazioni dateci, ci siamo velocemente rese conto che il percorso non sarebbe stato semplice. Arrampicandoci in mezzo a sassaie di porfido, risalendo prati erti senza traccia di sentiero, non riuscivamo a non pensare alla complessità della vita pastorizia. Cercavamo tracce del passaggio delle pecore per capire in che direzione proseguire. Infatti, nonostante ci fossimo accordate con il pastore nei giorni precedenti la nostra visita, non c’era la possibilità di chiamarlo perché il telefono lassù non ha ricezione.

 

 

Abbiamo quindi raggiunto una piccola forcella, con l'idea di scollinare e di scrutare le vallate dall’alto, sperando di individuare il gregge. Continuavamo a camminare in cresta, cercando la macchia bianca formata dalle tante pecore, rapite dallo sterminato paesaggio incontaminato del Lagorai. Tendendo l’orecchio e facendo attenzione a dove appoggiavamo i piedi, abbiamo proseguito per qualche centinaio di metri. Tutto sembrava tacere. E poi eccole li: un migliaio di piccole macchiette bianche adagiate e sparse sul fondo di una verdissima valletta sotto di noi. Avremmo scoperto di lì a poco che proprio in quel punto, dove poggiavamo i nostri piedi, qualche giorno prima erano comparsi i lupi, utilizzando la stessa nostra tecnica, salire il più in altro possibile per poter avere una visuale completa.

 

Scendendo abbiamo incontrato Federica, che aiuta il padre con il pascolo tutta l’estate e sogna di diventare veterinaria. Era presente anche lei durante la predazione ma non ha voluto parlarcene, forse ancora troppo scossa. Una pecora anziana sedeva vicino a lei, come per farle compagnia. Succede così nei greggi, che le pecore più anziane finiscono per seguire il pastore in tutto e per tutto e guidano le altre seguendo gli ordini quasi fossero dei cani.

 

 

Siamo scese ancora, passando in mezzo a centinaia di pecore che brucavano. Lì era seduto Albino, con il suo cane, a controllarle. Al primo accenno alla predazione del venerdì precedente, il pastore si è mostrato visibilmente scosso: “Mi tremano ancora le gambe. Mia figlia urlava, gridava perché non mi vedeva più”. Mentre ci parlava il pastore teneva gli occhi fissi sulle pecore, senza mai abbassare la guardia, forse ancora per paura che alla sua minima distrazione le sue pecore, a cui è legato da un sincero affetto, potessero trovarsi in pericolo.

 

Era infatti stato l'anomalo comportamento del gregge a colpire il pastore e fargli notare l’intruso: “Quando c’è un capriolo le pecore si dividono. Invece questa volta venivano avanti tutte compatte”. Quello che più ha scosso Albino è, però, stato lo sguardo "scambiato" con l’animale: “Il lupo mi ha visto. Ho gridato, gli ho mandato dietro il cane. Dopo poco se n’è andato, è arrivato in cima alla montagna ma poi si è girato. Secondo me aspettava un suo simile. Mi fissava con uno sguardo quasi di sfida. Non aveva paura, anche perché se ne avesse avuta non sarebbe mai tornato a mangiare le pecore che aveva predato e invece le abbiamo trovare completamente spolpate, con lo scheletro pulito dalla carne in ogni centimetro”.

 

Cinque i capi predati venerdì. Ad Albino non era mai successo di vedere un lupo così da vicino e non credeva si potessero permettere di avvicinarsi così tanto con i pastori e i cani da guardia presenti.

 

I lupi, ci ha spiegato Albino, in questo periodo dell’anno sono particolarmente affamati perché faticano a trovare di che cibarsi: “Dalla mia esperienza ho capito che fino a luglio hanno da mangiare cerbiatti o animali deboli ma in questo periodo non li riescono più a prenderne, il cibo scarseggia e mangiare qui è comodo”.

 

Dopo l’incontro ravvicinato con il lupo (o i lupi) di venerdì, Albino, Federica e la loro famiglia erano in preda al panico e a peggiorare il loro stato d’animo c’è stato un altro avvistamento: “Il giorno dopo - ha proseguito Albino -  ho visto qualcosa sulla montagna sopra la buca dove stavano pascolando le pecore. Pensavo fossero camosci, è comune vederli lì. Ho preso il binocolo per guardare. Erano tre lupi. Ed erano li con lo sguardo fisso. Stavano chiaramente puntando le pecore”.

 

 

Da quando è scattato l'allarme lupo, svariati anni fa, Albino è corso ai ripari costruendo un solido recinto elettrificato (con in più la guardia dei cani) dentro cui tenere il gregge durante la notte. Fino a quest'anno non aveva avuto problemi ma da qualche settimana le cose sono cambiate perché c'è stato questo doppio attacco. Albino, infatti, ci ha raccontato di faticare a dormire, durante la notte, per paura che possa accadere qualcosa non appena chiude gli occhi: “Non si può vivere così. È da una settimana che la mia famiglia va a letto con il terrore”.

 

La predazione di quel venerdì ha cambiato la prospettiva della famiglia Stroppa. Non si parla più di aver paura per i propri capi o di lamentare grosse perdite, Albino parla di temere per la propria stessa vita: “Quello che già era un lavoro difficile, ora sta diventando impossibile perché si vive con la paura di perdere i propri animali, si trascorrono interminabili notti insonni perché l’orso è in zona e, durante il giorno, si è costantemente in allerta perché da un momento all’altro un branco di lupi potrebbe arrivare e fare una strage”.

 

Albino, con un filo di rabbia nella voce, ha voluto chiarire la sua posizione: “Io non ho mai detto che li dovrebbero ammazzare, non l’ho mai detto. Però dovrebbero trovare un rimedio. Adesso la paura, oltre alla vita delle pecore, è per la mia famiglia. Mi dicono che sono pauroso, ma loro li hanno visti a 5 metri di distanza?”. Albino non chiede alla Provincia di essere armato o avere la facoltà di poter sparare, ma semplicemente un supporto: “La Provincia non può cavarsela mettendoci un fucile in mano, se la devono gestire loro. La forestale mi dice: "E' anche tuo il lupo". Sì, ma io la mia parte l’ho già fatta, gli altri cosa hanno fatto? Sono rimasti a guardare. Mi danno il cane da guardiana che però se poi crea problemi ai turisti è colpa mia. Si tengano la responsabilità in capo a loro, io quel cane lo prendo solo perché c'è il lupo altrimenti non servirebbe”.

 

Non sta a lui o alla sua famiglia trovare una soluzione e, conoscendoli, ci è apparso chiaro come nessuno di loro abbia la presunzione di poterla trovare, ma quello che li farebbe stare più tranquilli sarebbe non sapersi da soli: “Quello che fa paura - continua Albino - è il fatto di trovarsi a più di 2000 metri, senza telefono e senza nessuno intorno. Ce la siamo cavata questa volta perché erano due ma se fossero stati di più come avremmo fatto?”. La proposta più interessante e con più potenziale, riguarda il mettere delle persone a guardia del lupo. Un cambio di prospettiva totale che però può avere un grande potenziale. 

 

“Ci sono tanti giovani che vogliono vivere la montagna davvero, stare a contatto con la natura. Potrebbero essere formati dalla Provincia e pagati per fare la stagione in quota, i problemi veri li abbiamo per due mesi all'anno, in questa stagione - spiega -. Magari dei ragazzi del servizio civile. Li potrebbero pagare con gli stessi soldi che spendono per rimborsarmi i danni, forse anche meno. E loro potrebbero seguire dall'alto i greggi e intervenire, allertandoci o con gli strumenti di dissuasione che riterrà l'amministrazione, qual'ora vedano il lupo avvicinarsi''. Delle sorte di guardiani di lupi a tutela delle greggi di quei pochi, veri pastori, che ormai frequentano le nostre montagne. 

 

 

Sono 32 anni che Albino va a Malga Ezze, e non aveva mai avuto vissuto un'esperienza simile. Dopo l’episodio dell’altro giorno è anche arrivato a pensare che non ne valesse più la pena. “È stata la mia scelta di vita e la scelta della mia famiglia e ora nessuno può dirmi di cambiare lavoro. Io non metto in vendita le mie pecore. Quando sarà ora di vendere, venderò, ma non sarà sicuramente per colpa dei lupi o della Provincia. Se mi faranno chiudere, dovrò trovare un nuovo modo per mantenere la mia famiglia, perché noi non vogliamo cambiare vita”.

 

La Provincia offre a tutti i pastori un indennizzo per ogni pecora predata ma il danno non è solamente economico, anzi: “Loro non capiscono quanto sia grave il danno sul gregge. Finché è una o due magari alla lunga se ne dimenticano. Ma ora loro sono terrorizzate”. Albino capisce che il dibattito politico che sta alla base della questione riguardo i grandi carnivori è complesso e che i provvedimenti non possono arrivare dall’oggi al domani. Non transige però che la Provincia ignori il pericolo per le persone: “Da venerdì ho cambiato il mio modo di pensare riguardo questa problematica. Finché si parla di animali è un conto, posso anche capire questo tira e molla politico, ma quando iniziano ad andarci di mezzo le persone la Provincia deve agire in qualche modo e subito”.

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