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Coronavirus, presentato un esposto contro l’Rsa di Pergine: “Sequestrate documenti e struttura”, chiedono gli avvocati

Gli avvocati hanno agito su incarico della parente di uno degli ospiti deceduti nella struttura, nell’esposto consegnato ai Nas di Trento si chiede di agire nei confronti dei vertici della casa di riposo, ma anche di Apss e verso “chiunque risulterà responsabile per i contagi”

Di Tiziano Grottolo - 21 aprile 2020 - 16:51

TRENTO. È un momento davvero difficile per le case di riposo trentine: da una parte strette nella morsa del coronavirus dall’altra stanno iniziando ad arrivare i primi esposti presentati da associazioni di categoria e avvocati per fare luce su quanto accaduto all’interno delle strutture. In mezzo c’è persino lo scontro istituzionale con l’assessora alla salute Stefania Segnana, la stessa che alla vigilia del primo caso di positività riscontrato in Apsp avrebbe voluto allentare le misure di sicurezza (QUI AGGIORNAMENTO).

 

Nei giorni scorsi era stato il Codacons (articoli QUI e QUI) a presentare due esposti in procura chiedendo di adottare “misure urgenti in grado di garantire indagini precise sulle responsabilità della strage di anziani sul territorio”, il 20 aprile invece, è stata la volta dei due avvocati iscritti al foro di Benevento, Fabrizio Miracolo e Roberto Cappa, di presentare un esposto ai carabinieri del Nas. I due avvocati hanno agito su delega di una parente di uno degli anziani deceduti all’interno dell’Apsp di Pergine “Fondazione Montel” di via Pive.

 

“Abbiamo chiesto il sequestro dei documenti e anche della struttura, sollecitando l’azienda sanitaria locale ad attivare il commissariamento della struttura – spiega Miracolo, che poi aggiunge – dal nostro punto di vista la struttura si è mostrata vulnerabile al rischio epidemico e dopo i primi casi non si è capito che era necessario intervenire con decisione e rapidità”. Stando a quanto riferito la parente della vittima non avrebbe nemmeno avuto modo di contattare il congiunto per l’estremo saluto.

 

A ricostruire il precipitare della situazione è l’avvocato Cappa: “Il 12 marzo nella struttura di via Pive sono stati registrati i primi casi di positività al coronavirus, tre giorni dopo anche il parente della nostra cliente venne trasferito nel reparto destinato ai pazienti con il covid-19”. In quei giorni l’Rsa di via Pive aveva trasformato il secondo piano in un reparto per la gestione dell’emergenza: in casa di riposo si contavano, fra contagi accertati i sintomatici sospetti, già 35 casi. “In soli 5 giorni – prosegue Cappa – nella struttura di via Pive, fra positivi e sintomatici, si sono contati 49 casi tra gli ospiti e 27 tra i dipendenti, mentre nella vicina struttura di via Marconi – che si trova sempre a Pergine ed è gestita dalla stessa realtà – non sono stati registrati contagi, segno che qualcosa non ha funzionato”. Purtroppo pochi giorni dopo avverrà il decesso del parente della donna che per far luce sulla situazione ha richiesto l’assistenza legale.

 

 

 

 

I due avvocati puntano il dito anche contro la direttiva emanata dall’Apss lo scorso 15 marzo e che contiene le indicazioni per “gestire la situazione in Rsa dopo la sospensione degli ingressi” e dove si legge: “Le Rsa devono essere considerate a tutti gli effetti come strutture a bassa intensità di cura (…) e non devono operare alcun trasferimento verso gli ospedali”.  Un passaggio quest’ultimo contestato da molti: “Viene da pensare che la gestione scelta sia quella di attendere la fine della vita di questi anziani”, osserva Miracolo. Secondo le accuse formulate dai legali all’interno dell’Rsa di via Pive sarebbe sembrata preparata ad affrontare l’emergenza ma ad essere messa in discussione è l’intera catena di comando, pertanto gli avvocati hanno chiesto ai Nas di agire nei confronti dei vertici della casa di riposo, ma anche di Apss e verso “chiunque risulterà responsabile per i contagi”.

 

Questo esposto potrebbe essere soltanto il primo di una lunga serie visto che sono in molti a chiedere di far luce sulla gestione dell’emergenza in trentino, soprattutto all’interno delle Rsa dove, è risaputo, sono stati registrati la maggior parte di decessi. Nonostante le promesse, i numeri reali tardano arrivare rendendo impossibile farsi un’idea della nell’evoluzione che l’epidemia ha avuto all’interno delle Apsp. Nel frattempo aumentano i trentini che attendono di sapere almeno come sono morti i loro cari, mentre l’ombra della magistratura si allunga minacciosa sulle case di riposo provinciali.

 

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