di Paolo Lupo – biologo nutrizionista
Ecco una buona, anzi ottima notizia per i molti che non si sentono a loro agio tra i fornelli o, semplicemente, detestano l’odore di pesce che pervade la casa dopo averlo cucinato. Uno studio condotto dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS di Milano pubblicato su Nutrients evidenzia che il consumo di pesce in scatola riduce il rischio di sviluppare il cancro del colon-retto.
I ricercatori hanno infatti evidenziato che i soggetti che nel corso dello studio hanno assunto almeno due porzioni a settimana di pesce in lattina sott’olio (di 80 grammi ciascuna) ha mostrato una riduzione dell’insorgenza di questo tumore del 34%. È un dato molto rilevante, considerato che il cancro al colon è il secondo più frequente nella popolazione italiana secondo i dati del 2019 e vale per circa il 13% di tutte le neoplasie diagnosticate. Si tratta quindi di un tumore con un’elevata incidenza, sia nei paesi ad alto che a basso reddito e presenta purtroppo anche un elevato tasso di mortalità.
I risultati dello studio confermano l’opportunità di inserire il pesce conservato sott’olio (i classici tonno, sardina, sgombro, tra gli altri) all’interno di una dieta equilibrata. Va detto che il pesce conservato in scatola è solo minimamente processato. Subisce infatti lavorazioni limitate prima di finire sulle nostre tavole: spesso viene semplicemente pulito, cotto a vapore e inscatolato sott’olio senza ulteriori conservanti.
L’efficacia preventiva della preparazione è probabilmente legata al contenuto elevato di acidi grassi polinsaturi, soprattutto omega-3, uniti agli altri nutrienti contenuti nel pesce stesso. Insomma, la buona notizia è servita in tavola. La prevenzione dei tumori – che passa anche per quello che mangiamo – ha anche la forma economica e pratica del pesce in scatola.