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Quel profeta marginale e ''fuori di sé'': Gesù, il Deviante universale. Dalle prostitute e dai detenuti fino al rabbi di Nazareth, la pista di ricerca del sociologo Barnao

A Villa S. Ignazio il sociologo Charlie Barnao lancia una nuova pista di ricerca: dalle prostitute e dai detenuti fino al rabbi di Nazareth
DAL BLOG
Di Paolo Ghezzi - 18 febbraio 2023

Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)

Dai tempi eroici del Sessantotto, con padre Livio Passalacqua e i suoi confratelli sulla frontiera del cambiamento (non cantava forse Bob Dylan "The times they’re a-changin'"?) Villa S. Ignazio è rimasta un luogo fecondo di intrecci e sperimentazioni: umane, culturali e spirituali.

 

Un nuovo capitolo di questo percorso di ricerca e di confronto interculturale l’abbiamo vissuto domenica 12 febbraio, con il titolo “Gesù marginale” (ma il titolo originale avrebbe dovuto essere “Gesù era un criminale”, ciò che è stato secondo le autorità del suo tempo), con il ritorno del sociologo della sopravvivenza Charlie Barnao (Università di Catanzaro) nella Villa dove ha lavorato a lungo e dove ha presentato recentemente il suo interessantissimo lavoro con i detenuti del 41bis.

Affascinato dai percorsi esistenziali ai margini della società (dalla prostituzione alla criminalità) Barnao ha presentato il suo progetto di ricerca su un Gesù analizzato fuori dal contesto religioso del cristianesimo: invece come figura-modello, a livello sociologico, di persona consapevolmente deviante dal pensiero mainstream della maggioranza conformista.

 

La vicepresidente della Cooperativa Villa S. Ignazio Elena Graziadei, maestra di esercizi di meditazione e movimento, nell’introdurlo, ha rimarcato la ricchezza del concetto di marginalità, elencando dapprima una serie di aggettivi che possiamo associare a ciò che sta al centro della realtà, dentro il cerchio della normalità, lontano dall’inquietante margine: ordinario, usuale, chiaro, stabile, sicuro, agiato. A queste sei parole ne ha contrapposte altre sei che – stando sul bordo, contaminate da altre realtà di confine – sono invece sinonimi di “marginale”: strano, inusuale, instabile, ambiguo, depauperato, pericoloso.

Barnao, che insegna autoetnografia dentro il carcere, ha premesso che lo stesso fondatore dei Gesuiti Ignazio di Loyola ha fatto autoetnografia, cioè ha raccontato se stesso in un contesto storico-sociale particolare; e poi si è lanciato con passione a descrivere il suo progetto di ricerca sul Gesù deviante, innestato sugli studi sociologici di studiosi come Ida Magli e Bermejo Rubio (“L’invenzione di Gesù”).

 

Non è certo la prima volta che la figura del rabbi di Nazareth viene affrontata in chiave extrareligiosa e con un’attenzione alla dimensione storica e sociale del suo insegnamento. Ma è molto interessante che un sociologo come Barnao, partendo proprio da studi sulla devianza sociale, metta al centro del suo lavoro, che durerà anni, l’ipotesi di Gesù come “deviante universale”, deviante cioè rispetto alla Palestina di duemila anni fa ma anche all’Europa o all’Asia o all’America di oggi.

 

Gesù di Nazareth mina alla base alcuni universali culturali: le leggi, scritte o non scritte, sulla famiglia (Chi è mio padre? Chi è mia madre? I miei fratelli sono tutti…), sulle diseguaglianze sociali (al banchetto di nozze invitate i mendicanti che trovate gli angoli delle strade…), le tradizioni religiose considerate immutabili (vi è stato detto: digiunate, ma io mangio con peccatori e prostitute; vi è stato detto: riposate il sabato, ma per aiutare il vostro fratello potete trasgredire la regola…).

 

Del Gesù storico si sa pochissimo (come ha ampiamente dimostrato il prete americano John P. Meier, autore di un’opera monumentale e fondamentale intitolata, non a caso, “A Marginal Jew”, un ebreo marginale). In breve, si sa che è nato a Betlemme di Giuda, come il re David, da una famiglia galilea di Nazareth scesa a sud per il censimento, che per quasi trent’anni ha fatto un lavoro manuale al suo paese su al nord senza dare segno di sé, che ha brevemente predicato itinerando nella terra d’Israele, che è morto sulla croce dopo una condanna come criminale, fuorilegge, “anomos” per dirla con la lingua greca dei Vangeli.

 

Dunque una delle poche cose che sappiamo di Gesù è che fu considerato un trasgressore, un delinquente. E partendo da questo nocciolo duro (e incandescente) Barnao ha ricordato che la devianza può essere compresa solo partendo da chi la giudica e la classifica come tale. Celebre il detto di Durkheim, padre della sociologia moderna, a proposito del concetto di reato: “Non lo riproviamo perché è un crimine, è un crimine perché lo riproviamo”.

 

Insomma, la devianza è una anomalia rispetto alla cultura sociale dominante nella maggioranza. È un concetto eminentemente relativistico: ciò che è deviante in certi contesti (ad esempio, l’incesto) non è considerato un male, un peccato, una trasgressione in tutti i tempi e in tutte le culture.

 

E i comportamenti devianti sono prodotti nelle subculture marginali, che si contrappongono alla cultura ufficiale. Maurice Cusson classifica la devianza in quattro gradi di volontarietà: 1) i devianti subculturali pienamente consapevoli di proporre un’altra visione del mondo (i terroristi ma anche i grandi innovatori come Galileo o Giordano Bruno o, aggiungo io, l’ebreo eretico di Amsterdam Baruch Spinoza); 2) i trasgressori delle norme; 3) coloro che hanno disturbi di comportamento; 4) i portatori di disabilità (devianti involontari).

 

L’ipotesi di Barnao è che Gesù sia un deviante subculturale pienamente consapevole di proporre un messaggio anti-sistema o fuori sistema, e come tale perfettamente riconosciuto dalla società del suo tempo (“è fuori di sé”) ma anche dalla nostra: se uno prendesse alla lettera il Vangelo, non passerebbe per pazzo?

 

Il contatto ravvicinato del rabbi di Nazareth con le donne – scandaloso nel suo tempo e nella sua cultura – è un’ulteriore prova di quella devianza che raggiunge il suo culmine, secondo il sociologo di Catanzaro, nella parabola del figliol prodigo, o meglio del padre misericordioso, in cui il padre riaccoglie a casa il figlio che ha scialacquato la sua eredità con una festa e non con una punizione. Reazione d’amore e non di repressione rispetto alla devianza che difatti suscita l’ira dell’altro fratello, buono, rispettoso delle leggi e disciplinato.

 

Sarà interessante seguire Barnao in questo percorso che, dalle prostitute e dai mafiosi dell’ergastolo duro, lo porterà ad approfondire il lato “deviante” di un profeta che già altri intellettuali irregolari, come Renan o De André, hanno raccontato in modo deviante, come spiazzante rivoluzionario dell’amore universale.

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