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In memoria di Claudio Visintainer, un politico onesto, un socialista che alle proposte di ''buste'' rispondeva con un testimone e un secco ''ripeti adesso''

DAL BLOG
Di Paolo Ghezzi - 05 dicembre 2022

Ragazzo del 57, giornalista dal 79, troppo piccolo per il 68, ha scansato il 77 ma non la direzione dell’Adige (8 anni 8 mesi e 3 giorni) e la politica (24 mesi in consiglio provinciale tra il 2018 e il 2020)

Claudio ha testimoniato che si può essere onestissimi anche in politica, perfino in politica: quante case avrebbe potuto farsi l’assessore all’urbanistica del tempo in cui al centro di Trento veniva ridato lo smalto di un vero gioiello! La Giovanna lo racconta: le proposte di “buste” che qualcuno senza pudore gli offriva, e allora lui chiamava un testimone e diceva al temerario: vuole ripetere adesso quanto ha detto? e quello se ne andava in silenzio. Aveva un senso etico fortissimo: le sue figlie e i suoi nipoti potranno dire: No! Non è vero che tutti i politici rubano, mio padre, mio nonno è stato un politico onesto”.

 

Parole (pronunciate sabato mattina al funerale di Claudio Visintainer) di un altro politico onesto, suo cognato Marco Dalbosco che fu consigliere provinciale nell’undicesima legislatura, subentrando per due anni al professor Gregorio Arena, dimissionario, nella squadra della Rete – Movimento per la democrazia (allora ben 4 consiglieri, il doppio del Pds!) dalla fine ottobre 1996 fino all’autunno 1998, data delle nuove elezioni. La breve durata biennale dell’incarico istituzionale, e lo “scopro” solo adesso, consultando gli archivi del Consiglio provinciale, ci accomuna al di là dell’amicizia che ci lega, anche dopo la migrazione, per amore di Martina, del roveretano Marco verso le Puglie, a dirigere scuole laggiù.

 

Cognato assai più giovane di Visintainer che aveva sposato Giovanna, la sua sorella grande, Marco ha messo su Facebook una bella foto di sé sulla groppa di Claudio, che ben racconta il loro rapporto speciale. Io, intorno a Visintainer (di professione insegnante, vicesindaco e più volte assessore comunale di Trento tra gli anni '80 e '90), ho il ricordo, e la nostalgia, anche di una politica dove si capiva uno chi era, da dove veniva e dove andava. Ne parlo da “reo confesso” di aver cofondato una sigla politica nuova, Futura, che in fondo 4 anni fa incarnava speranze simili a quelle che animavano la Rete di Passerini e Dalbosco un quarto di secolo prima. Quando i partiti tradizionali sono stanchi e stracchi e fiacchi, la politica inventa necessariamente nomi nuovi per ridarsi un futuro. Ma è diventata ormai una moda nominalista che occulta le tradizioni classiche (comunista, liberale, democristiana, socialista, postfascista…). “Fratelli d’Italia” è l’ultimo travestimento: DN, Destra Nazionalista, farebbe capirebbe molto meglio da chi siamo governati.

 

Però, appunto, Visintainer era un socialista, e basta. Altro non serviva, per definirlo. Un socialista di quelli burberi e seri e onesti e coerenti e con la pipa, un socialista alla Pertini, insomma. E non c’era bisogno, allora, negli anni del Visintainer assessore comunale a Trento, di spiegare che cos’era un socialista, perché Craxi non aveva ancora del tutto craxizzato una tradizione nobile e antica. In Italia quella tradizione si è quasi polverizzata (ma il socialista sopravvissuto Riccardo Nencini ha scritto un eccellente libro sul socialista per eccellenza, Giacomo Matteotti, polesano di radici solandre, accusatore e vittima del Duce), in Francia è stata massacrata, ma in Germania, Spagna e Portogallo sopravvive. Senza cambiare nome. E continuando ad alimentare la speranza in un mondo migliore. Quella che animava Claudio Visintainer. E allora vorrei ridare la voce al suo cognato Marco Dalbosco, per riferire il resto del suo bellissimo saluto al cimitero, sabato 3 dicembre 2022.

 

“Chi ha conosciuto il Claudio, non ne dimenticherà mai il celeste profondo di quegli occhi che davano luce a uno sguardo penetrante, curioso, beffardo, tagliente, buono, birbante, cangiante. Lo sguardo – si dice – è lo specchio dell’anima, e la sua era davvero vitalissima, capace di grandi slanci, generosità, e di grandi affetti. Un temperamento forte, una personalità spiccata e originalissima, indimenticabile: anche del tutto non facile, perché il Claudio era pure spinoso, a volte ti pungeva come un istrice.

 

Provocava, ti poteva rivolgere la parola come una lama, uno staffile, ed è vero, in qualche occasione di festa poteva portare nuvoloni improvvisi e fare scoppiare un fulmine come un temporale estivo; però, come dice mia moglie Martina, ‘Claudio sapeva amare’, e tu gli volevi un bene dell’anima. Perché, chi sa tanto amare, sa farsi anche tanto perdonare.

 

Ciascuno dei presenti, chissà quanti episodi di carattere personale potrebbe raccontare della vita condivisa con lui. Ma, poi, vi è stata la sua vocazione sociale, a partire dall’insegnamento, politica; la curiosità acuta per i problemi che gli uomini incontrano nella vita associata; lo studio, lo sforzo di comprensione, e la capacità di azione come uomo politico e amministratore: la sfera pubblica.

 

In questo ambito, al di là dei frutti tangibili concreti e durevoli, che la Città di Trento conosce bene, la sua Giovanna, che ha condiviso con lui sessantadue anni (cinquantacinque di matrimonio) ha descritto ieri in un post toccante i “bellissimi giorni di vecchiaia assieme”, e Dio sa quanto sia difficile invecchiare bene insieme. Giorni al cui termine Claudio può dire: ho conservato la fede, ho combattuto la buona battaglia. Ho amato. Ciao Claudio! Desideriamo riabbracciarti”.

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