''Il mestiere dell’intellettuale “rifugge o dovrebbe rifuggire dalle alternative troppo nette'', Norberto Bobbio e il libro ''Politica e cultura''
Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico
Il mestiere dell’intellettuale “rifugge o dovrebbe rifuggire dalle alternative troppo nette; la sua vocazione è di riflettere, di dubitare, di non abbandonarsi a soluzioni affrettate di non sottomettersi supinamente alla verità di una parte sola”.
Nel luglio del 1955 Norberto Bobbio introduceva con queste parole una raccolta di riflessioni pubblicate da Einaudi sotto il titolo Politica e cultura. Un libro ancora attualissimo e che provo a porre all’inizio del mio percorso per poi proseguire in brevi, libere “divagazioni”, passando ecletticamente da una tematica all’altra, da un’epoca più o meno remota ad una più recente.
Perché proprio questo libro? Perché insinua in noi “l’inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose”.
Molti, troppi, di questo bagaglio son privi, considerava sconsolato Bobbio alla metà degli anni ’50. Ma ora, quanti di noi lo possiedono o l’hanno ritrovato?
Eppure la libertà personale si fonda principalmente proprio sull’esercizio della cultura e dello spirito critico. E solo un sistema politico che permetta l’esercizio e lo sviluppo di tale facoltà potrà reggere le sfide che la democrazia dovrà affrontare nel corso del nostro XXI secolo: in primo luogo quella portata dall’as-solutismo tecnocratico - potenzialità negativa della standardizzazione tecnologica - che proverà a livellare coscienze e cervelli.
Occorrerà - come direbbero i liberals anglosassoni - una policy for knowledge, una politica per la cultura, che allarghi la dimensione dell’individualità, rafforzando gli strumenti della sua formazione, in primo luogo con un alto grado di istruzione e di intraprendenza personale, anche nell’educazione ricorrente (solo il 25 % dei nostri giovani legge con una certa frequenza e solo un liceale su dieci frequenta le biblioteche).
Se interverremo su questa realtà, la libertà e l’autonomia dell’individuo potranno essere salvate dall’invadenza di nuovi Moloch superstatuali - l’altra faccia tremenda della mondializzazione - che dalle loro torri d’avorio imporranno ordini, moniti, modi di pensare e di giudicare.
E qui tornano buone le argomentazioni che ricorrono nel saggio di Norberto Bobbio, particolarmente nel capitolo finale intitolato Libertà e potere. Egli illustra la teoria e la pratica della limitazione del potere, qualunque sia la classe o il gruppo dominante e l’establishment amministrativo ed economico; una limitazione che “assicuri all’individuo una sfera di attività non controllate, non dirette, non ossessivamente imposte”; che garantisca la non sottomissione della “ricerca della verità e della coscienza morale” a logiche dirigistiche; che non costringa “la virtù a rifulgere, come accade appunto in tempi di dispotismo, nelle azioni dei santi e degli eroi, ma essa possa brillare di una luce meno viva ma più costante nella pratica quotidiana anche dei cittadini che non hanno stinchi di santo né fegato di eroe”; che permetta alla vita umana di non essere “una continua parata sulla pubblica piazza o un congresso permanente dove tutte le parole vengono registrate e tramandate alla storia” ma di avere “i suoi angoli morti, le sue pause, le sue giornate di vacanza”.
Declinando queste parole degli anni Cinquanta in una versione appena aggiornata per il tempo futuro, potremo forse trovare frequentemente nuove ragioni per difendere la libertà personale contro i regimi assolutistici di qualsiasi fatta.