“Hanno vinto gli altri. Ho abiurato perché il dolore fisico mi faceva paura'', il dramma brechtiano di Vita di Galileo: ''Sventurata la terra che ha bisogno di eroi''
Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico
"Sventurata la terra che non ha eroi" grida il discepolo Andrea, dopo aver udito un banditore leggere l’abiura di Galileo proferita davanti all’Inquisizione. "No, sventurata la terra che ha bisogno di eroi" ribatte lo scienziato.
Notevoli e variegate sono le interpretazioni del dramma brechtiano Vita di Galileo. Anche perché almeno tre furono le versioni proposte da Bertolt Brecht. Ma si può ritenere che in quella battuta sopra riferita stia il senso dell’opera: è la confessione, l’ammissione di una debolezza che fa più umana - e dunque più accettabile - la missione dello scienziato, così come dovrebbero essere umanizzate le missioni di tutti coloro che pretendono di averne qualcuna da compiere.
Il Galileo brechtiano infierisce su se stesso probabilmente per ridurre a più miti termini - agli occhi umani - l’alterigia di ogni "eroe", passato e futuro.
Quando Galileo consegna ad Andrea i Discorsi delle nuove scienze - che ha potuto scrivere nonostante il controllo dell’Inquisizione a cui era sottoposto dopo il processo - ecco che il discepolo pensa di aver trovato una giustificazione edificante per l’abiura pronunciata: "E noi pensavamo che aveste disertato. Volevate guadagnar tempo per scrivere il libro che solo voi potevate scrivere. Se foste salito al rogo, se foste morto in un’aureola di fuoco, avrebbero vinto gli altri".
Ma Galileo lo fredda: “Hanno vinto gli altri. Ho abiurato perché il dolore fisico mi faceva paura”. Non c’è niente di eroico nel salvare la pelle, ma è pur sempre un’azione umanamente valida, che diventa per caso un’opera ragionevole e intelligente. A chi dirà: “vi siete sporcate le mani” si potrà rispondere: “meglio sporche che vuote”; a chi vi condannerà per aver deviato, si replicherà: ”quando ci si trova davanti ad un ostacolo, la linea più breve tra due punti può essere una linea curva”. E’ un Galileo scanzonato e scettico che mal si concilia con il Galileo che rappresenta se stesso quasi come un criminale sociale, prototipo di “una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo”.
Queste implacabili parole poste sulla bocca di Galileo da un Brecht che - tra una versione e l’altra del dramma - venne vivamente impressionato dallo scoppio della bomba atomica su Hiroshima e quindi dalla complicità della scienza con la proliferazione nucleare, non sono definitive. Dirà Andrea al maestro: “Non posso credere che quella vostra crudele analisi sia l’ultima parola”. Galileo non scoraggerà il discepolo: pronuncerà così un eloquente “Grazie, signore”, nel mentre si occupava della possente oca imbandita sulla sua mensa.