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Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria è ancora moderno nella requisitoria contro la pena di morte ma gli ultimi anni furono duri per il riformatore illuminista

Breviario di politica mite/Robespierre, l’uomo che nel 1791 aveva sostenuto le idee del Beccaria parlando contro la pena di morte di fronte alla Convenzione, nel 1793 capitanava quel disperato “Comitato di salute pubblica” che insanguinò Parigi senza riguardo per la giustizia e la vita umana
DAL BLOG
Di Nicola Zoller - 25 agosto 2021

Socialista dal 17° anno d'età, continua a dedicarsi allo studio del pensiero progressista e democratico

Ogni generazione dovrebbe leggere il trattato di Cesare BeccariaDei Delitti e delle pene. E ognuno potrebbe far tesoro, in vario modo, degli innumerevoli spunti - sempre di mirabile attualità - che si possono trarre da quest’opera e da quella più complessiva del Beccaria.

 

Qui non proverò a raccontare del trattato specificatamente, ma parlerò delle vicende che angustiarono gli ultimi anni di vita del riformatore illuminista e che coincidono con lo sviluppo positivo e, poi, con la parabola terroristica della Rivoluzione francese.

 

Nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo approvata nell’ottobre 1789, erano stati inseriti molti principi propugnati dal Beccaria: non a caso infatti il grande milanese era diventato dai tempi della pubblicazione del suo trattato, avvenuta nel 1764, un punto di riferimento per l’illuminismo francese ed europeo impegnato anche a rinnovare l’amministrazione della giustizia.

 

Successe tuttavia che, nel maggio 1791, l’Assemblea nazionale francese venisse convocata per dibattere sulla pena di morte: la maggioranza, dopo aver votato in precedenza leggi liberali ed umanitarie, confermò invece in questo caso la validità della pena di morte.

 

Beccaria ne fu rattristato, anche perché il suo nome era continuamente corso nel dibattito, soprattutto per merito del giovane deputato di Arras, Maximilien Robespierre. Questi aveva sostenuto tutte le ragioni del Beccaria contro la pena di morte, ed aveva così concluso: “Bisogna che la legge presenti sempre al popolo il più schietto modello della giustizia e della ragione. Se le leggi, in luogo di una severità calma e moderata, instaurano la collera e la vendetta, se spargono quel sangue umano che non hanno il diritto di versare, se presentano scene di crudeltà agli occhi del popolo, allora esse snaturano nel cuore dei cittadini i concetti del giusto e dell’ingiusto. L’uomo allora non è più per l’uomo un soggetto veramente sacro; e l’idea stessa dell’assassinio non ispira più lo stesso raccapriccio se è la legge stessa che ne dà esempio e spettacolo. Non si deve confondere l’efficacia delle pene con l’eccesso di severità. E’ vero invece l’opposto: le pene sono efficaci non quando sono crudeli, ma quando sono moderate. Nei paesi liberi dove le leggi penali sono più miti, i reati sono più rari. Dove invece le leggi offendono l’umanità con il loro eccessivo rigore, là si disconosce la dignità dell’uomo, e il legislatore altro non è che un padrone che comanda a degli schiavi e li punisce senza pietà. In conclusione chiedo dunque che sia abolita la pena di morte”.

 

Abbiamo detto invece che l’Assemblea votò per confermare la pena di morte, che proprio nel 1792 cominciò ad essere comminata mediante decapitazione con il meccanismo perfezionato dal dottor Joseph Ignace Guillotin. Grave fu - ripeto - l’afflizione del Beccaria, ma anche maggior turbamento lo colse all’espandersi del “Terrore” (1793 - 1794). La Rivoluzione era ora nelle mani disperate del “Comitato di salute pubblica”, che imperversava su Parigi e sulla Francia senza alcun riguardo per la giustizia e la vita umana. E a capitanare il Comitato era stato designato proprio il Robespierre. Sì, l’uomo che non molto tempo prima - commenta Marcello Maestro, uno dei più preparati studiosi dell’opera beccariana - aveva parlato contro la pena di morte, era ora l’anima del Terrore e mandava alla ghigliottina centinaia di ex amici e seguaci in un tentativo dissennato di rea-lizzare un ideale che esisteva solo nella sua fantasia. Alla fine la ghigliottina cadde anche su di lui, quando la Convenzione ne ordinò l’arresto e la condanna il 28 luglio 1794.

 

Si rese conto Beccaria - scrive ancora Maestro - che il “Terrore” coi suoi terribili eccessi era una fase temporanea della Rivoluzione francese? E previde egli che dopo le estreme e spesso insensate reazioni di quel periodo, una nuova società sarebbe ritornata a quelle riforme da lui ispirate e che già erano state adottate in molti paesi? Non lo sappiamo. Cesare Beccaria morì il 28 novembre 1794.

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