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L'assurdo dibattito sulle croci in vetta trasformato dalla politica in ''arma di distrazione di massa''. Solidarietà allo Scarpone (meno al Cai)

DAL BLOG
Di Luca Pianesi - 27 giugno 2023

Direttore de il Dolomiti

E' delirante il dibattito che da giorni imperversa su quotidiani locali e nazionali, sulle ormai fantomatiche croci in vetta. Un dibattito partito da un articolo scritto da Pietro Lacasella su Lo Scarpone che ribadiva quanto per tutti (Cai compreso) sia importante preservare le croci in vetta esistenti ma che non ha più molto senso pensare di posizionarne di nuove. I perché possono essere ricondotti alla mutata sensibilità delle persone (''un presente caratterizzato da un dialogo interculturale che va ampliandosi e da nuove esigenze paesaggistico-ambientali'', scrive Lacasella) o più banalmente, aggiungiamo noi, al fatto che dove devono starci già ci sono e che per aggiungerne di nuove gli iter burocratici si sono, ormai, complicati all'inverosimile (Un esempio? La vicenda della posa della Croce astile di Papa Wojtyla sul Monte Baldo che va avanti da anni tra ricorsi, appelli, petizioni, proteste, atti politici e non e pure qualche indagine della magistratura).

 

Questa semplice riflessione si è trasformata ne ''il Cai è contro le croci in vetta'' e non si sa bene come il ''telefono senza fili'' dell'informazione nostrana ha rimbalzato la notizia riuscendo a caricarla sempre di più e consegnandola cotta e fumante alla politica sempre in cerca di ''armi di distrazione di massa'' da lanciare sui cittadini. In poche ore si è assistito alla levata di scudi in difesa della cristianità, delle tradizioni, dei simboli. La ministra Santanché, in particolare, al centro della polemica dopo l’inchiesta di Report sullo scandalo delle aziende che amministrava, Ki Group e Visibilia, sul quale riferirà in Parlamento nei prossimi giorni non poteva chiedere di meglio. Le croci in vetta come ''parafulmine'' delle polemiche che la stavano travolgendo. E così ecco la ministra del turismo (tra l'altro nota tra quelli che in vetta ci vanno davvero più per le sue posizioni sull'aeroporto di Cortina che per aver mai mostrato attenzione o interesse concreto per quello che la montagna rappresenta oltre a un divertimentificio per turisti a volte improbabili) scagliarsi contro il Cai che, arrivati a questo punto della narrazione mediatica, era arrivato praticamente a un passo dal voler estirpare le croci del mondo (siamo ironici, lo specifichiamo, perché non si sa mai: il Cai in realtà era rimasto fermo a quell'articolo che era tanto semplice quanto chiaro nel dire quanto riportato a inizio blog).

 

''Resto basita - questo l'intervento di Santanchè che lasciava davvero basiti se si era letto l'articolo di Lacasella - dalla decisione del Cai di togliere le croci dalle vette delle montagne senza aver comunicato nulla al ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l’identità del territorio, il suo rispetto. Un territorio si tutela fin dalle sue identità e le identità delle nostre comunità è fatta di simboli che custodiscono nel tempo la storia e valori. Invito il presidente del Cai a rivedere la sua decisione". Roba da mettersi le mani nei capelli e ribadire che questa narrazione era totalmente distorta. E invece, purtroppo, il Cai ha fatto quello che qualcuno poteva aspettarsi avrebbe fatto il Cai: ha chiesto scusa. Per cosa non si sa.

 

Il presidente Montani ha addirittura comunicato che "quanto pubblicato è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro'' scaricando ogni responsabilità, quando sarebbe bastato dire: non avete capito cosa è stato scritto. E alla fine pure un ''mi scuso per l'equivoco generato". Quando l'errore era tutto di chi aveva equivocato. Non contenti dei chiarimenti, dell'evidenza, di quanto era semplicemente scritto e bastava leggere, sui giornali continua ad alimentarsi un dibattito assurdo su gente, esperti, guru che dicono sì alle croci e no alle croci, cattivo Cai, buono Cai. Tutta fuffa, polemica inutile. 

 

L'unica certezza è che Lo Scarpone aveva posto un tema (evidentemente anche interessante) in maniera pacata, chiara e razionale e alla fine a pagare le conseguenze dell'incapacità di comprensione di un sistema ormai schiavo dei litigi e del posizionamento per tifoserie (o sei con me o sei contro di me) è che l'autore di quell'articolo, Pietro Lacasella, ha rassegnato le sue dimissioni dal Cai e con lui anche il direttore Marco Albino Ferrari. Comprensibilissimo vista anche l'uscita pubblica del Club alpino italiano che si è scusato con i ''potenti'' offesi (pur essendo loro la colpa di non aver capito niente di quel che v'era scritto) prima ancora che difendere i propri collaboratori. A difesa di Pietro Lacasella (e del responsabile dell'attività editoriale del Cai Marco Albino Ferrari) oggi si schierano gli altri collaboratori dello Scarpone (QUI ARTICOLO). Lo facciamo anche noi de il Dolomiti, per quel che conta.

 

Solidarietà a Pietro e Marco Albino. Solidarietà a chi fa informazione, scrive, spiega, crea dibattito. Solidarietà allo Scarpone e a tutti i suoi collaboratori. Tutti loro, in questi giorni, portano la croce dell'ignoranza di chi li ha attaccati senza nemmeno leggerli e di chi, come Ponzio Pilato, se ne è lavato le mani. 

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