"Andrà tutto bene". La strana vita di una società in quarantena
Amo raccontare frammenti di vita e tutto ciò che lascia un segno
Due signori anziani camminano tenendosi a braccetto. Si sostengono. Chissà cosa passa nella loro testa. Forse l'idea di avere fatto la loro vita. Di voler stare insieme, comunque si mettano le cose.
La strada è deserta. Gli uccellini accompagnano i miei passi. Sembra vogliano annunciare la primavera. Qualche solitario cammina. A testa bassa. Passo davanti alla scuola. Non c'è il vociare dei bambini. È una situazione insolita.
Fuori dalla farmacia c'è una fila distanziata, composta. Al supermercato, un addetto regola l'afflusso. Spero di non incontrare qualche litigioso. Qualcuno di quelli che non capisce la gravità della situazione. E brontola. Per le distanze di sicurezza. O per i tempi allungati.
Incrocio in autobus. Mi chiedo se il conducente avrà timore. Se si starà domandando chi salirà su quell'autobus. Incontro una persona in bici, qualcuno in macchina. Do loro il beneficio del dubbio. Staranno andando a fare qualcosa di importante. Non vale la pena contravvenire alla legge. Per la nostra salute.
Stiamo migliorando, forse, rispetto alle prime restrizioni. Abbiamo presenti tutti alcune scene di cui vergognarci. Dai treni pieni, alle piste da sci, uno vicino all'altro, agli sputi di stizza di qualcuno che ha perso la testa . Dobbiamo essere intelligenti. Anche se costa fatica.
Un bambino intona una canzoncina gioiosa. È in giardino col nonno. Non so. Non so se siamo davvero capaci di stare vicino ai nostri anziani. Di aiutarli. Di proteggerli. Di proteggere quelle persone che fino a ieri hanno aiutato noi. Che ci sono sempre state nei momenti di bisogno. Però cosa facciamo? Dobbiamo pur organizzarci. Ed ecco. Il nonno è tanto carino, il bambino si trova bene. Eppure lo esponiamo ad un grande rischio, il nonno. Non so. Appelliamoci un po' alla nostra coscienza individuale.
Non è facile, trascorrere serenamente questi giorni. Nemmeno se siamo a casa, invece che in prima linea negli ospedali. La testa si affolla di pensieri. Sul presente e sul futuro. Sulla panchina due ragazzi guardano qualcosa sul cellulare. Il mio sguardo cade veloce su di loro. Vedo quella serenità dei giovani. Quella che porta a credere che non succederà niente.
Anche a casa è strano, non solo fuori. Ci siamo tutti. Chi studia, chi suona, chi lavora, chi cerca di godersi un film. È una dimensione nuova. Abbiamo il tempo per scoprirla. Per farla un pochino nostra. In questo periodo in cui dobbiamo prendere le distanze fisiche, cerchiamo di annullare quelle umane. Facciamoci delle belle chiacchierate, con chi è vicino e con chi è lontano.
Arriva la sera. Cerco di non guardare di continuo gli aggiornamenti sul Coronavirus. Il sole è di un rosso meraviglioso. L'agitazione mi accompagna ancora. Sui balconi, le prime lenzuola di speranza: "Tutto andrà bene".