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Aspettando Godot, noi in Parlamento lavoriamo per l'Autonomia

Noi parlamentari conosciamo a fondo le difficoltà delle nostre autonomie a rapportarsi con un clima nazionale ostile. Consulta e Convenzione facciano il loro lavoro coinvolgendo il territorio ma intanto noi dobbiamo cercare di mettere al sicuro l'autonomia a Roma
La Consulta di Trento
DAL BLOG
Di Franco Panizza - 08 settembre 2016

Segretario politico del Patt e Senatore nella XVII legislatura 

Dispiace davvero che parte della politica regionale non abbia colto lo spirito che animava il ddl di tutti i senatori regionali di maggioranza e l'importante occasione che rappresentava e che, se ci muoveremo in maniera compatta, può ancora costituire.

In politica, come nella vita, non esistono gli scenari perfetti. Esistono invece delle possibilità che si possono costruire e che bisogna saper cogliere. Soprattutto quando riguardano un tema che ha la massima importanza strategica per il futuro delle nostre Autonomie.

 

Per una serie di ragioni che non starò qui a ricordare, in questa legislatura, le forze autonomiste e del centrosinistra autonomista in Parlamento sono riuscite a fare fronte comune. Fronte che ha coinvolto anche la presidenza delle due province autonome e della regione. In particolare in Senato queste forze, numeri alla mano, sono spesso essenziali per la tenuta della maggioranza che sostiene il Governo Renzi.

 

 

Questa condizione ha permesso di contenere le spinte neocentraliste che rappresentano un comune denominatore di quasi tutto il Parlamento e della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica nazionale, dando così voce e attenzione alle nostre richieste. L'intesa finanziaria raggiunta con il Governo, il sistema elettorale speciale per i nostri collegi (che ci garantisce una rappresentanza che va ben oltre la consistenza demografica) e il principio dell'intesa contenuto nella Riforma costituzionale sono gli esempi più lampanti a riguardo.

 

Perché quindi, dato un contesto del genere, non provare anche a portare a casa una norma che mettesse al passo i nostri statuti con le ulteriori competenze che sono state concesse e con le modifiche normative che sono intervenute in tutto questo tempo, anticipando anche gli aspetti positivi della riforma? Lo spirito che animava il cosiddetto “ddl Zeller” (proposta che, ricordiamolo, è il frutto di un percorso di condivisione istituzionale anche a livello delle due province autonome) era semplicemente questo. Dov'è quindi il peccato originale, l'errore che come autonomisti in Parlamento avremmo compiuto? Al limite ci si sarebbe potuti criticare per il contrario, ossia se, come parlamentari, non avessimo fatto tutto il possibile per tutelare e valorizzare la nostra autonomia. Abbiamo, su questo, un preciso mandato popolare ed era nostro dovere provare a rispettarlo.

 

 

E’ evidente poi che il lavoro che devono portare avanti la Consulta e la Convenzione avrà tutta un’altra valenza e dovrà andare ben oltre le nostre proposte per ridisegnare il nostro Statuto. Ma intanto il ddl Zeller costituiva l’occasione per tastare il terreno, per aprire un confronto con il Governo ed il Parlamento, per sondare il terreno politico. Che danno poteva produrre, se non il vantaggio di mettere al sicuro le competenze conquistate in questi anni e rendere primarie le competenze che oggi sono concorrenti?

 

Noi parlamentari conosciamo a fondo le difficoltà delle nostre autonomie a rapportarsi con un clima nazionale ostile e sappiamo bene che la difesa e la valorizzazione della nostra specialità ci impongono di essere sempre vigili e pronti a dare battaglia. Per questo non ci è consentito perdere tempo prezioso, né di giocare solo in difesa, sperando che intanto che noi discutiamo gli altri stiano fermi. Dobbiamo tutti sapere che i tempi della Consulta non sono quelli della politica nazionale e che non siamo noi - in particolare in una fase politicamente turbolenta come l’attuale, con il rischio di nuove imprevedibili elezioni - a dettare le scadenze dell’agenda politica nazionale.

 

La Consulta e la Convenzione facciano dunque il loro lavoro, coinvolgendo - come stanno giustamente facendo - le istituzioni e la società civile. Ma non rinunciamo nel frattempo a muoverci e cogliamo le opportunità del momento anche se sempre più strette. E pensiamo magari, più che a fare polemiche - magari anche giustificate ma pericolose sull’esterno - a trovare un'unità d’intenti attorno alla proposta a prima firma Zeller e a utilizzare quest'ultimo scorcio di legislatura per un upgrade dei nostri statuti.

 

È chiedere troppo? Non lo so. Quel che so è che ad aspettare Godot si butta via solo tempo. E col tempo si lasciano per strada delle opportunità. In fondo il mandato che ci hanno dato i cittadini è questo. Il nostro dovere, è quello di rispettarlo.  

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