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Tutti cercano l'arto tagliato e il teatro respira Aria nuova

A Pergine e a Meano, dopo il debutto al festivalò Trend di Roma, è arrivato il nuovo spettacolo della compagnia perginese che ha messo in scena un lavoro dai canoni irrituali dell'irlandese Mc Donaugh, (autore del pluridecorato Tre Manifesti). Con "Una mano mozzata a Spokane" Fontanari, Arcuri, Buosso e Anselmi portano in camera un mondo di poveri cristi per una black comedy che non è solo un salutare tuffo nel divertimento
DAL BLOG
Di Carmine Ragozzino - 05 dicembre 2018

Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino

Un povero cristo di killer. Sicario forse, ma più di sé stesso che di altri. Una coppia svitata: la bianca e il nero. S’arrabattano. Sono sostanziali: vagano, cioè, tra le sostanze – il fumo per lo più – provando a sbarcare il lunario con i piccoli affari dello spaccio per sopravvivenza. Poveri cristi anche loro. E infine un improbabile. Il tuttofare di un albergo in cui non c’è un tubo da fare se non imbarcarsi senza permesso nelle storie altrui.

 

 Sono i quattro personaggi di una storia balorda firmata da un Re Mida della scrittura ad alto valore aggiunto. Se la si trasporta al cinema la creatività lessicale di Martin McDonagh produce l’irresistibile da incetta di premi : “Tre manifesti ad Ebbing , Missouri” è il più recente esempio di come un dramma si può vestire di travolgente umorismo senza ridurlo a commedia e senza togliergli l’inquietudine del pathos. Se invece per un testo di McDonaugh si sceglie l’essenzialità comunicativa di un teatro solo apparentemente statico, dagli spazi più ristretti,  l’impatto è ancora maggiore.

 

 “Una mano mozzata a Spokane” – che debuttò a Brodway nel 2010 lanciando negli Usa la genialità dell’irlandese – è una bella dimostrazione di come l’assurdo può essere solo uno sfondo, di come l’irrealtà (di una vicenda) è tutto meno che irreale se della storia si estrapolano vizi, (tanti) e virtù (poche) dei personaggi. Aria Teatro – sodalizio che per fortuna sconfina spesso da Pergine nell’immaginare e realizzare le sue produzioni – ha messo in scena la “black comedy” di McDonaugh per partecipare ad un festival romano: il Trend Festival.

 

 Non un festival qualunque ma – e anche questa è una fortuna – ma una passerella di quanto di contemporaneo e per lo più estemporaneo offre la Gran Bretagna in prosa. Lo spettacolo è poi tornato a casa. Prima a Pergine – mura amiche visto che Aria gestisce il teatro avendo sempre meno timori dell’inconsueto – e poi a Meano, (altro luogo in cui Aria Teatro garantisce prosa e dintorni con molta più fatica che a Pergine nel cercare e trovare pubblico.

 

 Ebbene, in entrambe le occasioni l’intrigante ha avuto finalmente la meglio. Nulla, infatti, può essere più intrigante e stravagante di un testo costruito su un povero cristo di killer inguaribilmente mammone che cerca una mano, la sua, separatagli dal corpo dai bulli di una baby gang. Lui, che in scena è Denis Fontanari, (credibile, attento, mai sopra le righe anche se a vederlo viene sempre in mente Bluto di Braccio di Ferro: è il richiamo ineliminabile della sua stazza bonaria), si imbatte appunto negli altri due poveri cristi che provano a “dargli una mano”. Un’altra mano, non la sua.

 La goffaggine ben strutturata e ben recitata da Maurizio Buosso e Alice Arcuri - i due truffatori- testimonia che la gavetta teatrale può essere lunga, intensa e produttiva anche quando sei giovane. Goffi e per questo simpatici i truffatori. Anche loro truffatori di sé stessi perché è dura far credere ad un bianco che una mano “nera” è il frutto del marciume da distacco. Viene in mente Mel Brooks, l’inarrivabile di “Frankestein Junior” nella scena in cui al professore venne portato il cervello con scrito “AB-norme”, (altro che un cervello grande come richiesto).

 

 E poi il concierge, l’improbabile, l’ex galeotto che ha chiuso in gattabuia ogni accenno di normalità e che nella sua spontanea anormalità sul palco diventa il più normale di tutti. Ad Andreapietro Anselmi viene alla grande fare lo scemo del villaggio che fa scemi tutti senza aver studiato alcuna strategia. “Una mano mozzata a Spokane” si dovrebbe definire commedia claustrofobica per via di una scena ridotta al totale consumo dentro una stanza d’albergo.

 

 Al contrario – e McDonaugh appare un eroe dei contrari – il respiro del lavoro cancella porte e finestre, aprendosi su praterie sulle quali seminare serietà senza ricamarci sopra teorie o lezioni: umanità diseredata, (i due ragazzi senza futuro), razzismo e anti femminismo (il killer che non ci va leggero né col nero, né con la bianca), psicologia e devianze (il rapporto malato del sicario sgangherato con la madre), la follia lucida del concierge.

 

  Insomma, c’è dell’impegno a Spokane. Solo che per rifletterci bisogna ritagliarsi uno spazietto in un divertimento crescente a base di humor nero. E questo è un bene perché insegna come il teatro possa prendersi sul serio anche evitando quell’eccesso di seriosità e l’adesione pedissequa a canoni inchiodati alle assi del palcoscenico.

 

 Forse – per dirla alla Shakespeare – continua ad esserci del marcio in Danimarca ma di sicuro c’è un profumo gradevole di “presente” e di coraggio nel teatro scritto da McDonaugh e da molti altri autori di oggi. Aria Teatro non guarda all’estero, e non  da oggi. E va dato atto a Fontanari “and friends” – (Irlanda mon  amour), di scovare e allestire piacevoli sorprese, proponendo un teatro che non costa troppo ma ha ottima resa.

 

 In questa resa la parte del regista Sciaccaluga non è secondaria. Entrando ancora di più nel merito solo qualche consiglio: Fontanari potrebbe caricare di più il carattere del killer povero cristo, renderlo ancora più nervoso e nello stesso tempo ancora più “sfigato”, ma intanto va bene così. La coppia bianca e nero, Arcuri e Buosso, potrebbe indugiare meno nelle gigionerie adolescenziali, (sono pur sempre due micro-malavitosi). Ma va bene così. Il concierge? Va bene così e basta, perché anche da zitto, dosando i tic e le smorfie, guadagna il centro della scena e ne detta il ritmo.

 

 Perché in fondo tutto va bene così? Perché “Una mano mozzata a Spokane” è teatro come si vorrebbe che fosse sempre. Un teatro moderno, veloce, diretto, ritmato, poco intellettuale ma allo stesso tempo capace di “buttar lì” alcuni dei tanti problemi del nostro tempo.

 

  Aria Teatro lo porterà in giro – non solo in Trentino – questa ricerca psicotica di una mano mozzata che altro non è se non la voglia di ricomporre l’uomo mutilato dai suoi traumi grandi o piccoli. Alla prossima tappa trentina è bene non farsi scappare l’occasione.

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