Ex Lettere, il Comune a lezione di "buone pratiche" del Centro-Sud dove i pochi soldi sono compensati dalle tante idee. E noi?
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
Cluster dell’impresa culturale, stakeholders. L’assessorato alla cultura del Comune di Trento, in questo caso a braccetto con il Centro Santa Chiara, sembrano andare in deliquio per l’inglese. Farà anche “figo”. Farà anche managerialità. Ma “figo” e manageriale è anche l’italiano quando traduce cluster con “interconnessione” e stakeholders con “portatori di interesse”. Far capire e farsi capire: quando si immagina di reinventare un pezzo di città ad uso cultural/creativo/occupazionale il linguaggio non è un accessorio. E’ sostanza.
E di sostanza nell’incontro promosso martedì da Comune e Santa Chiara - nell’ambito del percorso che dovrebbe portare alla ristrutturazione “sociale” del complesso dell’ex Facoltà di Lettere - se ne è dispensata tanta. Davvero tanta. Ma forse perfino troppa, con il rischio di confondere dopo aver intrigato, meravigliato, non poco. L’iniziativa dell’assessore Robol e del suo ufficio – va riconosciuto a scanso di ogni possibile equivoco polemico, è stata tanto nobile quanto importante - è nata al motto “guardiamo a quel che di buono, coraggioso ed innovativo” si fa in Italia. E allora sono stati invitati a presentare le loro esperienze quattro realtà che hanno saputo diventare paradigmatiche. Esempi, cioè, nel trasformare un arcobaleno di singoli sogni e aspirazioni artistiche in materia aggregante. Ma anche in lavoro e sviluppo. E pure, seppur parzialmente, in reddito.
E’ esattamente quello che il Comune vagheggia per Ex Lettere, una “fu” università nel cuore della città, adiacente ad un paio di big culturali quali il Centro Santa Chiara ed il Conservatorio: quattromila e rotti metri quadri, quattro piani, che si vorrebbero riempire dei mille volti della creatività e dell’innovazione culturale con un progetto che garantisca, insieme, rete, sinergie ma anche sostenibilità economica. Sì, perché se dalla cassa provinciale usciranno i soldi, (tanti) per ristrutturare, la scommessa del futuro polo cultural-creativo sarà “campare” sulle proprie forze, sulle proprie idee, sulle proprie attività. E qui tremano i polsi a chi sa, ( e si provi a smentire) che nel Trentino dei contributi e delle pasture politiche il rischio non fa quasi mai parte dei calcoli d’impresa.
Calcoli che, al contrario, sembrano aver fatto passare lunghe notti insonni ma produttive agli ospiti del confronto promosso dal Comune e presentato come una “tappa” del processo di partecipazione avviato per costruire una prospettiva quanto più trasparente e condivisa possibile per Ex Lettere. L’Exma di Cagliari, il Caos di Terni, l’Ex Fadda di San Vito dei Normanni, la Casermarcheologica di Sansepolcro. Centro e sud d’Italia – Sardegna, Puglia, Umbria e Toscana, per una full immersion all’insegna della suggestione (e pure dell’invidia) racchiusi in quattro esperienze diversissime l’una dall’altra ma accomunate da una filosofia tanto ammirevole quanto rara: fare tanto con poco. E, ancora, capitalizzare le energie artistiche, creare un terreno fertile ad intrecci e contaminazioni che non sono più optional della buona volontà ma fondamenta dell’impresa creativa. E ancora, rapportarsi ai contesti, alle tradizioni dei luoghi, senza puzza sotto il naso. E ancora, sposare tradizione e sperimentazione. Eccetera.
L’Exma di Cagliari è un ex mattatoio dove oggi si macella – ed è un bene – più di tutto l’idea di una cultura ad accesso limitato. All’Exma si viaggia sui binari del contemporaneo tra spazi espositivi, laboratori, produzione e ospitalità. L’intuizione: una rete tra i gestori dei centri d’arte che è diventata rete tra gli spazi cittadini e tra 31 partner non solo culturali. La trovata tra le tante? Una “moneta complementare”, il sardex, che rende più semplice comprare e vendere servizi. Il “Laboratorio urbano Ex Fadda”, a san Vito dei Normanni, è la Puglia che ormai t’aspetti visto che in fatto di sostegno alle imprese creative la regione è da anni “scuola”. Eppure nell’antico stabilimento enologico abbandonato, in un paese di 15 mila abitanti, i Bollenti Spiriti, (così si chiamava il programma regionale per le politiche giovanili) hanno bollito, ( e cucinato in un piatto succulento) ogni luogo comune sulla presunta immobilità del sud. Si sono mossi, eccome, all’Ex Fadda. Hanno scelto di non guardare allo spazio ma di guardare alle persone. Alle persone hanno chiesto manovalanza per ristrutturare e trasformare il luogo, adattandolo poco a poco alle esigenze della cordata di associazioni locali decise a gestire collettivamente gli spazi in una logica certamente anche economica.
Ma di un’economia prima di tutto sociale, di servizio: “Seguire e facilitare nelle loro iniziative gruppi di ragazzi che hanno idee da sviluppare, bisogno di impratichirsi. Ma senza essere clienti dell’Ex Fadda”. E’ così che sono cresciute iniziative cultural economiche capaci di fare “moda”, ed entrate, dalla tradizione sartoriale, (le coperte) e da quella della pizzica. Dal ballo storico e travolgente alla “World music academy” con 18 classi strumentali e 200 iscritti. Il venti per cento della popolazione. Insomma, in Puglia la fantascienza sociale si insegna usando insieme il martello, i chiodi ed il computer.
A Sansepolcro, invece, al confine tra Toscana e Umbria, l’ex e storica caserma dei carabinieri è diventata la fucina creativa prima per gli studenti, poi per gli artisti e i professionisti. Un luogo in cui le “visioni” sono concretezza di iniziativa intergenerazionale e di scoperta, valorizzazione, dei talenti che lo vivono cercando non solo il “vissi d’arte” degli idealisti ma il vivere, materiale, d’arte. E infine Terni, con il suo Caos ben organizzato nella riconvertita fabbrica chimica Siri. Uno spazio multidisciplinare gestito da un’associazione temporanea di imprese culturali che raccoglie musei, laboratori, residenze artistiche e molto altro.
E molto altro, appunto, si potrebbe raccontare di queste esperienze insieme umane, politiche, sociali, faticose ma lungimiranti. E fin qui vincenti. Ma da dire c’è però innanzitutto che il parallelo proposto dal Comune di Trento con questo pregevole tentativo di osservatorio e scambio è un poco forzato. Intanto la differenza delle strutture. Altrove c’è stata la disponibilità di edifici ex industriali: affascinanti ma anche, paradossalmente, più semplici da trasformare e riadattare di una ex facoltà universitaria fatta di sale e salette, scale e scalette, pareti in serie.
Poi la differenza dei contesti che non sono, ovviamente, solo contesti geografici. Il sud è costretto – e a volte lo fa mirabilmente – ad ovviare alla povertà di mezzi con la fatica e l’entusiasmo della creatività e di una socialità più consapevole e duttile. Qui – da noi - il sostegno pubblico – ampio ma direzionato secondo tornaconti spesso più elettorali che culturali – ha affievolito non poco l’originalità e l’attitudine alla sperimentazione. E la “rete” tra soggetti culturali è sempre stata uno slogan beffardo di una politica (provinciale ma non solo) che ha blandito più o meno tutti, (anche con gli spiccioli) senza porsi mai la missione “alta” di stimolare e premiare l’innovazione e le sinergie.
Insomma, ben vengano gli esempi di “buone pratiche” ma senza farsi troppe illusioni. Tra qualche settimana – questo il programma stabilito in Comune – la questione ex Lettere si farà ancora più attuale. O, sperando, meno vaga. Saranno chiamati allo stesso tavolo quelli che al Comune hanno fatto una trentina e più di proposte di trasformazione e riutilizzo degli spazi. Il Comune aveva chiesto “visioni” piuttosto che semplici suddivisioni di spazi e funzioni. Bisognerà adesso provare a trovare la quadra tra tante, legittime, differenze di impostazioni nei progetti emersi dalla montagna di proposte e desiderata. Bisognerà tracciare un’ipotesi di gestione sostenibile. Bisognerà selezionare.
Dire, probabilmente, più no che sì. Servirà da una parte scegliere e dall’altra, la parte più ardua, costruire un percorso di concretezza, di collaborazioni, di tempi, di modi. Di intrecci e novità che daranno la misura di quanto il Comune crede davvero di poter giocare, all’Ex Lettere, la partita di una nuova politica culturale per la città. La partita della produzione creativa va ad affiancare all’importazione artistica. La partita della dinamicità, del coraggio, dell’apertura e dell’adesione ai cambiamenti. Dura. Non impossibile. Ma dura.