BLOG. ''Caro Pd, cari democratici, avete perso troppo tempo: non perdete l'occasione di candidare Paolo Ghezzi''
Giornalista, ha lavorato per Alto Adige, Gazzettino e Trentino
“Tempo, comunque vadano le cose lui passa. E se ne frega se qualcuno è in ritardo. Puoi chiamarlo bastardo ma tanto è già andato. Fino adesso niente lo ha mai fermato. Il tempo resta sempre lui. L’unica cosa che ci è data di fare è avere il tempo da poter organizzare. Sì, da organizzare”.
Al Pd Trentino – (Pdt – potenza della titubanza) – mi permetto un ultimo, umile e caparbiamente fiducioso consiglio. Riascoltate Jovanotti.
E meditate anche in zona Cesarini. Anche oggi, nel mentre vi state attorcigliando attorno all’ultimo pasticcio. Azzardate un guizzo, uno scatto. Se le gambe flettono - e le vostre gambe flettono da mo’ – il cervello può miracoli. Purché lo si usi, il cervello.
Il tempo lo avete perso – un’infinità di tempo – fluttuando in una dimensione irreale. Fluttuavate mentre la realtà vi lanciava segnali: tanti segnali. Tutti inascoltati.
Il vostro tempo è fuori tempo. Sarebbe nulla se il vostro tempo non fosse anche il nostro tempo. È il tempo di quei cinquecento e più che al Muse hanno resuscitato la speranza, la fiducia, l’energia, le potenzialità. Hanno resuscitato la voglia di protagonismo e partecipazione. La voglia di “ri/mettersi al servizio” degli ideali sani.
Quel popolo, i 500 e più del Muse ma anche le 1.000 e più firme, non è solo il popolo che guarda a “Futura 2018” senza scambiare Paolo Ghezzi per Padre Pio. Quel popolo non è il popolo di Ghezzi, né di Primavera, né dei Verdi, di Insieme o di Mdp.
Quel popolo è stato ed è anche il vostro popolo. È stato il centrosinistra di anime, competenze e passioni che il centrosinistra delle poltrone, del delirio di onnipotenza e della presunzione ha condannato ad un frustrante oblio.
Un oblio fatto di chimere pentastellate e di tessere elettorali lasciate a marcire nel cassetto della rabbia.
Quel popolo è il popolo di chi si è “chiamato fuori” perché era impossibile continuare a stare dentro una politica di autoreferenza, di respiro corto e di lunghi coltelli.
Questo popolo vede in Futura 2018 un’occasione, non una panacea. Ma oggi – in un presente che rischia di negarci un domani meno egoista, meno astioso e più equo – anche un’occasione è una svolta. Una rivoluzione.
A quel popolo non si può sputare in faccia.
Caro Pd, cari democratici di una sinistra disgraziatamente sinistrata – l’occasione è anche vostra. Soprattutto vostra. Avete l’occasione di non scavarvi la fossa in nome di un orgoglio anacronistico e asfittico, di una bandiera sbrindellata. L’orgoglio è una bella dote, ma senza generosità l’orgoglio è un limite: una benda sugli occhi e due tappi sulle orecchie.
Si dice che metterete in campo Giorgio Tonini come candidato presidente della Provincia. Volete tenere il punto in una partita che per mesi non avete giocato: a danno di tutti. Cercate disperatamente un casco blu, un Tom Cruise per una Mission Impossible in salsa locale.
A Tonini chiederete di recuperare il Patt all’autorecuperi dei rancorosi. A Tonini chiederete di trasformare i Civici: da cinici dispensatori di diktat inattuali e inattuabili (via i simboli, via le storie) a clinici di un’improbabile alleanza larga di centrosinistra autonomista.
Sapete che la missione è impossibile. Sapete che il tempo – comunque vadano le cose – lui passa. È già passato lasciando una scia di miserie.
Sapete, più di tutto, che tirare fuori un vostro nome oggi è legittimo – in politica l’assurdo è legittimo - ma al tempo stesso scemo. Fare un nome dopo il Muse e dopo il clima che al Muse ha accompagnato la nascita di Futura 2018 è come dire ai “reaparecidos” di centro sinistra che di loro non ve ne può fregare di meno.
Ocio Pd. Li avete persi fin qui. Li perderete per sempre perché rimettersi in gioco dopo anni di abbandono non è né semplice né scontato. Chi lo ha fatto al Muse, chi ha firmato per Ghezzi prima del Muse, chi continua a “spingerci”, non vorrà più sentir nemmeno parlare di Pd, se il Pd dimostrerà ancora una volta di non voler né leggere, né capire, né “sfruttare” in positivo ciò che in questi pochi mesi ha rianimato una voglia di politica e di partecipazione. Un bisogno, un sogno, che sembrava definitivamente archiviato nell’improduttività dei lamenti e nell’inazione.
Tonini è una gran brava persona. È stato un bravo e longevo deputato (tre legislature e spiccioli). È stato un bravo soldato di Renzi e sarebbero fatti suoi se i danni della prosopopea renziana non fossero anche cazzi nostri.
Ma qui non si tratta di radiografare Tonini. Qui si tratta di trovare una spiegazione – almeno una – per darsi una ragione (almeno una) delle scelte di un partito che annaspa ma rifiuta ogni salvagente in un suicidio che se riguardasse i vertici chissenefrega ma che invece riguarda tutti.
Riguarda il Trentino che improvvisamente ha mostrato di non volersi arrendere all’ineluttabilità di una destra culturalmente becera nei modi e nei fatti. A quei trentini che non ci stanno più ai riti e al trito del buonsenso il Pd non può dire “fidatevi” di noi. Deve dire – se vuol continuare ad esistere – “ci fidiamo di voi”.
Fidarsi del popolo del Muse vuol dire mostrare di aver capito come nella politica di oggi la credibilità personale, l’empatia, un linguaggio onesto e senza arzigogoli valgono – a sinistra – molto più dei programmi e degli organigrammi.
Programmi e organigrammi – che ci devono essere e devono dare coraggio – necessitano di qualcuno che li difenda e li applichi con duttilità e collegialità vera. Necessitano di una guida, un candidato presidente, che ha più futuro che passato, più dubbi che fragilissime verità, più valori universali da concretizzare che medaglie al valore politico con cui riempire il bavero.
Se il Pd avesse capito questo, Paolo Ghezzi sarebbe da tempo anche il suo candidato. E non per quello – non poco - che Ghezzi vale ma per ciò che ha saputo ravvivare in una trasversalità di storie, qualità, bisogni di non stare più alla finestra.
Se il Pd capirà questo – anche in zona Cesarini – le elezioni di ottobre resteranno una salita al massimo grado ma gli scalatori non andranno in debito d’ossigeno al primo passo. Non consumeranno l’ossigeno rinfacciandosi recriminazioni.
Futura 2018 è nata per unire. Proverà ad unire fino all’ultimo per convinzione e perché nel suo piccolo – ma sempre più grande – ha già unito chi per anni è stato ognuno per proprio conto, beatamente minoritario.
La campagna elettorale per gli altri – la destra – è già iniziata. Da questa parte – la nostra parte – la campagna elettorale rischia di essere la corsa a rubarsi voti tra ex ricchi impoveriti di idee e carisma.
Chi era al Muse, chi ha firmato, chi riempiendo 500 questionari si è “candidato” a collaborare non perdonerà l’ennesimo tradimento. Non possiamo sbarrare le porte a chi forse non sa dove il Pd sta di casa ma di sicuro sa come si può ricostruire – anche con il Pd - una casa comune di giustizia, accoglienza, diritti, doveri, lavoro, serietà. E, perché no, felicità.
Carmine Ragozzino
Staff di Futura 2018 per Paolo Ghezzi presidente
(Questo intervento non è concordato con nessuno, se non con la mia coscienza)