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La Chimera, un film che è poesia allo stato puro

DAL BLOG
Di Barbara Mastronardi - 21 gennaio 2024

 Ribelle quanto basta amo gli animali e in particolare i gatti. Inseguo sempre i miei sogni come quello di scrivere e da sempre racconto storie spesso e volentieri di mici e micie.

Poesia. Poesia allo stato puro. Anni 80, piccolo paesino della Toscana, ambiente clandestino dei tombaroli, alla ricerca frenetica di reperti da rivendere, per fare soldi, in un miraggio irreale di una nuova vita. Arthur (Josh O’Connor), un giovane archeologo inglese o irlandese, ha poca importanza nel contesto della storia, detto lo straniero, si fa sopraffare da questo mondo caleidoscopico e infido.

 

E' magro e allampanato, con occhi profondi e molto dolci e questo sarà importante. Esce di prigione, nel quale è finito quale capro espiatorio di una delle tante scorribande, e finisce nuovamente con i suoi compagni di sventura. Lui ha il dono. E mi fermo qui. Con vera maestria Alice Rohrwacher ci regala un cammeo onirico e sfaccettato, in cui ognuno dei personaggi, ciascuno a modo suo, è alla ricerca della sua chimera personale.

 

Nella mitologia greca la chimera è un mostro, "davanti leone, di dietro drago, al mezzo capra, sbuffante terribile fuoco ardente" (Iliade, VI, 181-82) , ma il suo significato più profondo è quello che rappresenta un quid di assolutamente fantasioso e agognato, irreale, legato in sé e per sé appunto alla bestia mitologica. È assolutamente avviluppante questa spirale di personaggi spesso grotteschi, una per tutte una Isabella Rossellini che conserva intatta la sua classe innata e magnetica , nella sua villa cadente, metafora del suo decadimento.

 

Ognuno di loro viene caratterizzato con estrema scioltezza. Ti sembra di averli lì, accanto a te. Li puoi quasi sfiorare, ti pare di gustare l'aroma del loro vino rosso, e di scavare nella terra insieme a loro. E gli ingredienti ci sono tutti, la cupidigia, l'aggressività, l'ira e l'amore. Un amore strano, dipinto nel cielo azzurro pieno di uccelli che volano liberi e disordinati. Quello che più salta agli occhi, che più colpisce la fantasia, è che ognuno di loro a modo suo insegue i suoi sogni, per quanto irreali possano sembrare.

 

E questo rende questo film profondamente reale, la sua metafora di illusione ti porta a riflettere sulle tue chimere, sulle tue fantasie, senza che quasi tu te ne accorga.

 

Chapeau. Alle musiche particolari che sono state scelte, il "Tango delle Capinere" per citarne una, ti riporta indietro nel tempo, e quelle classiche, quali L’Orfeo” – Monteverdi, o Noi siamo zingarelle da La Traviata” – G. Verdi , sono perfette per i momenti a cui sono abbinate. E Battiato, calzante come non mai. Chapeau. Alla capacità di trattare questo argomento così insolito senza una sbavatura, un momento di noia, un'incrinatura. Al ritratto così reale di questa realtà rurale, povera e arraffona, alla ricerca perenne di un benessere irraggiungibile, eppure così allegra e scanzonata.

 

Rassegnata sì, ma a suo modo quasi felice. Chapeau.

 

La potenza emotiva del finale scuote l'anima dalle fondamenta. E ti lascia qualcosa. Dentro.

 

"Volano gli uccelli volano

Nello spazio tra le nuvole

Con le regole assegnate

A questa parte di universo

Al nostro sistema solare."

Franco Battiato

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