''Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra'': i Magi, Gesù e l'accoglienza dei più deboli
Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,
Mt 2,1-12 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
Pur essendo l'anno liturgico dedicato alla lettura del vangelo secondo Luca, per l'epifania del Signore viene utilizzato il (celebre) testo matteano. La vicenda è nota: i magi provenienti da Oriente (Siria?) seguono la stella sorta per la nascita del re dei Giudei e, così, arrivano del neonato Gesù.
Un breve inciso di carattere puramente storico: Erode il Grande regnò in Palestina dal 37 al 4 a.C., quindi la nascita “reale” di Gesù va collocata tra il 7 ed il 5 a.C. Era, tra l'altro, un despota terribilmente sospettoso e veramente ossessionato da possibili detronizzazioni, come attesta lo storico antico Giuseppe Flavio.
Un'ultima precisazione: volendo attenersi ai vangeli canonici, cioè solamente a quelli presenti nel Nuovo Testamento, i magi risultano essere delle figure abbastanza misteriose: non ne viene precisato il numero – la tradizione poi ne “decreterà” tre -, men che meno i loro nomi e, inoltre, non vengono definiti re. Si sa, però, che nel mondo persiano esisteva una nobile casta sacerdotale, la quale si dedicava allo studio delle scienze sacre e dell'astrologia.
Per quanto riguarda il contenuto, la narrazione del primo vangelo è molto lineare, quasi “cronachistica”. Si possono già individuare, però, alcuni motivi di fondo. In prima istanza, la cosa che emerge immediatamente è che Gesù viene denominato “re dei Giudei”: titolo che verrà poi ripreso per schernirlo durante le torture prima della crocefissione e, poi, verrà fatto scrivere da Pilato sulla croce stessa. I re giudei, tra l'altro, nella cerimonia di intronazione/consacrazione operata solitamente da un profeta, venivano unti (unto in ebraico si dice Messiah, in greco Christos) con un unguento profumato con la mirra. La stessa mirra era, poi, utilizzata per l'unzione dei corpi dei defunti. Questa doppia simbologia potrebbe essere alla base della “scelta” del dono operata dai magi.
La seconda cosa che ci dice il testo è che, effettivamente, già dalla nascita non sono i giudei – che fortemente erano in attesa del loro Messia Re – a riconoscere Gesù come loro re, ma degli stranieri, dei gentili (che non erano di origine – e “religione” - ebraica). I magi nutrivano sicuramente un grande senso di attesa, e l'autore lo sottolinea in particolar modo in una frase: laddove si dice «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima», il testo originale recita letteralmente «ora, vedendo la stella, gioirono fortemente di grande gioia». Il tema dominante è quello della gioia: la gioia che viene aperta dalla speranza nella venuta al mondo della luce della giustizia, della salvezza. Nella gioia per l'incarnazione, per l'esser divenuto uomo, di Dio, della Parola che è verità in quanto Amore.
Il non riconoscimento della Verità di Dio, la verità misericordiosa dell’amore che accoglie peccatori, pubblicani, prostitute - in una parola, gli ultimi in quanto emarginati - è un rischio che non si è perso con la risurrezione. Anzi, potremmo dire che è un rischio che corre con il cristianesimo, con la stessa essenza di questa rivelazione amorosa, e sempre gratuita.