Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?
Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,
Lc 6,39-45 [In quel tempo], Gesù disse ai suoi discepoli anche una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro. Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: «Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio», mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello. Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d'altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L'uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.
La liturgia ecclesiale prosegue nella lettura del terzo vangelo, quello secondo Luca, ed il brano di questa domenica va inserito nel contesto di quelli letti nelle ultime due settimane. Gesù si trova in pianura, davanti ai suoi discepoli, e proclama le beatitudini: beati sono dichiarati i poveri, quello che adesso hanno fame, quelli che ora piangono e quelli che vengono odiati dagli uomini. Poi, Gesù, suggella il suo insegnamento con la Parola, quella dell'amore incondizionato: «amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi odiano, benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi calunniano» (Lc 6,27-28). La “ragione” del comportamento richiesto a coloro che credono nella Parola che ha camminato fra gli uomini è quella di cercare di realizzare l'immagine di Dio nell'uomo: «siate misericordiosi come anche il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36).
Questo il contesto della parabola del cieco che guida un altro cieco, della narrazione della similitudine della pagliuzza nell'occhio e del racconto dell'albero che si conosce dal frutto. Dietro all'immagine del cieco come guida si intravede la figura del fariseo inteso come colui che àncora la salvezza all'osservazione di precetti in termini legalistici, allontanando il proprio cuore dal cuore della rivelazione, dalle viscere di Dio. Come testimonia la scrittura – e la storia – non tutti i farisei avevano questa impostazione religiosa, e soprattutto è evidente che la “deriva farisaica” sia un rischio ben presente in molti fenomeni religiosi, compreso il cristianesimo. Non vi è più distinzione, sopra o sotto, fra maestro e discepoli, ma solamente la necessità di essere ben preparati.
La similitudine della pagliuzza nell'occhio – uno fra i detti più celebri del Nuovo Testamento – riprende la stessa tematica. In filigrana si vede sempre l'atteggiamento farisaico, in questo caso quello moralizzatore. Anche in questo caso, la deriva è stata ed è ben presente anche nel cristianesimo. Ed è anche forse uno dei detti più belli di Gesù, poiché quello che viene professato come figlio di Dio, come Parola incarnata, comanda a chi vuol credere nella sua rivelazione di non essere ipocrita. L'ipocrisia, lo stesso atteggiamento di chi è sempre pronto a scagliare una pietra – l'ipocrita, nel faccia a faccia, non scaglia mai la prima – soprattutto se si trova in una situazione in cui una moltitudine scaglia pietre.
L'ipocrita è chi crede di non avere peccato in lui, vedendo solo quelli degli altri. L'ipocrita è colui che dichiara – ed è certamente fermo in questa sua convinzione – che se incontrasse Gesù oggi lo ospiterebbe per un banchetto regale, donandogli tutto ciò di cui avrebbe bisogno. Questo ipocrita è ipocrita perché dimentica di ospitare, sfamare, vestire e visitare coloro che qui ed ora ne avrebbero realmente bisogno. «Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato» (Mt 25,42-43).