Contenuto sponsorizzato

BLOG. Gesù disse: «Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro»

L'oggetto della diatriba sono le norme di purità, delle quali scribi e farisei erano particolarmente osservanti. È bene ricordare che tali norme sono presenti ed applicate ancora oggi nel popolo ebraico
DAL BLOG
Di Alessandro Anderle - 01 settembre 2018

Laureato in Filosofia e in Scienze Religiose. Insegno Pluralismo e dialogo fra le religioni,

Mc 7,1-8.14-15.21-23 In quel tempo si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.

 

Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate - i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti -, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».

 

Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».

 

Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».

 

Conclusa la lettura del capitolo sesto del vangelo secondo Giovanni, la liturgia della chiesa cattolica riprende la lettura del vangelo più antico, quello secondo Marco. Ci si era arrestati poco prima del racconto della moltiplicazione dei pani, si ricomincia dal capitolo settimo – il penultimo – nel quale la disputa con farisei e scribi (i due gruppi, al tempo di Gesù, maggiormente osservanti della tradizione “desunta” - se così si può dire – dalla Torah) si fa sempre più aspra.

 

In questo caso, l'oggetto della diatriba sono le norme di purità – biblicamente presenti principalmente nel penultimo libro della Torah, il Levitico, ed ampliate dalla tradizione orale – delle quali scribi e farisei erano particolarmente osservanti. È bene ricordare che tali norme sono presenti ed applicate ancora oggi nel popolo ebraico – come, per altro, anche nella tradizione islamica ed in svariate altre religioni. Il sacro, storicamente, è la prima fonte di impurità con cui l'uomo poteva contaminarsi – l'impurità è sempre temporanea e richiedeva dei “riti” codificati di purificazione.

 

L'oggetto della disputa qui è molto chiaro e potrebbe essere riassunto così: è superiore la tradizione o la volontà di Dio (stando sempre attenti a chi, di questa volontà, si fa interprete, magari istituendo nuove tradizioni che la tradiscono nuovamente)? Spesso avviene, infatti, che la tradizione si discosti (anche di molto) dall'intenzione originale dellegislatore divino”.

 

Come scrive Enzo Bianchi: «Gesù faceva un’attenta operazione di discernimento, distinguendo bene ciò che era espressione della volontà di Dio e ciò che invece era consuetudine umana, norma forgiata dagli uomini religiosi che, assolutizzata, diventa un ostacolo alla stessa parola di Dio e una perversione della sua immagine. La Legge deve ispirare il comportamento ma, con il passare del tempo, le consuetudini e le osservanze rischiano di contraddire il primato della Parola, la sua centralità nella vita del credente. E sovente quanti invocano le tradizioni, rendendole “la tradizione”, lo fanno perché sono proprio loro ad averle pensate e create. In questo caso, però, anziché essere a servizio dell’uomo e della sua relazione di comunione con Dio, queste norme finiscono per essere alienanti, soffocano la libertà dei credenti, erigono barriere e tracciano confini tra gli esseri umani».

 

E così Gesù conclude il suo ammonimento: non è ciò che è fuori dall'uomo a contaminarlo – per quanto sozza sia una sostanza -, ma è, piuttosto, ciò che esce dal cuore e dall'anima dell'uomo a renderlo realmente impuro. I pensieri impuri, lungi dall'essere solamente quelli di carattere sessuale – la sessualità in quanto tale non viene mai condannata da Gesù nella letteratura evangelica -, rendono anche il credente impuro. Volendo analizzare i comportamenti citati direttamente da Gesù come fonte di impurità ne emerge un denominatore comune: non vedere nel prossimo una propria sorella, un proprio fratello.

Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
In evidenza
Ambiente
22 gennaio - 20:00
Luca Mercalli a il Dolomiti: "Le autorità cinesi si muovono in modo pragmatico, ma se Trump deciderà di tagliare gli investimenti in tecnologia [...]
Politica
22 gennaio - 21:22
L'ultima (l'ennesima) "dead line" è fissata per venerdì: sino a pochi giorni fa Lega e Patt speravano ancora nel "miracolo Giacca", Fratelli [...]
Montagna
22 gennaio - 18:35
A raccontare l'evento, accaduto sabato pomeriggio sulla pista Nana della Skiarea di Chiesa in Valmalenco, è la stessa vittima dell'incidente, [...]
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato
Contenuto sponsorizzato