Un thriller estremo e controverso, l'ultima fatica di Darren Aronofsky
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Fa quello che vuole il regista Darren Aronofsky, può permetterselo.
Candidato all’Oscar 2011 per Il cigno nero, vince il Leone d’oro a Venezia nel 2008 con The Wrestler.
Quest’anno però con Madre!, viene fischiato nella platea della 74esima Mostra del cinema. Anche al Festival di Toronto non ha riscosso consensi. Perché? E’ un film lungo e difficile, scritto in appena dieci giorni, ben diverso dall’iter (10 anni) de Il cigno nero...
Il cast è d’eccezione. Jennifer Lawrence, la protagonista, Javier Bardem, un poeta scrittore senza più idee, la bella Michelle Pfeiffer (forse un po' troppo rifatta), moglie di Ed Harris, medico in crisi e con drammatici problemi di salute.
Il film è claustrofobico, girato in una villa indefinita in mezzo ad un prato immenso con intorno una natura incontaminata. Succede di tutto tra le mura della casa.
La Lawrence si aggira come una preda spaventata fra le stanze della casa che lei sta ricostruendo dopo un grave incendio.
Lo scrittore, il marito, vive in un mondo incantato come in una fiaba, accoglie tutti gli sconosciuti in casa, venera un misterioso cristallo nel suo studio, non riesce a concretizzare nulla neppure con la sua avvenente, giovane compagna. Lei vorrebbe un figlio, una vita nuova che potrebbe essere uno stimolo positivo in quella grande casa isolata dal mondo.
Questo figlio che avrebbe dovuto essere il collegamento con la realtà esterna diviene però strumento di divisione e di conflitto per la coppia. La tensione aumenta, il film si trasforma continuamente. Dallo psicodramma, al thriller, all’horror.
Ci si stufa a seguire i cambi di scena? E’ tutto girato in steadycam, (si pensa a Shining, l’inquietante ‘triciclo’ di Kubrick) i primi piani su Jennifer (l’attuale compagna del regista) si susseguono, già dal primo fotogramma.
Un caos in cui il pubblico fa fatica a riconoscersi ma che rappresenta, dice il regista, Madre Natura. Infatti Naomi Klein, la famosa ambientalista, gli scrive una lettera di condivisione.
E’ un film femminista? La donna urla la sua disperazione, come femmina e come madre, ma non viene ascoltata. Anzi in uno spazio-tempo ciclico, nel finale un pò scontata forse, l’uomo riprende la sua vita di sempre chiuso nel suo studio, senza idee.
E’ il fallimento della coppia? E’ incapacità di comunicare o l’ossessione della gente mitizza i propri eroi, il poeta, per poi distruggerli?
L’ambizione di fare film in cui credo resta il mio ossigeno - dice il regista.
Dobbiamo chiederci se sia un film ambizioso o il bisogno di scuotere chi lo vede per far riflettere.
Il film è ispirato alla fiaba di Barbablù ma anche al mentore di Aronofsky, Luis Bunuel.
Jennifer Lawrence, con il suo viso intenso, sembra muoversi in una pièce teatrale. Abituata ad interpretare diversi generi è perfettamente calata nel personaggio. Barden sembra meno convinto, forse non ha un ruolo definito, buono, cattivo, sex-symbol, macio.
Restano gli sguardi dei protagonisti che non si chiamano, sembra che vogliano esplorare l’oscurità della loro mente, il lato oscuro di noi che genera i conflitti.