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Si conclude Supercontinent, la 37^ edizione di Drodesera

Il festival di Centrale di Fies ha chiuso i battenti con un’affluenza costante di gente di ogni età, interessata, del mondo dell’arte e non solo
DAL BLOG
Di Alda Baglioni - 30 luglio 2017

Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore

DRO. Se i continenti non si fossero mai separati ci sarebbero distinzioni ? Le performances eliminano le distinzioni di razza, di classe, di opinione?

 

Il performer art cerca il contatto con l’altro, che sia attore o che sia il pubblico, con sistemi a volte efficaci, a volte sospesi. Difficile però capire un monologo recitato con una velocità eccessiva in inglese senza traduzione.

 

La performance deve sorprendere?  Il giapponese Michikazu Matsune con “Dance, if you want to enter my country” lo fa; parla di globalizzazione partendo da una provocazione: le sue sopracciglia devono diventare dei baffi, per raccontare poi la storia vera del ballerino Abdur Rahim Jackson che all’aeroporto di Tel Aviv, durante un tour con l’Alvin Ailey American Dance Theater nel 2008, viene fermato per un controllo, visto il nome, ed obbligato a ballare per confermare la sua professione.

 

Con ironia e leggerezza si parla (tanto) del rapporto con il viaggio, con il passaporto, con la propria identità. Recitato in inglese con traduzione simultanea, l’attore balla, legge, mostra video, fotografa e fa selfie col pubblico. Alla fine il suo passaporto passerà tra le mani della gente in sala . Interessante la mostra curata da Matsune a lato della performance.

 

Ma  dov’è l’integrazione?  La performance deve essere politica? Tania El Khoury con il suo “Garden speak” ci fa vivere la sensazione della guerra e della morte. Distesi sulla fredda terra, davanti ad una lapide sentiamo la testimonianza di un siriano morto e scriviamo sopra un foglio  frasi da lasciare, lì, nella fredda terra.

 

Tanya, nel 2011 vede l’immagine di una madre che scava una tomba per il proprio figlio nel giardino della sua casa. I vivi e i morti si uniscono per mantenere fermamente la loro identità.

 

Ma cos’è l’identità?  Come si interpreta il desiderio? Alessandro Sciarroni in “Your girl”  ritorna con una performance proposta nel 2007 dove i due protagonisti, Chiara Bersani e Matteo Ramponi, con ingegnosa abilità si avvicinano tra calzini risucchiati da un bidone aspiratutto, sguardi e movimenti affettuosi.

 

Claudia  scaccia la carrozzina che la trasporta ed in piedi, per tutto lo spettacolo, si mostra senza inibizioni. I due nudi, parlano d’amore. Per colonna sonora, un’azzeccata canzone di Tiziano Ferro.

 

Si contrappone, dopo dieci anni Sciarroni nello spazio turbine con la sua mostra fotografica, “Alessandro Sciarroni 41” (i suoi anni) e in ultima serata il lavoro “Chroma”. Grande affluenza di pubblico, attorno all’artista che cammina in diagonale contando, poi si muove ruotando al ritmo della colonna sonora come nella danza  cosmica dei sufi, per un’ora.

 

Pantaloni corti a quadretti e calzini a strisce, Sciarroni rievoca, dice, il percorso dei salmoni, dal mare al fiume. E’ stato in Canada per studiare questo misterioso e crudele cerchio della vita. Non servono parole per trasmettere  spaesamento e disagio.

 

L’artista ci regala alla fine un’altra danza, dedicata al suo amico immaginario. Con un cappello da cowboy e pantaloni neri, si è cambiato tra il pubblico, Sciarroni danza insaziabile un ritmo  moderno, il corpo è un cerchio immaginario che abbraccia il pubblico. Metafora della pangea, supercontinent?

 

Drodesera Centrale di Fies ha chiuso i battenti con un’affluenza costante di gente di ogni età, interessata, del mondo dell’arte e non solo.

 

Gli incontri non mancano, sabato 29 sul libro “Iperscene 3”  di Matteo Antonaci e Sergio Lo Gatto sulla ricerca teatrale in Italia. Si dialoga con artisti che provengono da Fics Factory e lavorano con Centrale Fies sullo sguardo ed i suoi cambiamenti, su come evolve un processo creativo. Presenti a testimoniare il loro percorso, Sciarroni, Codice Ivan (ormai sciolto), CollettivO CineticO, Anagoor.

 

Hanno reso possibile la riuscita del Festival un collaudato staff, dalla famiglia Sommadossi ai giovani volontari ed al personale, disponibile e gentile, forse pochi, per comunicare le tante iniziative in un luogo unico, che aggrega gente dal Trentino e  dall’estero.

 

Un luogo unico anche per conoscere una cucina di territorio con menù sempre diversi e gradevoli, con musica fino a tarda notte e tanta voglia di rilassarsi attorno alla fontana.

 

Sorry, boy, The Forgetting of Air:  tra più di seimila lingue nel mondo, l’inglese sembra essere qui la più importante, le più parlate nel mondo però, sono il cinese e lo spagnolo.

 

Ma qual’è la verità? Se lo chiede Ninetto Davoli  nel fantasioso “Che cosa sono le nuvole” del preveggente poeta scomparso Pier Paolo Pasolini. Quale sarà la verità sulla sua morte ora che il suo presunto assassino Pino Pelosi è deceduto? 

 

Proiettato in una nicchia di legno, nella Centrale di fronte alla forgia, il datato  film di Pasolini è un salto nel passato. Peccato solo per due sere.

 

Termina Drodesera, continuano la ricerca, i progetti, i dialoghi  con gli attori, fra gli attori per realizzare idee, coinvolgenti, convincenti, vibranti, per la prossima edizione. Per scoprire se la performance provoca ancora.

 

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