"Perfect days", una storia che affascina non solo le nuove generazioni. Evento speciale al cinema per l'uscita del film
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
"Oh, che giornata perfetta. Mi hai fatto dimenticare me stesso". Lou Reed canta il brano dall’album “Transformer”; siamo nel 1972. Un brano che ascolta Hirayama, in “Perfect days”. Kaji Yakusho, il protagonista, si aggiudica la Palma d’Oro a Cannes 2023 come miglior attore. Il suo mentore, il meraviglioso regista giapponese Akira Kurosawa, che lo ha diretto più volte, ora spetta al tedesco Wim Wenders. Alle spalle cinquantatré anni di carriera come regista.
Ci ha fatto sognare in “Il cielo sopra Berlino”. Continua a farci sognare con questo piccolo grande film che ha scritto con Takumi Takasaki.
“Metto in scena un addetto alle pulizie che ci insegna a vivere l’attimo”. E che addetto Yakusho. Wenders vuole omaggiare il cinema giapponese ed in particolare il mitico Yasujiro Ozu, esponente del cinema realista, tra tradizione e modernità.
Il viso di Hirayama s’illumina quando sente spazzare con la scopa di betulla. E’ mattina presto, lui si alza, piega il futon e fa tutti i giorni gli stessi gesti prima di salire sul pulmino che guida per andare al lavoro. Siamo in un quartiere innovativo di Tokyo e lui pulisce i servizi pubblici, come la scritta sulla tuta descrive, le tecnologiche toilette realizzate da archistar.
Un lavoro ripetitivo che Hirayama esegue con disciplina ferrea. Gli piace la sua vita, non sappiamo nulla del suo passato che affiora con la musica ascoltata rigorosamente con le sue adorate audiocassette, sul pulmino mentre va al lavoro o mentre torna.
Primo gli Animals con “The house of the Rising Sun”, Van Morrison, Otis Redding, Patti Smith che viene decisamente apprezzata dalla giovane amica del suo collega. Una musica che appassiona anche Niko la nipote, scappata da casa, che piomba inaspettatamente nel suo piccolo appartamento.
Divertente la scena in cui la nipote cita spotify. Hirayama vive in un altro mondo ma sa come conquistarla con le poche parole che pronuncia: “Al mare ci andremo un’altra volta. Un’altra volta è un’altra volta. Adesso è adesso". Anche le giornate di riposo sono sempre uguali, in bicicletta, in lavanderia, nel ristorante vicino gestito da Mama, attenta a farlo star bene.
Il gioco scintillante di luci ed ombre attraverso le foglie di un albero, è “komorebi” per i giapponesi. E la macchina fotografica analogica, usata dal protagonista cerca di fermare le immagini; il rullino viene fatto sviluppare e caricato nel giorno di riposo e le foto scattate, senza influenzare l’inquadratura, nel giardino di un Tempio scelto per la pausa pranzo, tutte in bianco e nero, vengono selezionate a casa in scatole ordinate per anno.
La natura è padrona, dalla prima inquadratura del film, come in un’animazione di Miyazaki oppure quando Hirayama raccoglie amorevolmente una piantina nella siepe per farla crescere tra le altre in casa. Ma quando è notte in camera sul tatami, prima di addormentarsi, lui si legge ogni settimana un libro diverso come “Gli alberi” della “sottovalutata” (dice la libraia) Aya Koda.
Ma l’apice si raggiunge nel finale, nel piano sequenza che ha come colonna sonora “Feeling good” con l’inconfondibile profonda voce di Nina Simone che dice: “Oh la libertà è mia. E so come mi sento. E’ una nuova alba. E’ un nuovo giorno. E’ una nuova vita. Per me. E sto bene". Al Capitol Filmclub di Bolzano mentre il Cinema Vittoria di Trento propone un evento speciale.