Monica Demattè, dalla Cina a Vigolo Vattaro: come percepire l'invisibile
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Tutto cambia, ma lei no. Tutti hanno dei sogni nel cassetto. Ma lei li ha realizzati. Monica Demattè, trent’anni fa aveva il desiderio di capire il vuoto nell’arte, per concludere la sua tesi. Bisognava andare in Cina per avere chiarimenti.
Lei dopo il Dams a Bologna decide di avventurarsi, sola, senza la conoscenza della lingua nell’immenso territorio. La sua curiosità la porta, negli anni ottanta, a viaggiare non solo con la mente per conoscere vite, in cinque mesi, che cambieranno la sua.
Il documentario “Il sogno di Mo” è di Francesco Dal Bosco, noto regista trentino, malickiano, con la partecipazione della figlia Clementina e della FilmWork. Tutto in famiglia, lo dice anche lui, la sera del 17 agosto, nella chiesetta del Redentore di Vigolo Vattaro, dove viene proiettato per la prima volta in Trentino.
Perché Monica si sente vigolana nel cuore, infatti vive nella casa dei genitori a Vigolo e spesso propone artisti cinesi in questo luogo insolito e affascinante.
Il lavoro ci mostra l’immenso spirito d’iniziativa di questa donna fragile apparentemente, tosta nella realtà. Monica riesce a conoscere e proporre l’arte di avanguardia cinese, aldilà delle mode e degli influssi occidentali.
Perché per lei il termine arte contemporanea vuol dire business, vuol dire mettersi al servizio del mercato. Lei no, è alla ricerca dell’autentico nell’Arte, di artisti che stanno facendo un percorso che lei ha seguito e controlla meticolosamente.
Molti hanno creduto in lei, come lo storico dell’arte orientale, Gian Carlo Calza, docente a Ca’ Foscari.
Nel 2014 Monica diviene direttrice del “MoArt Space”, nella regione dello Henan, la culla della civiltà cinese. L’ultima inquadratura ci mostra le grotte di Longmen, un luogo magico in alta montagna, che rappresenta la cultura millenaria della Cina, divenuto patrimonio dell’umanità.
In questo spazio d’arte Monica propone al mondo occidentale l’arte contemporanea di artisti sconosciuti ma non solo, fa conoscere agli artisti cinesi cos’è l’arte occidentale, dando spazio ad artisti come Caterina Marinelli.
Un interscambio testimoniato dalle numerose interviste di artisti cinesi ed italiano, parole di profonda stime per il lavoro svolto da Monica. Trent’anni in cui lei non ha mai cambiato il suo modo di vedere l’Arte, tenendo ben saldi i piedi nel passato.
Notevole il suo racconto di quando riesce a realizzare una performance con paesaggi sonori di Maurizio Giuffrè, sulla Grande Muraglia.
Aveva e ha le idee chiare. Ora dice, ci sono cambiamenti, per esempio la scrittura, gli ideogrammi, patrimonio della cultura cinese, con l’avvento di internet scompariranno.
Gli artisti li cura, non li molla, come per incanto alcuni diventeranno artisti quotati. Ma a lei non interessa la venalità, sempre alla ricerca di nuovi talenti.
Ma quali sono i parametri, se ci sono, per identificare un’opera d’arte innovativa? Quando lo è? Sono decisioni di esperti o l’opera è indipendente da tutto?
Francesco dal Bosco, per la prima volta in Cina viene catturato dal suo fascino. Sembra si lasci andare nel girare le interviste. Pochissimi dettagli, primi piani, anche primissimi, campi totali, pochi esterni.
“Attenzione alle avanguardie rosse”, dice la didascalia, li Francesco si sfoga, supportato dal ritmo della colonna sonora.
Per trasmettere emozioni, con le immagini, tra le parole ridondanti, nei trent’anni di storia di Monica, degli artisti. Alle spalle il Confucianesimo.
Ai WeiWei per esempio, attivista per i diritti umani, conosciuto da lei, esempio di un artista libero, vive negli Stati Uniti dal 1981, condannato dal governo cinese che gli ha demolito lo studio, ma non solo a lui.
Tanto l’Arte non si ferma, è un fermento che non ha fine, verso nuove ed invisibili percezioni.
Il documentario sarà proiettato questa sera, 19 agosto alle 21 alla chiesetta di Vigolo Vattaro.