Dalla 74° Mostra di Venezia al Cinema Astra, Segre con 'l'Ordine delle cose'
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Tra finzione e realtà. 'L’ordine delle cose' presentato e apprezzato nella sezione 'Proiezioni Speciali', alla Mostra del Cinema di Venezia, è stato proposto a Trento giovedì 7 settembre al cinema Astra con la presenza del regista e di un filmaker libico che ha fatto anche l’attore.
Proprio lo stesso giorno, l’informazione ha perso (speriamo per poco) una personalità prorompente. Milena Gabanelli, nota conduttrice di Report, trasmissione graffiante Rai, si autosospende, fino al nuovo piano news Rai. Le proponevano di lanciare il nuovo portale Rai24. Doveva solo metterci la faccia ma non la direzione.
Sarà meglio, in Italia, darsi alle fictions per raccontare i fatti? Il film di Andrea Segre, nato come documentarista, ne è una testimonianza. Lontani i tempi di 'Mare chiuso' 2012. Poi ci sono stati 'Io sono Lì' e 'La prima neve', girato in Trentino. Lo dice anche lui, fare un film è più empatico. Immedesimarsi con i personaggi può far pensare e credere di cambiare le cose.
La scelta dei personaggi ha messo in rilievo il carattere quasi teatrale degli interpreti. Un cast azzeccato. Paolo Pierobon, il protagonista, Valentina Carnelutti, la moglie, il grande Giuseppe Battiston, Roberto Citran.
Corrado è un alto funzionario del Ministero degli Interni che si deve occupare della mediazione sui viaggi illegali dalla Libia verso l’Italia.
Corrado vive, ovviamente in una bellissima villa, in un quartiere tranquillo fuori Padova, ha una moglie premurosa e discreta, un figlio e una figlia studenti. La ragazza gli chiederà qualche informazione sul suo lavoro, ma lui risponderà molto vagamente poichè professionalmente non si può divulgare nulla e non si può entrare in contatto con migranti.
Il personaggio è un po' maniacale, amante della scherma (che pratica), della sabbia che raccoglie in vasetti di vetro. Tutto deve stare in ordine, come nel titolo. Ma accadrà qualcosa che modificherà la monotonia di gesti sempre uguali, rituali che si susseguono, per lasciare lo spazio al dubbio, magari per poco.
Perché il rischio di perdere le sicurezze acquisite affiora. Un film che scuote con delicata forza, come nella scena finale che inquadra in modo ridondante la vetrata della villa dove la famiglia, finalmente riunita, cena attorno al tavolo.
E’ difficile girare un film di denuncia? Il filmaker libico ci spiega il suo ruolo. E’ quello di ricostruire i centri d’accoglienza per girare il film in modo convincente. Anche le comparse hanno contribuito con dettagli delle loro esperienze nei campi di accoglienza.
Nulla è stato girato in Libia, tutto in Sicilia ed in Tunisia. C’è stata una ricerca durata cinque anni, dice Segre. Il film è partito tre anni fa ed ora è sempre più attuale.
Ma qualcosa è cambiato? Si lo dice anche il regista, sono diminuiti gli sbarchi, come dicono i giornali, ma non vuol dire che siano diminuiti i profughi. Essi vengono probabilmente fermati in Libia. Perché il fenomeno migratorio non si ferma.
I Paesi ricchi dovrebbero garantire l’accoglienza.
Sala pienissima, tante le domande del pubblico incuriosito dalle location e dal problema attuale affrontato. E’ su tutti i giornali la denuncia di Medici senza frontiere che accusa "I governi dell’Ue alimentano il business delle crudeltà", "Nei centri di detenzione libici, stupri e torture contro profughi e migranti".
Dice Segre: "Il cinema politico per me è quello che racconta le tensioni politiche dell’epoca in cui viviamo. Il cinema italiano lo ha fatto in maniera altissima, ma negli ultimi anni sembra avere un po' paura”.
Il regista senza paura vuole dirci cose che dobbiamo scoprire fra le righe? Il film è al cinema Astra di Trento.