Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
La montagna è appartenenza e condivisione. La mostra “Alt(r)e Visioni 3 - Le genti di montagna” mette in luce, i custodi che animano le terre alte e il loro territorio.
Sesta edizione di “Fior di Palazzo”, terza invece di "Alt(r)e Visioni 3", curata e presentata da Nicoletta Tamanini che insieme all’ Associazione Culturale il Quadrifoglio di Livo ha coordinato pure l’allestimento.
Il fascino e la pittura del paesaggio di montagna lasciano spazio, per questa terza edizione, alle “genti di montagna”, isolate in un ambiente naturale e legate ad un lavoro ciclico e manuale. “Alt(r)e Visioni 3 si pone come obiettivo forse ardito ed ambizioso, di stimolare un dibattito artistico culturale sul tema, attraverso l’interpretazione artistica di ben sette significativi autori accuratamente selezionati per il loro legame con il territorio trentino e le sue montagne” - ribadisce la curatrice.
I sette artisti sono Tullio Garbari, Carlo Sartori, Pietro Verdini, Flavio Faganello, Marco Simonini, Simone Turra, Matthias Sieff. Un chiaro richiamo al dialogo tra le arti.
Pittura, scultura e fotografia rivivono tra le eleganti sale nei tre piani del Palazzo rinascimentale Aliprandini Laifenthum, che ha origine in una torre centrale medioevale. Tre dipinti ci proiettano nel 1916-17, “Paesaggio perginese con il Brenta”, “La cena”, “La pigna/La vendemmia” e ci mostrano il fascino delle pennellate sicure del perginese Tullio Garbari. Paesaggi che esprimono la passione per la propria terra, ma anche la ricerca di un artista trentino, capace di imporsi a Milano, a Venezia, a Roma ed a Parigi. Una breve ed intensa vita la sua, muore infatti a soli 39 anni.
La figura femminile sospesa, con i neri vestiti, è protagonista intorno al tavolo, nelle strade, nei campi. I profumi della vendemmia si avvertono tra i rami ritorti delle vigne. Pietro Verdini invece onora l’artista con “Elvira, omaggio a Garbari”. Carlo Sartori dipinge il lavoro del contadino, delle lavandaie, della pigiatura dell’uva, del maniscalco, con sagome abbagliate dal colore rosso predominante.
Le figure scolpite sono di Simone Turra, bronzi e marmi, mentre Matthias Sieff espone dame ed uomini dallo sguardo enigmatico. Il solitario quanto indimenticabile fotografo trentino, simbolo del mondo degli umili verghiani, Flavio Faganello, con le sue foto rigorosamente in bianco e nero, ci avvicina al mondo contadino negli anni Sessanta, nelle valli della fatica, Cembra, Val di Sole, Valsugana, Vanoi, dove la transumanza viene esaltata dallo sguardo fermo della contadina.
Una tensione che è empatica, le ombre sono soggetti che muovono l’immagine, come in “Grauno”. Ma non esistono più quelle semplici vite di paese con abiti umili e dignitosi? Non esiste più la pastora Agitu, ma appare il suo bel viso nel desiderio di documentare in bianco e nero di Marco Simonini. L’imprenditrice ambientalista etiope è ritratta mentre mostra fiera le sue caciotte di capra. Una foto che fa rinascere la determinazione di una donna tenace, ambiziosa.
Un’eccellenza che non dovrà essere dimenticata come la sua tragica fine, in quella fredda notte in Val dei Mocheni, a Frassilongo dove aveva fondato “La capra felice” (allevamento di capre pezzate mochene su terreni del comune abbandonati). Isolata dalla neve nella sua casa, il 29 dicembre 2020, è stata uccisa con brutale violenza da un lavoratore stagionale ghanese da lei assunto.
Ci guarda Agitu Ideo Gudeta, coraggiosa rifugiata, che sfida il mondo maschilista e patriarcale. Frammenti di vita da valorizzare con l’Arte per mettere in risalto l’unicità di donne e uomini e riflettere sul futuro del territorio trentino e non solo.