BLOG. Un'America sommersa, ma anche Dakota Johnson e Tilda Swinton in 'Suspiria', due registi italiani (per ora) in concorso
Appassionata di arte e cinema con Chaplin nel cuore
Siamo tutti cittadini del mondo. Ma Roberto Minervini, quarantottenne marchigiano, lo è di più. Il regista è nato a Monte Urano, insegna a Manila, sposa una filippina e va a vivere a Houston in Texas.
Roberto vuole diventare reporter di guerra. Ora con “What you gonna do when the world’s on fire?” il regista gira tra Baton Rouge e Jackson un’inchiesta tra il documentario e la video-art.
Fatti di cronaca attuali: vengono uccisi, siamo nel 2017, Alton Sterling e Philando Castile, due neri, dalla polizia.
Il fatto scatena una rivolta nelle menti e non solo, della comunità nera del luogo. La popolazione nera è il 70%.
Minervini ha passato mesi d’interrogatori per poter girare e conquistarsi la fiducia, anche da parte di Christa Mohammed, responsabile del “New Black Panthers Party for Self –Defense”.
Da quei fatti (i due uomini uccisi) il gruppo pattuglia Black Panthers, salutando con il pugno chiuso, manifestano davanti al palazzo di giustizia per rivendicare i propri diritti di verità come cittadini americani.
Molto espressiva l’immagine di Judy Hill, inquadrata al dettaglio, gestrice di un bar che sta per chiudere, si confida e racconta la sua tormentata vita, coinvolgendo il suo amico d’infanzia in una sorta di autocoscienza alla ricerca di sé stesso. Lui cerca la madre non salutata alla sua morte. Era in carcere. Non sa neppure dov’è la tomba.
Un lavoro graffiante, in bianco e nero, con i primi e primissimi piani della gente della comunità. Senza etichette.
Il film è in concorso alla Mostra del cinema di Venezia 75.
Il regista, in steadycam, vuole raccontare gli ultimi e dice: "Le fiamme viste dal basso bruciano davvero”.
Tanta America nei registi italiani. Come il regista Luca Guadagnino che presenta in concorso “Suspiria” remake tratto dal maestro dell’horror Dario Argento. Un cast al femminile d’eccellenza: Tilda Swinton, Dakota Johnson, Chloe Grace Moretz.
Tanto Fassbinder, tanto Pina Bausch, pietra miliare per chi vuole affrontare l’argomento della danza contemporanea, ma anche Mary Wigman, Sasha Waltz.
Dakota dopo “A Bigger Splasch” ritorna a farsi dirigere da Guadagnino in una storia ambientata a Berlino nel 1977.
Lei Susy, scelta come prima ballerina nell’autorevole compagnia di danza europea “Markos Tanz Company” alla guida della compagnia c’è Madame Blanc.
Tra danza e stregoneria, intorno il muro che divide una Berlino misteriosa, uno psichiatra, il dottor Jozef Klemperer, psicanalista Kleiniano, cerca di capire e spiegare la scomparsa di una ragazza, sua paziente. Egli vive nell’incubo della moglie scomparsa durante il periodo nazista.
La trilogia delle Tre Madri si realizza tra riti e danze per uno spettacolo che non avrà fine. Incubi che si trasformano in punti di vista sul mondo femminile e sul livello di crudeltà che le donne in gruppo riescono a raggiungere.
A quattordici anni il regista vide il film di Dario Argento, un’esperienza visiva rimasta impressa nella sua mente.
Ora con la bellezza di Dakota, Guadagnino esplora le oscurità della mente umana per sperimentare, disorientare, aprirsi a più interpretazioni.
Colonna sonora da brivido con Thom Yorke, leader dei Radiohead, alla sua prima esperienza in questo campo.
Bisognerà aspettare qualche giorno per il prossimo film italiano in concorso, di Mario Martone “Capri-Revolution”. Intanto, per i film ‘già passati’ sullo schermo del Lido, applausi sperticati. Lunghi e convincenti.