Rinasce la proposta gastronomica visionaria (e ora anche picassesca) del ristorante Da SIlvio: storia della famiglia Manna e della loro cucina
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Da oltre 45 anni si mangia in un museo dove l’arte di Riccardo Schweizer è tangibile in ogni dettaglio, dalla struttura dei tavoli, l’arredo, lo spazio riservato ai fornelli, pure la forma delle forchette. Perché il ristorante Da Silvio è l’archetipo di una proposta gastronomica assolutamente visionaria. Talmente innovativa che rischiava di scivolare nel dimenticatoio. Ma fortunatamente non è successo. Merito di Maria Luisa Manna, che coi fratelli nel 1978 accendeva i fornelli per una proposta enogastronomica di rara intraprendenza. Lei, ha caparbiamente recuperato l’originale spirito imprenditoriale dei fratelli, iniziato da Piergiorgio - da decenni operativo nell’export vinario nel lontano Texas - proseguito poi da Franco, Marcello e Nicola, i tre cuochi di Casa Manna.
Maria Luisa s’è sempre occupata di accoglienza. Prima (ancor giovanissima) in questo ristorante ora ‘rinato’, poi nella gestione organizzativa della famosa cantina di Egna di suo marito Franziskus Haas, stroncato da un cuore troppo fragile per contenere la vastità delle sue incredibili innovazioni vitienologiche. Una perdita dolorosa che ha spronato i suoi cari a cimentarsi in nuove iniziative, sempre basate sul rispetto della cultura del buon vino e tutto quanto ruota attorno al food più rappresentativo.
Così Maria Luisa e i suoi giovani figli Franz e Sofia hanno potenziato non solo la cantina, ma hanno aperto pure un fascinoso resort, il Luxoury Manna, situato sulle alture verso la val di Fiemme che sovrastano la loro cantina. Senza dimenticare le loro radici, quelle che legano i Manna al ristorante sulla sponda dell’Adige, praticamente sul ponte che collega il fondovalle di Faedo con la piana Rotaliana. Da questo week end di fine Pasqua i tavoli del ristorante sono pronti ad accogliere non solo i bongustai, ma pure quanti vogliono abbinare il cibo con il Picassismo. Proprio così: l’arte istrionica di Riccardo Schweizer - illustre personaggio in sintonia con i ‘giganti’ del Cubismo, con esperienze in mezzo mondo, nativo di Mezzano nel Primiero nel 1925 e morto a Casez nel 2004 - che stimola ulteriormente la sensorialità delle pietanze.
Una cucina rinomata per decenni grazie a piatti che prevedevano l’uso di speciali formelle di pietra arroventata, sistemate sul tavolo, per consentire al cliente di cuocere a piacere tutta una serie di leccornie. Sempre in piena filosofia ‘schweizeriana’. Un filo conduttore che Maria Luisa e il fratello Nicola intende riannodare, riproporre, dopo la meritata pensione dei fratelli cuochi più anziani. Le sale sono state ristrutturate, senza nulla togliere agli affreschi, alle installazioni d’arte.
Del resto - senza l’intervento della signora Manna Haas - il locale era stato pure al centro di progetti per trasformarlo in un museo abbinato al vino della piana Rotaliana, dependance di altre istituzioni museali trentine. Idea rimasta sulla carta. Che però ha suggerito una rinnovata sfida gastronomica. E’ stato allestito un grazioso plateatico esterno verso la sponda sinistra del fiume, selezionando minuziosamente ogni dettaglio d’arredo. Puntando sulla selezione di ogni ingrediente alimentare, a partire dai vini. Non a caso il ‘da Silvio’ è stato forse il primo ristorante del Trentino a proporre una carta-vini con etichette di stampo internazionale, privilegiando i più autorevoli produttori regionali. Una sorta di scuola o formazione enoica come rari locali possono vantare.
La riapertura è stata anche una rimpatriata dei primissimi supporter del ristorante. Tutta una serie di vignaioli, cantinieri e cultori del buon cibo: da Peter Dipoli a Mario Pojer, senza tralasciare Paolo Demarchi, autorevole vignaiolo del Chianti, poi tutta una serie di distillatori (Bruno Pilzer), nonché interpreti del Teroldego, dalla famiglia di Paolo Endrici a Giulio De Vescovi, senza dimenticare Darrel Corti, giunto appositamente da San Francisco in California, ritenuto uno dei massimi esperti mondiali di tè e un cultore monumentale dei vini più blasonati.
Tutto questo per non disperdere il valore di un ristorante davvero insolito. Che grazie ai familiari stretti di Maria Luisa Manna intende riproporre atmosfere non solo gastronomiche, ma pure di piacevolezza artistica.