Master in mezzo mondo ma l'amore per la sua terra lo riporta a casa: storia di Giovanni Frapporti, di un paesino minuscolo e dei vini della ‘Vignali Varàs’
Cercherò di stuzzicare curiosità e piacevolezze. Lasciando sempre spazio nel bicchiere alla fantasia
Isera è il borgo sulla sponda destra del fiume Adige che meglio sancisce i legami tra terreni basaltici e la vite. In particolare con il vitigno simbolo di questa operosa comunità: il Marzemino. Inutile cercare i tanti perché sull’intreccio Isera-Marzemino. Lo ribadiscono ancestrali colture e altrettante sperimentazioni, tra fatiche contadine e altrettante sfide produttive. In particolare sul versante collinare della borgata, con la frazione Folaso che ‘guarda’ il fondovalle, custodisce valori rurali, incentiva moderne interpretazioni del suo sincero passato vitivinicolo. Una zona minuscola, fazzoletti di terra sospesi, terrazzamenti tra masi rupestri, micro cantine, orti e boschi dove il campanilismo non è fine se stesso, ma spunto per progredire, per tutelare i saperi.
A Folaso aprono da qualche vendemmia le porte micro cantine, veri ‘laboratori enoici’, tra mire spumantistiche d’imprenditori ‘forestieri’ e l’altrettanta competenza di veraci quanto stanziali vignaioli. Giovani che hanno studiato, sperimentato, si sono cimentati in cantine disparate, lontane, d’oltreoceano e di dimensioni internazionali. Ma giovani sinceramente ancorati alle loro origini, al fascino delle propaggini collinari d’Isera. Senza neppure ‘scartare’ il Marzemino, vino decisamente ‘in sofferenza’, che ha bisogno di una giusta rivalutazione. Senza se e senza ma.
Lo ha capito - e messo subito in pratica - Giovanni Frapporti, under 30, studi agronomici, laurea enologica, master in mezzo mondo, caparbio quanto gentile sperimentatore. Nel suo maso familiare si respira l’evoluzione della viticoltura lagarina. Una famiglia che nella loro azienda, la ‘vignali Varàs’, coltivano uva da vino già nel 1689. Con attenzioni alla vite in simbiosi con le stesse aspirazioni di vita.
Così Giovanni Frapporti è tornato a casa, ha impostato una minuscola cantina dotandola di ogni cura enologica, dalle anfore ‘sfornate’ a Mori da Francesco Tava - azienda diventata leader in campo internazionale - a speciali botti in rovere, pure quelle in cemento. Contenitori apparentemente minuscoli, ma custodi di validissima, grande qualità. Per capirlo basta assaggiare le poche migliaia di bottiglie - attorno le 3 mila - di appena due versioni di vini, rossi, il Marzemino parte prioritaria, assemblaggio con Enantio e Casetta.
La singolarità del ‘blend’ con Marzemino trasformano i due rossi in prototipi di Vallagarina IGP, un vino dedicato ad Agnese, l’altro a Basilio, indimenticabili nonni di questo giovane ‘vigneron’. Due vini già con un loro preciso stile, corroboranti, imbottigliati senza alcuna forzatura nella filtrazione - specialmente il Basilio - che s’impone con una poderosa quanto carezzevole setosità. Un tocco alcolico preciso, bella amalgama, altrettanta lunga scorrevolezza gustativa, come difficilmente si riscontra in un ‘normale’ Marzemino.
Altrettanto preciso è l’andamento dell’Agnese, vale a dire il Vallagarina Rosso forse più gentile, che Giovanni Frapporti, interprete moderno di Vignali Varàs, stappa con una giusta autorevolezza enologica e propone con sincera modestia. Per aprire una ‘Nuova Via del Marzemino’. Non solo d’Isera, anzi: di Folaso.